Negli anni passati, in genere, la spia dell’allarme si accendeva ad aprile a poche settimane dalla fine del campionato. Oggi, come fa notare Guido De Carolis sul Corriere della Sera, sono però passati appena due mesi e la serie A è già un lazzaretto.
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Sempre più rotti
Impressiona l’escalation degli infortuni I motivi: stress, allenamenti e calendari. E la curva continua a crescere anno dopo anno, senza sosta
Aumentano i degenti nelle infermerie delle squadre e la curva degli infortuni continua a crescere anno dopo anno, senza sosta. Se ne studiano i motivi. L’aumento degli impegni, unito a una maggiore attività fisica e al minor tempo per recuperare (i club tendono a forzare il rientro e non sempre ascoltano i medici) stanno alla base di un incremento preoccupante. "C’è sì un problema di preparazione, ma non solo quello. Non ho le statistiche sotto mano, scommetto però che le squadre con maggiori infortuni sono quelle in difficoltà. Lo stress psicologico influisce in modo pesante sul fisico. È un fattore spesso sottovalutato" dice Vincenzo Pincolini, ex preparatore atletico del Milan di Arrigo Sacchi e Fabio Capello e ora nell’Under 19.
Quello degli impegni ravvicinati non è l’unico ostacolo da superare. Preparatori e medici concordano sulla mancanza di tempo dedicato all’allenamento.
Le percentuali di infortunati calcolate su rose di 25 giocatori fanno spavento. Il Verona ha avuto quasi mezza squadra fuori, la Juventus e la Roma un terzo, Inter, Lazio, Torino e Bologna poco meno. C’è anche una componente di casualità, «ma pure — rimarca Casasco — medici non sempre all’altezza o poco considerati dai club d’appartenenza. Si tende sempre a forzare i tempi di recupero. L’ortopedico poi non è solo lì per entrare in campo durante la partita e aggiustare i giocatori. Dovrebbe, come appunto accade in Nba, avere un ruolo preventivo, partecipare alla preparazione e non solo visitare i giocatori».
Gli staff sanitari dei club sono ampi, ma hanno le giuste competenze? Secondo Pincolini non è solo il calendario a pressare i calciatori, i preparatori dovrebbero spingere di più sul lavoro individualizzato. «Non si può allenare un mezzofondista, uno alla Pirlo, come un velocista. E poi le tournée estive. Portano qualche milione, ma è la Champions a fare gli incassi: ha senso spremere i giocatori e farli romperli? I calciatori hanno pause troppo corte. In estate magari c’è un’altra competizione dopo il campionato e prima del ritiro. Serve maggiore riposo».
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