Se non altro, il litigone frantumerà il muro dell’ipocrisia. La lunga lite finirà con un vero vincitore. È necessario. Totti risulta uno di quei fastidiosi grattacapi che si possono buttare fuori dalla porta — magari una domenica mattina, a Trigoria — ma che puntualmente rientrano dalla finestra. È bastato rimetterlo in campo un paio di volte, formula Altafini, e tutti quanti si sono convinti che non è esattamente un rottame.
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I meriti (tecnici) del divin Pupone
È bastato rimetterlo in campo un paio di volte, formula Altafini, e tutti quanti si sono convinti che non è esattamente un rottame
Roma e l’Italia intera sono così chiamate al nuovo referendum: offrire o non offrire un anno di contratto al divino Pupone? Se qualcuno pensava che il rinnovo fosse solo un doveroso gesto di gratitudine, dopo le prove del campo il discorso cambia. Totti resta decisivo. È un campione vivente.
Il referendum si trasforma in realtà nella scelta tra due nomi: tenere Spalletti, che dimostra di cassare il 10 non perché obsoleto, ma perché ingombrante, o tenere Totti, sfruttandone gli ultimi colpi sublimi? Dall’aria che tira, la decisione sembra già presa. Il presidente Jesse James Pallotta ha sparato sul pianista. Finirà che Totti andrà a dispensare i suoi tocchi d’autore in un altro calcio, in un altro continente. Portandosi però dietro una domanda doverosa: se questo Totti deve smettere a 39 anni, quanti giocatori devono smettere a 20?
Cristiano Gatti
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