Questa mattina è arrivata l'ufficialità: Luciano Spalletti non è più l'allenatore della Roma. Prima di lasciare Trigoria per la seconda volta, il toscano è intervenuto in conferenza stampa per rispondere ad alcune curiosità sulla sua decisione. Presente anche il direttore sportivo Monchi. In fondo alla sala i preparatori Norman e Lippie, il team manager Zubiria e il dottor Del Vescovo.
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Spalletti: “Non escludo il ritorno. Nessun dualismo con Totti, l’ho fatto giocare un anno in più” – AUDIO – FOTO – VIDEO
Ultime parole da giallorosso per il toscano: "Sono una persona perbene, non tutti abbiamo remato dalla stessa parte. I fischi di domenica non li meritavo"
Ecco la conferenza d'addio di Luciano Spalletti:
Prende la parola il ds Monchi: "Tenevo molto e tengo ad aprire questa conferenza stampa che annuncia la chiusura del rapporto di lavoro tra la nostra società e il mister Spalletti. Un rapporto che è stato breve, poco più di un mese, ma molto intenso. Come ho avuto modo di dire nella mia prima conferenza stampa, sono arrivato avendo una grande opinione del mister. Oggi, dopo aver lavorato con lui, dopo averlo visto allenare, quest'opinione è cresciuta, sia a livello professionale che personale. Ora si chiude una tappa di cui siamo estremamente grati al mister per i risultati ottenuti che parlano da soli, che dimostrano le sue capacità. Oggi inizia una nuova tappa. Una tappa che ci vede determinati a crescere e non ho dubbio che ci riusciremo, attraverso l'unica strada che conosciamo: quella del lavoro. Spero che un giorno le nostre strade professionali possano incrociarsi e potremo avere l'occasione di lavorare insieme. Trigoria è stata, è e sarà sempre casa tua".
Risponde Spalletti: "Sono state parole bellissime. Avendolo conosciuto, avendo avuto a che fare con lui, per la sua qualità di persona e professionista anche per me sarà sicuramente un rimpianto non poter continuare a lavorare con lui. Io penso che, soprattutto in questo momento con l'addio di Francesco, che qui ci sia bisogno di punti di riferimento, di persone forti, con personalità e una professionalità spiccata nel confronto con gli addetti ai lavori e con tutti. Secondo me Monchi ha queste qualità, queste caratteristiche. Sono convinto che lui riuscirà a compattare tutte le risorse della Roma, dove probabilmente non sono riuscito io. Se si riesce a compattarle tutte, sarà sicuramente una Roma fortissima. Grazie direttore".
Che voto dà alla stagione della Roma?
Siccome ho preso due appunti, è meglio andare per ordine. Prima bisogna ringraziare tutte quelle persone che ho avuto vicino. Il primo pensiero va al dietro le quinte, a quelli che da quest'ala qua sono arrivati fino a sopra gli uffici, che mi hanno dato una mano importante, che mi sono sempre stati vicini. A quelli che arrivano prima, a quelli che lavorano, a quelli che ci preparano tutte le cose affinché per noi sia tutto più facile. Si è sempre parlato di questa squadra non visibile: ecco, loro hanno un'importanza maggiore in quello che è il mio ringraziamento perché senza il loro contributo sarebbe stato difficile per me, disordinato come sono, ritrovare tutte le cose a posto come mi hanno messo loro sempre. Parlo di quelli normalissimi, cioè dei ragazzi in cucina, delle donne delle pulizie. Tutte quelle persone che viaggiano a fari spenti per i corridoi di Trigoria e che, come ho detto prima, ci fanno trovare tutto a posto e molto ordinato se gli rovesciamo tutto. Poi naturalmente i calciatori, la società, il mio staff e tutti gli staff che ci sono, perché nella Roma oltre ai calciatori ci sono tantissimi grandi professionisti. È grazie a loro che secondo me ora si lascia una Roma che può guardare al futuro, una Roma sicuramente forte. Ricominciamo, ora rispondo alla domanda: io non devo dare un voto, il voto glielo dovete dare voi, dovete andare a valutare se abbiamo vinto, se abbiamo perso, se è corretto il risultato che abbiamo avuto, se potevamo fare di più, se sono state troppe le sconfitte o i punti fatti, io non ci voglio entrare proprio. Io voglio solo dire che ho lavorato in maniera profonda e seria, cercando di fare il bene della Roma. Io è chiaro che ho il mio metodo, il mio modo di fare. Io mi fido di questo, per cui ho tentato di metterlo in pratica. Poi, nei vari passaggi, siamo arrivati a questo punto. Poi ognuno nella sua testa gli dia la risultanza che vuole, gli dia l’importanza che vuole a una sconfitta o a una vittoria. Io è chiaro che ho gioito e sofferto molto in questi eventi che ci sono capitati durante la stagione.
