La differenza tra uno speculatore e un investitore. C’è chi ha descritto così i "modus operandi" di James Pallotta e Dan Friedkin, i due ultimi presidenti della As Roma, scrive Luca Valdiserri sul Corriere della Sera. Dove «speculatore» non va inteso in senso dispregiativo, tanto che Pallotta si vantava di essere "il re degli hedge fund", i titoli ad alto rischio. Pallotta ha sempre delegato a figure forti, persino troppo: da Sabatini a Monchi, il d.s. era una star. La scelta dei Friedkin sul responsabile dell’area sportiva, Tiago Pinto, è andata nella direzione opposta. Un «giocatore di squadra», che si è fatto le ossa al Benfica, ma che per i giornalisti portoghesi non ha il peso specifico di Campos.
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Dirigenti, stadio e strategie per il futuro: Friedkin ha già cancellato Pallotta
Diversi sono i "modus operandi" tra il presidente uscente ed il nuovo
Non stupisce, perciò, che anche sul discorso stadio ci siano profonde differenze. Per Pallotta era questione di vita o di morte, tanto che il suo addio è stato motivato soprattutto da questo. Voleva costruire una cittadella, coinvolgendo investitori. I Friedkin si accontentano di uno stadio.
Per la Roma futura anche il Flaminio andrebbe bene, come dimensioni, ma presenta immensi problemi di ordine pubblico. E nessuno conosce i veri costi di uno spostamento a Tor Vergata. Almeno in questa prima fase, nella quale stanno rifondando la Roma, i Friedkin non sono legati a un eventuale "regalo di Natale". Non a tutti i costi.
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