(Corriere della Sera - F.Monti) San Siro resta una specie di terra promessa per la Roma: una sconfitta nelle ultime otto partite di campionato. Ha vinto anche in questa domenica che può segnare una svolta per il progetto legato al nome di Zeman e che rappresenta uno stop zeppo di problemi per la nuova Inter, rivoluzionata, ma ancora lontana da un’idea di squadra funzionale e organizzata. In sintesi: è fragile in fase difensiva; balla in mezzo al campo; non costruisce occasioni da gol. La Roma, rispetto all’esordio frenato con il Catania, ha fatto vedere di avere una facilità di gioco e di calcio, che promette molto nella stagione.
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Inter, che botta!
(Corriere della Sera – F.Monti) San Siro resta una specie di terra promessa per la Roma: una sconfitta nelle ultime otto partite di campionato.
I nerazzurri sono sempre stati costretti a inseguire: in svantaggio dopo un quarto d’ora (Florenzi), hanno pareggiato in modo rocambolesco (tiro di Cassano deviato) nel recupero; hanno subito l’offensiva romanista nella prima parte del secondo tempo; hanno ripreso in mano la partita, ma è stata l’illusione di un momento, perché la Roma a metà tempo ha operato il break con Osvaldo e l’Inter è crollata, arrivando a subire anche il terzo gol (Marquinho), senza offrire segnali di reazione. Ha pagato tutto: la maggior condizione e la migliore organizzazione dell’avversario; le fatiche del giovedì in Europa League (Pereira è uscito per crampi; la squadra ha chiuso al passo); i nuovi innesti, che devono ancora capire il gioco e i compagni. Stramaccioni ha cercato di dare forza fisica e velocità all’Inter (Cambiasso in panchina, Alvaro Pereira a centrocampo, come nell’Uruguay di Coppa America insieme con Guarin e Gargano), ma è partito con Cassano e non Palacio, a fianco di Milito. Non un’idea brillante, visto che il n. 99 ha confermato di avere un’autonomia limitata, con conseguenti difficoltà negli inserimenti.
Con due attaccanti più Sneijder, l’Inter si è trovata senza equilibrio, sempre in affanno di fronte alla velocità della Roma e in inferiorità in mezzo al campo. La Roma ha giocato subito di più e meglio dell’Inter: Florenzi (preferito a Pjanic) ha trovato il gol del vantaggio dopo 15’: cross da sinistra di Totti e colpo di testa dell’ex capitano della Primavera, che ha potuto colpire in solitudine in mezzo all’area, con l’Inter al cinema. La reazione nerazzurra è stata poco lucida, a parte uno spunto di Milito (Stekelenburg in vantaggio) e una conclusione di Sneijder (ancora Stekelenburg); la Roma, pur giocando in modo fluido, non ha sfruttato gli errori avversari negli ultimi venti metri, soprattutto sulle seconde palle, in più ha perso De Rossi (caviglia, spazio a Marquinho) e alla fine, nel recupero, ha preso l’1-1: Castan ha lasciato girare Cassano e sul tiro il pallone, deviato da Burdisso, è finito in rete. Il gol subito, invece di frenare la Roma, l’ha spinta a ripartire forte nella ripresa: due palle-gol nitide, sciupate da Osvaldo in mezzo all’area (3’ e 5’), hanno spinto Stramaccioni a intervenire, sostituendo Cassano con Palacio.
Proprio Palacio ha messo Guarin nella condizione di presentarsi davanti a Stekelenburg (rimpallato) e ha dato l’impressione che l’Inter potesse persino passare in vantaggio. In realtà, la Roma, avendo più gambe, ha soltanto aspettato il momento buono per colpire. Ci ha pensato Totti a mettere Osvaldo nella condizione di presentarsi solo davanti a Castellazzi, con Silvestre e Ranocchia larghi. Il n. 9 ha colpito con un pallonetto e ha rotto l’equilibrio, chiudendo la partita, perché l’Inter non ha più costruito quasi niente, di certo nemmeno una palla-gol, andando a sbattere contro una linea difensiva che non aveva nulla in comune con quella svagata dell’esordio con il Catania. Ed è arrivato anche il terzo gol giallorosso, con Marquinho, che ha approfittato di un errore di Castellazzi per firmare il 3-1. Quello che costringe l’Inter a chiarirsi le idee, perché al primo test importante non si è capito come Stramaccioni intenda passare dalla teoria alla pratica.
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