Con la Roma ha fatto 133 punti in un campionato e mezzo. Ci sono tre fotografie, tre momenti che porta con sé di questi 18 mesi?
Sono quei risultati che poi hanno fatto un po' la differenza, i risultati sono un po' tutto nel calcio purtroppo. Però la fotografia migliore è quella della serietà del gruppo, come ho sempre detto, di come mi sono venuti davanti. Tutte le mattine che abbiamo cercato di impostare il lavoro giornaliero. Quello è sicuramente il passaporto per fare un buon campionato, il biglietto per andare a confrontarsi a testa alta contro qualsiasi avversario, perché se non lavori in maniera seria, in maniera corretta, arrivare alla domenica e fare delle buone prestazioni, dei buoni risultati è impossibile. Il lavoro sul campo ha un valore assoluto, per cui il lavoro dei ragazzi e quei risultati che poi hanno fatto la differenza, attraverso anche degli episodi, sia nel bene che nel male.
E' stato un anno e mezzo molto intenso, ha preso una squadra che era in caduta libera e sono stati 18 mesi di risalita fino all'accesso diretto i Champions League. Di tutti questi record, come allenatore e come uomo, qual è l'elemento che le rimarrà dentro con maggior fierezza?
Le cose sono sempre le stesse, purtroppo. Io devo sempre passare attraverso la qualità di un modo di lavorare, di un modo di parlare, attraverso il riuscire a far rendere conto ai calciatori di quale sia il nostro obiettivo. Viene coinvolta la vita del calciatore e quella che è la vita professionale e personale, perché se non c’è un coinvolgimento, se non c'è una disponibilità a buttar dentro quelle qualità che ci vogliono per andare a confrontarsi con grandi squadre diventa difficile. Dalla Roma io non mi ero distaccato totalmente. Anche quando ero in Russia, ero sempre lì a guardare i risultati e le prestazioni, che hanno un valore forse più importante. Secondo me abbiamo lavorato nella maniera corretta e seria. Poi in questo lavoro, come dicevo prima, ci sono dei passaggi fondamentali, dei risultati fondamentali, degli episodi fondamentali. Però la cosa più importante, secondo me, è che lasciamo una Roma forte, che abbiamo una Roma forte. Lascio una Roma forte, una Roma che è una squadra che ha delle individualità importanti, che si è comportata quasi totalmente da collettivo. Secondo me si poteva far meglio come collettivo e come obiettivo di tutti, probabilmente lì non ci sono riuscito. Secondo me non abbiamo remato tutti dalla stessa parte. Come abbiamo visto domenica, le potenzialità di questa squadra, di questa società, di questo movimento, di questa marea e di questo sentimento di tutte queste persone che ci stanno intorno sono importanti. Magari proprio ripartendo da lì, dalla partita di domenica, dove per certi versi sembrava una festa e per altri sembrava un addio. C’è stato l’addio al calcio giocato del grandissimo fenomeno calcistico che è Totti, però lì si è rivisto rinascere qualcosa, o per lo meno, è come una bella donna che ha in grembo qualcosa che può rinascere, che può venir fuori e che ridia quel sostegno totale da parte di tutti verso una direzione che racchiuda tutte queste potenzialità e questa possibilità che ha l’ambiente della Roma, perché come ho sempre detto è un ambiente molto forte e molto bello. Mi dispiace lasciarlo.
