L’"ostinata inclinazione delinquenziale" e la "continua attività di mercificazione della funzione pubblica" da parte dell’ex presidente dell’assemblea capitolina Marcello De Vito e del suo socio in affari Camillo Mezzacapo convincono i giudici a negargli la scarcerazione. Nelle motivazioni con le quali i magistrati del Riesame si oppongono a un’attenuazione delle misure cautelari nei loro confronti si descrive il salto di qualità compiuto da De Vito nel "divenire affidabile interlocutore privilegiato di grandi gruppi imprenditoriali interessati a importanti opere urbanistiche nella Capitale". Un referente dei costruttori insomma, primo fra i quali quel Luca Parnasi arrestato a giugno scorso, come pure il gruppo Statuto e i fratelli Toti. De Vito? Non un "taglianastri" buono solo a rappresentare il Campidoglio durante le inaugurazioni ma un "amico dei potenti" che agiva "intervenendo direttamente sugli assessori e i relativi funzionari amministrativi". Come scrive Ilaria Sacchettoni su Il Corriere della Sera, nella decisione di lasciarlo a Regina Coeli, pesa la convinzione che, attenuate le misure cautelari, l’ex presidente dell’assemblea capitolina possa reiterare il reato e inquinare le prove. Tre sono gli elementi a sostegno di questa ipotesi: il primo è che, di fatto, il politico pentastellato non si è mai dimesso. Il secondo elemento è quello, appunto, della pervicacia con cui sia lui che Mezzacapo hanno inseguito i propri obiettivi. Terzo elemento che fa propendere i giudici per la conferma del carcere è la capacità di sfuggire al controllo investigativo dimostrata dai soggetti in questione: "L’elevato numero di rapporti e la loro eterogeneità, l’intenso grado di condivisione di interessi, inducono a non escludere anche l’esistenza di memorie telematiche accessibili con l’uso di password anche mediante semplici apparecchi cellulari oppure mediante l’aiuto dell’articolata rete di relazioni anche opache di cui i ricorrenti hanno dimostrato di disporre agevolmente". I giudici parlano di "arrogante dismissione dell’imparzialità" del pubblico ufficiale a favore dei privati e confermano la credibilità del quadro indiziario, malgrado "l’atteggiamento negatorio in palese contrasto con le emergenze" degli arrestati. Confermate le misure anche nei confronti degli altri indagati dal Riesame viene anche una bacchettata nei confronti di Gabriella Raggi la capo segreteria dell’assessore all’urbanistica Luca Montuori che incontrava avvocati e intermediari.
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De Vito e la “continua attività di mercificazione della funzione”
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