rassegna stampa roma

Abbonamenti stadio: Napoli, Lazio e Milan in calo, la Roma aumenta, Juve stabile, Toro avanza, l’Inter si nasconde

Gli stadi di Serie A sono sempre più vuoti, con stime che prevedono 50 mila abbonati in meno per la prossima stagione (al netto delle squadre promosse e retrocesse) nonostante un marketing tambureggiante e slogan ad effetto.

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Pubblicità in tv, Pippo Inzaghi parla ai calciofili della Penisola con parole alla Mourinho: «Siete dei grandi tifosi. Noi vi faremo diventare i migliori».

S’intende davanti allo schermo e con un abbonamento alla pay-tv , però. Perché gli stadi di Serie A sono sempre più vuoti, con stime che prevedono 50 mila abbonati in meno per la prossima stagione (al netto delle squadre promosse e retrocesse) nonostante un marketing tambureggiante e slogan ad effetto. Nuovi impianti chimera e prezzi ritoccati quasi sempre al rialzo, le percentuali di riempimento degli spalti (oggi al 56,6) sono destinate a restare distanti da Germania (96), Inghilterra (95), Francia (70) e Spagna (68).

Crollano gli abbonamenti. Il Milan — impegnato in un imponente rinnovamento d’immagine firmato Barbara Berlusconi, tra nuova sede (Casa Milan), loghi di design e frasi ad impatto («Senza te non siamo noi» come recita la campagna) — sta cercando invano di fermare l’emorragia di tessere vendute: dalle 23.500 dell’anno scorso, già picco negativo, alle 16 mila emesse finora.

Peggio dei rossoneri stanno solo Napoli e Lazio. Gli abbonamenti dei partenopei sono crollati da oltre 15 mila a sei mila circa, complici il sopravvenuto obbligo della tessera del tifoso e un mercato non esaltante. Quelli della Lazio, invece, sarebbero oggi addirittura quasi un quarto rispetto all’anno precedente (sette mila su 23 mila) con la curva in contestazione contro il presidente Lotito e i capi ultrà che stanno valutando l’opzione tessera del tifoso soltanto per partecipare alle trasferte. Sarebbe un paradosso, e hai voglia poi a ricucire tramite spot sdolcinati («Quasi amore» appare sul cartellone mentre un bimbo bacia l’aquilotto).

In difficoltà anche Udinese (meno quattro mila abbonati), Fiorentina (meno 3.000), Parma (meno 2.500) e Verona (meno 2.000), che faticheranno a raggiungere i livelli di pubblico del 2013/14. Restano stabili Juventus (28mila tessere), Cagliari, Sassuolo, Genoa e Sampdoria (a conferma della bontà del motto scelto dai blucerchiati «C’ero, ci sono, ci sarò»). Nessuna notizia, infine, dall’Inter che non dà i numeri (erano quasi 31 mila) ma chiede in tutte le lingue del mondo ai suoi tifosi di stare insieme , juntos , together .

A esultare sono dunque solo le neopromosse Empoli (che raddoppia a cinque mila), Palermo (più di otto mila) e Cesena (verso i 12 mila) e soprattutto Atalanta e Torino, che hanno messo nel mirino i diecimila abbonati. Ma se i granata ringraziano il ritorno in Europa e gli spot da commedia all’italiana (dove il Toro diventa antidoto all’adulterio, «se tua moglie è fissata con le corna», e «un babysitter con le palle», per i figli), i bergamaschi puntano sui prezzi: -20% secco sugli abbonamenti (più un piumino mimetico), caso isolato in Italia.

Poi c’è la Roma. Superata quota 26 mila tessere (tre mila in più), si guarda ai traguardi futuri (lo scudetto?) cercando di dimenticare scivoloni mediatici a quattro mani con lo sponsor tecnico. Come i denti aguzzi della lupa aperti sull’Olimpico e la scritta «La caccia ricomincia, unisciti al branco», piuttosto stonato dopo la morte del napoletano Ciro Esposito.

Con gli stadi svuotati, la logica farebbe presupporre prezzi più bassi. Invece, i ritocchi sono spesso al rialzo. Bastino le percentuali medie di Juventus (+6,9%), Fiorentina (+6%), Milan (+5,5%) e Roma (+4,5%), mentre il Napoli e altri mantengono invariati i prezzi. Semmai si offrono riduzioni per giovani e famiglie o promozioni innovative. Come l’abbonamento pluriennale del Genoa o la possibilità di rivendere le partite dell’abbonamento alla Juve. O ancora l’iniziativa del Parma «Porta un crociato» che ha fatto partire sui forum la caccia all’amico per ottenere gli sconti. Hashtag, ironie, richiami identitari di fierezza, appartenenza, onore e pure animal spirit (dalla «natura indomabile» della zebra al «dodicesimo leone» in campo), i club le provano tutte. Quasi fosse meglio investire in un team di pubblicitari che in uno stadio...