La vogliamo chiamare Generazione Playstation, in onore del ventennale della console più celebre? Forse è esagerato, ma sono stati due allenatori a lanciare l’allarme. Il primo è stato Gianni De Biasi, c.t. dell’Albania: «In Italia ci siamo adagiati sulla ricchezza; troppi videogiochi e poco calcio in strada». Poi ci si è messo Eusebio Di Francesco, tecnico del Sassuolo: «I videogiochi tolgono energia e concentrazione, l’ha dimostrato uno studio scientifico. Io lo dico e lo ripeto ai ragazzi, ma non posso entrare a casa loro…». In mezzo c’è stata la sfuriata di Antonio Conte, indirizzata anche a una generazione che deve uscire dalla realtà virtuale per lasciare il segno nel calcio reale. Il pallone non è una scienza esatta: se un giocatore non rende come previsto, i fattori sono tanti e i videogiochi sono solo un pretesto particolare per inquadrare un malessere più generale: la vogliamo allora chiamare immaturità, intesa come incapacità di reggere le aspettative, di ripetersi a certi livelli, di dare continuità alle prestazioni? Quello degli Immaturi, che potrebbero girare il terzo episodio del fortunato film con Raoul Bova, è un cast di alto livello. Qui non ci sono comparse, perché le qualità si sono già viste. Rivederle su questi schermi, magari in Hd e sul canale giusto, è il problema: da Iturbe a El Shaarawy, da Kovacic a Morata, passando per il laziale Keita, il portiere dell’Under 21 Bardi che al Chievo ha perso il posto, il napoletano Jorginho o un altro romanista come Destro.
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Gli immaturi
Ognuno ha la sua storia, la sua personalità e il proprio percorso, ma tutti sono attesi a un segnale, per riprendersi quello che sembrava appartenergli: il futuro.
Ognuno ha la sua storia, la sua personalità e il proprio percorso, ma tutti sono attesi a un segnale, per riprendersi quello che sembrava appartenergli: il futuro. Alvaro Morata, noblesse oblige, può essere considerato l’intruso in questa squadra speciale. Ma sullo spagnolo le aspettative sono così alte che non vederlo nemmeno alzarsi dalla panchina per due partite consecutive, con Fiorentina e Atletico, è strano: Allegri lo dovrebbe rilanciare dall’inizio già domani contro la Samp, un mese e mezzo dopo l’ultima volta in campionato, a Empoli. Morata, pagato 21 milioni al Real, in serie A ha già segnato 4 gol in 277’ (uno ogni 69’) e domani ha l’occasione per rovesciare le gerarchie con Llorente. Un esame di maturità. Se per lui è il primo, qualcun altro sta esaurendo i crediti.
Stephan El Shaarawy era partito bene, poi si è fermato ai box e al rientro non ha più trovato il passo, fino alla clamorosa traversa nel derby: 1 gol in 795’. Tra mal di pancia e ammiccamenti con il Borussia Dortmund, il futuro dell’attaccante milanista potrebbe essere altrove. Ma quel che interessa al calcio italiano e a Conte, che lo ha rilanciato in azzurro nel finale della sfida contro la Croazia, è ritrovare la cresta più veloce della A, come due anni fa: 16 gol nelle prime 26 partite.
Nella sfida del 16 novembre a San Siro c’era anche Mateo Kovacic, che è sembrato più a suo agio con la maglia a scacchi biancorossa che con quella nerazzurra, stretta com’è tra incomprensioni tattiche e tecniche. Mancini contro l’Udinese ha provato il croato dietro alle punte, chiedendogli di velocizzare il gioco. Il messaggio, anche se il ragazzo è pur sempre del 1994 (6 maggio), è chiaro: bisogna darsi una mossa.
Veloce, ma in senso contrario, è stata la parabola di Juan Manuel Iturbe: 28 milioni per sfrecciare dal Verona alla Roma dopo 8 gol e 5 assist al debutto in A a 20 anni (è del 1993). In giallorosso finora sono arrivati 2 gol e 2 assist in 587’ tra campionato e Champions. Ma nei momenti chiave «Itu» ha deluso, lasciando dei dubbi sulla sua utilità nel gioco di Garcia.
Anche il suo ex compagno Jorginho, 23 anni tra una settimana, non ha inciso a Napoli come sperava il tecnico Benitez che lo aveva voluto a gennaio. Perché il passaggio da una piccola squadra a una più grande spesso è complicato. Lo sa bene Simone Zaza: dal Sassuolo alla Nazionale (gol in Norvegia) e ritorno. In mezzo l’attaccante ha dato pochi segnali, soffrendo le prime accuse di immaturità. Ma un gol alla Juve e due alla Roma sono l’ennesima prova che nel calcio c’è sempre qualcosa che ricresce più in fretta dei dubbi: l’entusiasmo.
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