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Villar: “La Roma voleva lasciarmi in prestito, ma è pazza di me. Ora devo sentirla mia”

LaPresse

Il centrocampista spagnolo si è raccontato: "I giallorossi mi hanno voluto di più del Valencia, ho parlato tanto con Fonseca e ha fatto la differenza. Kolarov mi ha detto di chiamarlo 'Signore'!"

Francesco Iucca

È entrato in punta di piedi alla Roma, in un momento in cui di Fonseca era in piena emergenza a centrocampo. Gonzalo Villar è stato gettato nella mischia, in campo (a Sassuolo) come nella vita. Il centrocampista spagnolo è arrivato nella capitale da poche settimane e a 21 anni, per la prima volta lontano dal suo paese, si è ritrovato in una realtà complicata come quella del coronavirus: "Siamo in quarantena da dieci giorni, speriamo che migliori tutto rapidamente". Il classe '98 acquistato dall'Elche ha parlato di questa situazione difficile ma non solo: in un'intervista con il giornalista spagnolo Miguel Quintana pubblicata su Youtube, Villar ha svelato il retroscena del trasferimento, i suoi sogni e alcune curiosità divertenti.

Come stai vivendo questo momento, dato che hai appena cambiato paese e campionato e ora ti ritrovi in quarantena?

Fino a pochi giorni prima che arrivasse il decreto che ha chiuso l’Italia, ero con alcuni amici che mi erano venuti a trovare e facevamo il barbecue in terrazza. Ero molto felice, poi all’improvviso hanno chiuso tutta l’Italia e di seguito anche tutto il resto del mondo. Non avevo mai vissuto da solo, però sto abbastanza bene, al giorno d’oggi abbiamo la tecnologia ed è senza dubbio meglio.

Sei passato in 15 giorni dal giocare in B contro l’Alcorcon a debuttare in Serie A contro il Sassuolo. Come hai vissuto questo cambio repentino, anche a livello di pressione?

Il mese di gennaio è stato particolare, vista la trattativa con la Roma. Prima di giocare con l’Alcorcon mi hanno detto che l’accordo era molto vicino alla chiusura e mi hanno chiesto cosa volessi fare, se giocare o meno. Io però ho risposto che finché non c'era la firma sarei comunque sceso in campo. Ricordo poi che intorno al 50’ sono dovuto uscire perché avevo un fastidio al ginocchio. Ho aspettato tanto, non sono riuscito a giocare la mia ultima partita con l’Elche dopo quella con l’Alcorcon, ma poi è arrivato l’accordo. È un cambiamento importante, ma è qualcosa per cui ho lavorato per tutta la vita, da quando avevo 3 anni.

Il Valencia però aveva l’80% del tuo cartellino: perché sei alla Roma e non al Valencia?

Posso parlare apertamente, non c’è niente da nascondere. Era una questione di differenza tra le due offerte, non a livello economico, visto che a me non sarebbe cambiato un solo euro tra Valencia e Roma. I motivi sono altri: ad esempio mi ha chiamato direttamente Paulo Fonseca, mi ha spiegato perché mi voleva alla Roma, come e quando mi ha conosciuto. La verità è che l’idea dei giallorossi era acquistarmi e poi lasciarmi in prestito fino a giugno e per me era una grande cosa. Poi però mi hanno chiamato, Fonseca aveva visto tante mie partite, abbiamo parlato, mi hanno detto che volevano prendermi e tenermi. Quindi ho visto un interesse molto forte. A Valencia ho passato tre anni fenomenali, ero innamorato. Però fino a quando non si è fatta viva la Roma, il Valencia non si era mai fatto sentire con me, non avevano mai detto di volermi. Io stavo facendo molto bene con l’Elche e con la nazionale Under 21, fino a quando la Roma non ha offerto 5 milioni non avevo ricevuto niente dal Valencia. Della serie ‘ora che qualcuno ti vuole ti vogliamo anche noi’. Inoltre, tra i motivi che mi hanno spinto ad accettare la Roma, c’è anche il fatto che è comunque molto difficile che un club di Serie A come i giallorossi paghi 5 milioni (all’inizio erano 3, ma poi hanno raddoppiato senza problemi) per un giocatore di Segunda Division. Il Valencia poteva esercitare il diritto sul mio cartellino per 1 milione, ma la Roma chiamava tutti i giorni il mio agente e diceva ‘perché non siete qui?’, erano pazzi di me. Quando una società come la Roma è così pazza di te… Così tanto che a un certo punto avevo qualche dubbio anche io (ride, ndc). Il Valencia mi voleva, sicuramente, ma ci hanno dovuto pensare per pagare appena il 20% di 5 milioni. Quindi dopo tutti questi dettagli ho preso questa decisione con la mia famiglia, molto difficile, ma credo sia stata la scelta giusta.

Com’è stata la tua crescita nell’Elche?