Se si potesse tornare indietro, c'è un episodio, un momento che cancellerebbe o un suo errore che non rifarebbe?
Io di errori probabilmente ne ho fatti ma non lo so, anche quelli giudicateli voi. Io mi sono comportato sempre con coerenza. Probabilmente in certi momenti ho detto delle cose forti, ma se l'ho dette è perché il momento necessitava di qualcosa di forte, sia per il rapporto che ho avuto con la società, che è un rapporto importante, e soprattutto per il rapporto che ho avuto con la squadra. Sono quelli i momenti fondamentali, che smuovono. Poi qualcuno può aver detto e può dire che la dichiarazione è quella che non fa bene al gruppo. Ma se fosse stato dentro quello che è il nostro rapporto, probabilmente si accorgerebbe che è stato corretto farla a quel punto lì. Ora non si può tornare indietro, anche perché poi io i fischi di domenica li ho sentiti e li ho ‘pre-sentiti’, perché li avevo già sentiti prima di domenica stessa, li ho percepiti. E quelli non vengono da una mia coscienza, ma vengono dalla coscienza di qualcuno che ha voluto anteporre una guerra interna tra me e Totti che non esiste. Io quei fischi non me li merito, per come sono fatto e per come ho lavorato. Poi però si è voluto andare avanti con questa storia ed è chiaro che poi si crea una linea di demarcazione che potrebbe essere anche una difficoltà per la Roma futura, che io non voglio dargli. Io spero solo una cosa: che ora, soprattutto per quelli che hanno voluto portare avanti questa divisione interna, si faccia un lavoro inverso, perché c’è un Totti di meno e c'è da sopperire alla qualità di uomo, di calciatore e alle qualità che lui ha sempre fatto vedere e delle quali voi avete scritto ripetutamente. Il mio auspicio per il futuro è che bisogna riuscire a fare qualcosa di differente. Questa cosa che stava nascendo, che è nata domenica, è stata una cosa un po’ folle, come la partita. Lo abbiamo visto dal gol che abbiamo preso domenica quando abbiamo segnato. La partita è stata figlia di queste cose importantissime, dell'addio di Francesco, di questa massa di persone che hanno partecipato da un punto di vista emotivo e hanno fatto vedere veramente l’amore per la Roma, senza barriere. Anche quella è una storia durata troppo, che ci ha tolto troppe energie, ci ha tolto questa unità che poi diventa fondamentale, diventa la forza della Roma. Qualsiasi calciatore normale a Roma può diventare un campione, perché ci sono quelle potenzialità lì che abbiamo visto anche domenica. Io spero che questa sia la linea che ci compatterà tutti, e che naturalmente la Roma possa fare risultati migliori. Ci compatterà tutti, nel senso che io con Francesco rimango amico anche dopo. Andremo a cena insieme, ci ritroveremo e ci riparleremo come ci siamo parlati ieri, l'altro ieri ed il giorno prima ancora. A seconda delle scelte che fai in base a quello che è il momento e quella che è la felicità del calciatore, uno poi ci rimane male e uno ci rimane bene... Sta di fatto che io e Francesco continueremo ad essere persone che si rispettano in tutto e per tutto. Io direttamente con lui, poi se parla qualche ventriloquo o qualcun altro non lo so. Ma io con lui ho sempre parole corrette e giuste. Stima reciproca, anche nel prendere decisioni che sono dispiaciute prima di tutto a me.
Primo anno, terzo posto. Secondo anno, secondo posto. Va via perché più di questo non si può fare?
