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Bongi: «Il derby? Sempre tutto»

(Il Romanista – M.Macedonio) «Per me, che ho tanti anni di stadio e il calcio lo sento oggi meno di un tempo, il derby continua ad essere una cosa a parte, anche se lo stadio non è più quello di una volta»

Redazione

(Il Romanista - M.Macedonio) «Per me, che ho tanti anni di stadio e il calcio lo sento oggi meno di un tempo, il derby continua ad essere una cosa a parte, anche se lo stadio non è più quello di una volta» confessa Antonio Bongi, fondatore dei Boys nel ’72, quando aveva appena quattordici anni, e che di sfide tra giallorossi e biancocelesti ne ha viste e vissute davvero tante, dalla fine degli anni Sessanta ad oggi.

Parlare con lui, per chi gli è quasi coetaneo, è quindi come rituffarsi nel passato, riportando alla mente quel giorno, quell’episodio, quel gol, quella vittoria. Cos’è il derby? gli chiedo.«Per me, era uscire di casa la mattina presto ed essere tutti lì già alle 9, magari sotto la pioggia. Ne ricordo tanti, giocati in quel modo. Ad esempio, quello con il gol di Pierino Prati, nel ’75. Una giornata quanto mai fredda, e in cui piovve a dirotto senza mai smettere. In uno stadio che era comunque stracolmo, come era quasi sempre a quei tempi. Una vittoria bellissima, con Liedholm in panchina, contro la Lazio di Maestrelli, che aveva lo scudetto sulle maglie. E “fuori casa”, visto che la partita era Lazio-Roma. Quel giorno fu anche sorpasso in classifica. Stessa situazione di domenica prossima. E chissà che non sia di buon auspicio averla ricordata. Quella, come tante altre che pure giocammo “in trasferta”. Con l’Olimpico che, soprattutto da ragazzino, quando ci arrivavo a piedi, perché abitavo vicino Ponte Milvio, non aveva ancora le divisioni tra curva Nord e curva Sud. Quelle vennero dopo, proprio con la nascita dei Boys e del Commando Ultrà, che fece sì che la curva fosse finalmente organizzata. Prima di allora, me ne ricordo altri. Come quello – doveva essere la stagione ’69-70 - in cui vincemmo con i gol di Spinosi e Landini. Quel giorno, la Roma giocò addirittura con una Lacoste rossa al posto della maglia abituale. Ricordo che sopra al coccodrillo era stata applicata la coccarda della Coppa Italia, quella vinta qualche mese prima. Anche quel giorno lo stadio era pienissimo, e come al solito quasi tutto giallorosso. Lo era anche quando perdemmo (‘72/73, ndr) con il gol di Nanni. I tifosi della Roma occupavano tutto lo stadio, compresa la curva Nord, dove “loro” avevano soltanto uno “spicchietto” in alto. Anche nel ’74, quando la Lazio vinse lo scudetto, eravamo sempre di più noi, allo stadio. Solo negli ultimi anni le cose sono un po’ cambiate, anche se la Tribuna Tevere lasciata vuota fa tanta tristezza».

E tra i derby più recenti, quali ti sono rimasti dentro?«Innanzitutto, il 3-0 di Mazzone, perché fu anche il giorno di quella coreografia bellissima, “C’è solo l’A.S. Roma”: una scritta che venne bene già come disegno, e finì non a caso sulle tessere di abbonamento della Roma. Poi il 5-1, con Montella che ne fece quattro. Anche se io resto legato soprattutto ai derby un po’ “strani” e magari decisi nel finale. Mi viene in mente quello con il gol di Giovannelli a cinque minuti dal termine. Era il derby di ritorno, anche quello “fuori casa”, nella stagione in cui morì Paparelli (‘79/80, 1-2, ndr), e lui segnò sotto la Sud, con un tiro all’incrocio. Un gol bellissimo, come lo fu quello di Bruno Conti nel ’77, in un derby in cui la Lazio attaccò per tutta la partita e Bruno segnò con un tiro al volo di sinistro, sotto la Nord, con Pulici battuto. Penso anche ai gol segnati da quei giocatori che ne hanno fatto uno solo, ma proprio nel derby. Come Piacentini. O Antonelli, “Dustin” per la somiglianza con Hoffman, che ne fece uno in mezza rovesciata che valse un pareggio. Mi ricordo anche un gol di Bob Vieri, il papà di Bobo… e tanti altri».

Un altro stadio, dicevi.«Era l’Olimpico senza la copertura, e in cui ci si copriva alla bell’e meglio con quegli impermeabili che costavano 500 lire e si rompevano quasi subito. O con gli ombrelli, da cui ti colava l’acqua giù per la schiena. E si tornava a casa la sera zuppi dalla testa ai piedi».

I ricordi si aggiungono ai ricordi.«Tra quello più recenti, mi torna in mente anche il derby con i quattro gol nella prima mezz’ora. Con i tifosi laziali che cominciarono ad andarsene già alla fine del primo tempo, con la coda tra le gambe. Era il ’99-2000, con la Lazio che vinse lo scudetto, ma avendo perso il derby per 4-1! E poi, ancora fuori casa, quello in occasione del record delle undici vittorie con Spalletti, quando vincemmo 2-0 con quel gol bellissimo di Aquilani. Totti non giocò quella sera, perché era ancora infortunato, ma riuscì a sventolare un bandierone sotto la Sud. Ricordo la rabbia dei tifosi laziali, che non si davano pace per aver permesso che, in casa loro, anche chi non giocava, come Francesco, potesse entrare sul campo a festeggiare… Un altro fuori casa? Quello al Flaminio, nell’89/90, quando segnò Rudi Voeller. La Lazio non volle darci la curva Sud e allora andammo tutti nei Distinti. Fu un derby incredibile, perché i giocatori si dettero un sacco di botte in campo. Ma anche allora, fu una bella vittoria. Ricordo che noi tifosi demmo ai nostri giocatori una maglia, con la quale entrarono in campo, in cui accanto ad uno “smile” c’era scritto “Lazio? No, grazie”». Appunto.