Il mio primo anno in Segunda non è stato buono, ho avuto degli infortuni, giocavo in una posizione che non mi piaceva. Non ho avuto tante opportunità, c’erano tanti giocatori che stavano facendo meglio. Nel secondo anno ho cominciato a giocare a un livello normale, né bene né male, per il tipo di giocatore che penso di essere e che ora è alla Roma. Mi sono rafforzato mentalmente, sono cresciuto passo dopo passo. All’inizio non arrivavano i risultati, poi dalla sesta giornata ho acquisito più fiducia, anche se non stavo dimostrando il mio potenziale. Poi è arrivato un giorno, il mio ‘punto di esplosione’, la partita contro il Rayo Vallecano che mi ha portato alla convocazione con la Spagna Under 21. In quel match ho giocato molto bene, sotto pressione, toccavo tante volte il pallone. Ma con la convocazione è cambiato tutto. Ho giocato molto bene in amichevole contro la Germania, poi contro il Montenegro sono entrato al 55’ facendo un assist. Lì ho sentito anche che nell’Elche la squadra girava un po’ intorno a me, era l’Elche di Gonzalo Villar. E da novembre a gennaio sono stati mesi ottimi.

L’impatto con la Roma.

Io non so quanti altri giocatori avrò al mio fianco, però vedermi lottare con gente come Dzeko e Kolarov, che tre anni fa guardavo solo dalla mia camera... Mi ha sorpreso molto il clima nello spogliatoio della Roma. Ad esempio, il primo giorno che sono arrivato a Roma, ho firmato e sono andato al centro sportivo. Gli altri si erano già allenati e avevano mangiato insieme. Mi è venuto incontro Kolarov, che parla un po’ di spagnolo, e mi ha detto ‘Gonza, quanti anni hai? 21? Bene, io ne ho 35, per te sarò il Signor Kolarov!’ Ringrazio tutta la squadra per l'accoglienza, soprattutto Carles (Perez, ndc).

Tu sei un centrocampista a cui piace toccare il pallone, comandare l’azione, ma soprattutto ti piace sentire che la squadra è tua, che va al tuo ritmo. Un po’ come Parejo al Valencia, il metronomo.

Sì, è così. Per il tipo di giocatore che sono io ho fatto anche la mezzapunta, poi pur di giocare va bene anche un altro ruolo, portiere o esterno. Mi piace però stare al centro del gioco, ricevere palla in difesa, quasi nella mia area piccola, perché ho questa capacità e tranquillità di uscire dalla pressione. Come modello ho più de Jong, per prendere un top player. Io ho bisogno del pallone, toccarlo tante volte. Preferisco sentire mia la squadra e stare in contatto costante con il pallone piuttosto che fare la giocata del match, una ‘ruleta’ o altro. Quelle sono le mie capacità. Ad esempio se Parejo non sta bene il Valencia non sta bene. Quindi il senso è che se la squadra va male la colpa è mia, così al contrario se va bene. Il centrocampo è la chiave della squadra. Io chiedo sempre il pallone, come personalità mi vedo molto in Parejo che ha un grande carisma. Con lui il calcio è stato molto ingiusto, doveva vincere di più.

I giovani devono avere la personalità di reagire dopo aver perso 10 palloni, reagire alle critiche della stampa. Poi per te è molto importante il primo tocco.

Mi assumevo tanti rischi, però in questo modo crei molti benefici alla squadra. All’inizio l’Elche non giocava bene, mi capitò di perdere un pallone da cui è arrivato un gol. Sono rischi che devi prenderti per giocare in un certo modo.

Per te è importante stare in una squadra come la Roma di Fonseca che governa il gioco, ha la palla e non rincorre gli avversari. E’ ovvio che se fossi andato al Getafe di Bordalas avresti fatto molta fatica.

Ricordo che stavo vedendo Juventus-Roma, vedevo come i giallorossi giocavano con il pallone. I miei agenti erano in riunione con il Valencia, li ho chiamati e gli ho detto che stavo vedendo la Roma e mi piaceva molto. Perché Fonseca faceva giocare la squadra in ogni caso, anche se c’era Ronaldo a pressare, loro giravano palla tra i centrali e i centrocampisti. Poi la proposta della Roma si è fatta più concreta. Fonseca mi ha chiamato dicendomi come voleva che giocassi e che tipo di giocatore stava cercando, ovvero che prendeva la palla e iniziava l’azione, sotto pressione. Invece di prendere un giocatore qualsiasi di un altro massimo campionato stavano cercando me, mi hanno preso per quelle caratteristiche.

Importante sarà anche essere decisivo qualche metro più avanti, non solo girare palla nella tua metà campo.

Sì, ultimamente ho provato più a giocare in avanti, fare l’ultimo passaggio. Mi piacciono molto i giocatori che portano palla avanzando, però i migliori sono quelli che sanno come si fa e soprattutto quando devono farlo. Ho visto tanti video di de Jong, che sa far tutto. Ho imparato molto in questi anni, ad esempio che devo eliminare la conduzione orizzontale del pallone, ma anche quando fare la giocata. Conoscere il momento della giocata ti dà una marcia in più, è il salto di qualità di un centrocampista.

E’ molto importante la capacità di apprendere, che ti fa arrivare a 28-29 anni completo.

Sì, è una cosa che ho cercato sempre di mantenere, anche se ci sono momenti in cui non è facile, perché anche l’allenatore ti sta conoscendo magari. Ma tutto serve, sono piccoli passi di cui hai bisogno per migliorare, anche se certe cose ti fanno rabbia sul momento. Poi di ogni cosa devi assorbire il significato e quindi valuti se può essere buono per te o no.