No, a me è sembrato di averlo spiegato il motivo per cui vado via. Gli allenatori vanno e vengono, ognuno decida con la sua testa. Per me non c’è un risultato solo che determina il tutto, io sono fatto così. Io posso essere un maledetto o uno schifoso, ma sono una persona per bene che fa le cose fatte per bene, per quello che è il valore del lavoro e della qualità che bisogna esibire. Io sono più di 20 anni che faccio questo lavoro e purtroppo mi fido di me, vado per la mia strada e non mi faccio condizionare da quella che è la strada di chi mi vorrebbe suggerire qualcosa, sapendo che poi va a suggerirmi l'inganno per la Roma. Io vado dritto per la mia strada e faccio le cose per il bene della Roma. Poi ognuno deciderà se sono fatte bene o se sono fatte male. Voi decidete come volete, voi avete la possibilità di trasportare fuori quello che è un discorso più diretto, perché avete la possibilità di stare a contatto con noi e con i calciatori e di parlare con loro. Poi naturalmente fuori si fanno un’idea anche gli altri, perché ormai ci sono i mezzi per far sì che le persone si rendano conto, ci sono contatti anche fuori. Io trovo continuamente sportivi della Roma o persone contro la Roma. Poi ci si parla e lì traspare qualcosa di che persona sei, di come sei fatto e di quali sono i tuoi obiettivi. I miei obiettivi sono sempre stati quelli di fare più risultati possibili per la Roma, senza nessun altro. Purtroppo io ho il mio ruolo. Non so se sono stati corretti o scorretti, ognuno li valuta come vuole. Continuo così su questa linea fino a domattina, per cui se qualcuno volesse rimanere...
Perché questo rapporto si interrompe?
L’ho già detto un po', l'ho fatta lunga con Mangiante. A me la situazione che si è venuta a creare disturba e dispiace. Questa divisione dispiace, e probabilmente ho sbagliato qualcosa se viene fuori questa divisione, ma probabilmente. Secondo me no, secondo me non ho sbagliato niente. Però vedo che poi ci sono tante persone che domenica mi hanno fischiato e a me i fischi non mi sono piaciuti, mi hanno fatto male perché non me li merito. E se quelle persone io le incontrassi una per una ed entrassero nella mia testa per un solo momento, ad esempio quando abbiamo perso con il Lione, con i nostri ‘vicini di casa’. Ci sono due squadre qui a Roma, per cui quando abbiamo perso con quelli che stanno a cuore a qualcuno qui dentro. Purtroppo abbiamo perso queste partite fondamentali, ma se loro fossero stati per un solo minuto nella mia testa in quelle partite perse non avrebbero fischiato domenica.
Cosa manca a questa Roma per vincere? I risultati parlano di una Roma spesso seconda.
Quello è il limite che si vuol dare a questo sport. Cosa manca alla Roma per vincere? Io pensavo di avere delle qualità dentro la squadra, perché con i direttori precedenti e con il presidente abbiamo cercato di allestire una squadra, sempre facendo uso delle potenzialità che avevamo a disposizione. Poi ci sono anche gli altri, bisogna fare valutazioni obiettivo: la Juve ha meritato di vincere, non ha permesso di metterci mano a nessuno. Poi c’erano altri obiettivi e altre possibilità per vincere, e invece quelle partite e quegli obiettivi li abbiamo falliti. C'è stato un po' un cambiamento di squadra, andando a cercare caratteristiche e qualità che ti diano ancora più forte. Nell'intervista di ieri sera ho detto che lo scorso anno la squadra era un po' più corta, quest'anno si è un po' allungata. Avevamo due calciatori che venivano a prendere la palla sui piedi, avevamo Keita che è un maestro nel muovere la palla sullo stretto. Giustamente oggi si danno meriti alla qualità del gioco del Napoli, ma noi lo scorso anno avevamo caratteristiche che gli somigliavano molto. Avevamo giocatori come Keita e Pjanic, che sono maestri in questo fraseggio e questa qualità di palleggio nello stretto. Maestri. Quest'anno