rassegna stampa roma

A Pallotta raccontatela giusta

Nessuno, da otto anni, osa dirgli la verità. Che sarebbe questa: James, purtroppo la Roma non è una società di calcio come le altre. E forse hai sbagliato ad acquistarla

Redazione

Cronaca battente, contestazioni feroci, cori trucidi e lui, James Pallotta, il presidente americano della Roma, che tra stupore e irritazione osserva i suoi tifosi sul display del cellulare, in un ufficio tutto vetri e potere dall’altra parte dell’Oceano. Poi chiede ai suoi collaboratori, gente con incarichi pomposi oppure occulti (uno si nasconde a Londra), comunque tipetti saccenti. "Tutto questo casino per quel De Rossi?". Nessuno, da otto anni, osa dirgli la verità. Che sarebbe questa: James, purtroppo la Roma non è una società di calcio come le altre. E forse hai sbagliato ad acquistarla.

Pallotta è appassionato di basket, è tra i padroni dei leggendari Boston Celtics, non sapeva neppure che se prendi il pallone con le mani in area è rigore: ma, la Roma era un affare. Meglio: sembrava. Nessuno, scrive Fabrizio Roncone su Il Corriere della Sera, gli spiegò che la Roma non è un’azienda calcistica, ma un sentimento, un’idea di amore, qualcosa che sta tra un dolcissimo senso di appartenenza e una psichedelica forma di religione. I tifosi della Juve, quando ascoltano il proprio inno, sorridono: quelli della Roma si commuovono, molti piangono. Lui si ostina a trattare la Roma come un’azienda di scatole, tratta i calciatori come scatole, va a Roma una volta all’anno (se va bene) e intanto: 8 allenatori cambiati in 8 anni, nessun trofeo vinto, fuori dalla Champions, uno stadio che non si farà e il presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, che insinua il liberatorio sospetto: "Ma non sarà che la Roma se l’è già venduta?".