ha deciso di fare una scelta diversa, che ha pagato ugualmente ma che ha fatto percorrere una strada diversa alla squadra, e la squadra si è allungata. Ci sta poi un calciatore forte ad andare dietro la linea difensiva, a mettergli questa palla passante per il secondo palo: Edin Dzeko. Ha fatto tantissimi gol, eppure anche quest'anno lo abbiamo messo in discussione perché in delle partite è sembrato al di sotto di quella che dovrebbe essere la prima punta, lo striker della Roma. Immaginiamoci le potenzialità che ha per il futuro. E' un ragazzo perbene, un po' sensibile. Se quando fa gol Totti o un altro che si chiama con un nome che ci piace, si scrive che Dzeko vuole andare via, a lui questo disturba. E' sempre quest'unità di assieme, questo corpo unico che va tutto forte nella stessa direzione. La cosa che traspare agli occhi di tutti è che la Roma è una squadra forte con altrettante squadre forti. All'inizio del campionato il Milan, l'Inter, la Roma, la Juventus, il Napoli... sono tutte pretendenti a vincere per la storia che hanno. Poi chiaro che c'è da percorrere una strada lunghissima e difficile. Ci sono delle sterzate e prese di posizione da fare. Io sono sicuro che con l'arrivo di Monchi, che è uno di campo, abituato a stare vicino alla squadra e a parlare lo stesso linguaggio degli allenatori e dei calciatori, e ha visto quali qualità ci vogliano visto che lui ha vinto qualcosa negli ultimi anni... Se si riesce a farlo lavorare per bene, darà e farà dare un contributo maggiore a questa squadra con le capacità che ha e la voglia di Pallotta che ha. Non è detto che il calciatore più forte sia soltanto quello che è stato bravo l'anno precedente. Ci sono altre qualità che vanno adoperato, altrimenti Dzeko non sarebbe stato questo in questa stagione. Vanno fatti lavorare con tranquillità, vanno fatti scegliere e vanno supportati. Tutti nella stessa direzione. Io ero arrivato secondo precedentemente, sono arrivato secondo quest'anno. Non è andata bene come avrei voluto, però non vorrei sentir dire che questa seconda edizione è stata di passaggio. Ci sono dei contenuti importanti che vanno portati dietro per fare una Roma altrettanto più forte.
Nella gestione delle difficoltà, si è mai sentito un po' lasciato solo dalla società?
Sono piccolezze, pettegolezzi che non voglio fare. Ti interrompo perché non mi è mai piaciuta questa linea. A volte l'ho dovuta contestare. Sono conferenze che non mi piacciono.
Può dirci chi è che non ha remato nella stessa direzione?
L'ho detto. Ho parlato di quella che è la coscienza mia e quella di altri. Io ho fatto il mio lavoro. Penso che Francesco sia un grandissimo calciatore, lascia un vuoto difficilmente colmabile. Stiamoci attenti. Spero che, come mi sembra che pensi il direttore, gli venga dato un ruolo importante per il passato e la storia che ha. Ora c'è bisogno ancora di più di fare gruppo, di stare più uniti e più vicini. Perché l'esaltazione di un singolo elemento, portata ai massimi livelli, disturba anche l'elemento stesso nel calcio. Cosa che lui non ha subìto perché è l'Assoluto, perché come si è detto è stato forte anche dentro questa esaltazione assoluta. Si è preso le responsabilità lo stesso di quello che gli era stato dato. Però poi appiattisce gli altri. E quando io difendo gli altri, per voi questo è andare contro di lui, è e non è così. Siccome non ci sono riuscito in un anno e mezzo, vuol dire che ho fallito nella cosa più importante. La Roma ha potenzialità importanti: di struttura, ambientali, di forza di città. La prima cosa che volevo fare era riuscire a compattarli per lo stesso obiettivo. E non ci sono riuscito, mi dispiace.
Non le dispiace essere ricordato come il nemico di Totti dopo tanto bene che ha fatto alla Roma? Se non ci fossero stati i fischi di domenica scorsa, sarebbe rimasto o sarebbe andato via lo stesso?
Come nemico di Totti, fa sempre parte della coscienza di chi vede il nostro rapporto, e potrei citare qualcuno. Se si va a sentire quei 3 o 4 che avete sentito per tutto l'anno, ripetono le stesse cose. Sono diventati dei ritornelli. Spero che ci sia qualcuno, come ho visto avendo ricevuto qualche messaggio, che comprenda la scelta che in alcuni momenti ho fatto. Ci sono dei dati tecnici a stare di qua che diventano fondamentali per fare delle scelte e portare avanti un discorso. Quando sono arrivato, la Roma era in difficoltà di gioco, non c'erano molti leader, non c'era una situazione che lasciasse intravedere un'uscita veloce e repentina da questa situazione. Ho dovuto prendere decisioni che poi hanno portato ad un percorso, e probabilmente Francesco è stato tra quelli che ho ringraziato di più, avendolo penalizzato perché l'ho fatto giocare di meno. Anche qui vorrei non me ne volesse o non scatenare un putiferio. Se lui ha giocato poco e questa Roma ha fatto il record di punti della storia, ci sarà anche la possibilità di avere un altro modo di fare per arrivare alla vittoria. Questo senza togliere niente a quello che è stato lui, a quel fenomeno che ci ha fatto vedere queste giocate impossibile, queste anticipazioni. E' dalle giocate e dall'estro del campione che si tira fuori un concetto di una squadra, come facevamo vedere ieri in tv. Ho preso le sue qualità per mostrare una strada ai compagni di squadra. Chiaramente c'è sempre la volontà di ognuno e il voler sintetizzare quello che ci pare. I fischi? I fischi partono da lontano, da quando sono arrivato. Con gli applausi non sarebbe cambiato niente, perché il percorso l'ho fatto. Voi ogni tanto dite 'la gente ci scrive, ci dice'. Io la gente la incontro. Mi aspettano a casa, fuori dal cancello sia di Trigoria che di casa. Voi sapete bene che è così, tanto che c'è un modo di dire qui a Roma. 'Gli allenatori non li mandiamo via quando sono a Roma, vanno via da soli'. E' un vostro modo di dire. Perché? Perché c'è tutto questo contorno che poi si verifica... a me disturba un po' meno, ad altri ha disturbato di più perché dopo 3 mesi ha preso e ha smesso di lavorare con la testa per questo disturbo voluto di metterlo contro Totti. Volontà assoluta di creare il problema alla Roma. Per voi questo è avercela con Totti, che è un'altra cosa. Io continuerò a dire sempre così e con Totti rimarrò amico. Anzi, ora che ha deciso di lasciare e si renderà conto che è altrettanto bello il dopo, perché il direttore glielo farà conoscere, diventeremo stretti amici, amicissimi. E chissà che una volta non si possa raccontare una storia insieme, e che lui stesso non capisca anche che questo fatto dell'esaltazione assoluta che toglie qualsiasi contenuto, e che diventa solo un 'io', mentre si perde di vista e si toglie il 'noi' alla squadra, ovvero la prima qualità che deve avere una squadra. Per lui giustamente siamo stati tutti un po' più disponibili verso gli altri. Per me i calciatori non sono tutti uguali, per me sono differenti. Guardo chi viene prima all'allenamento, chi si impegna di più, chi può dare la giocata. Guardo tutte le cose, tutte le componenti del riempimento della partita. Voi non so se le avete guardate tutte o se ne avete vista una sola. Si è parlato sempre di questo dualismo. Se ero io, io vado via e a a questo punto spero che Francesco continui. Se tutti si è d'accordo, società esclusa, continui. Non sono stato io quello che l'ha fatto smettere, lui ha smesso da solo, perché anche l'età che ha secondo me gli impone di smettere. Anzi. L'avrò fatto smettere o l'avrò fatto giocare un anno in più? Vediamo e facciamo un sondaggio. Secondo me l'ho fatto giocare un anno in più. Gli ho voluto strabene.
Fino al 26 febbraio la Roma andava a 200 all’ora. Da un mese lei avvertiva che ci sarebbe stato un iceberg in lontananza. Infatti poi le coppe sono andate male in quella settimana di marzo in cui ci sono stati impegni ravvicinati. Visto che lei l’aveva previsto, perché non è riuscito a schivare quell’iceberg?
Perché non sono riuscito a lavorare bene con la squadra, a creare quel muro che impedisse di perdere queste partite. Di errori ne ho sicuramente commessi, funziona così. Commettiamo tutti gli errori, e qualche volta bisogna tentare di giocare anche d'anticipo con la squadra. Come dopo il derby perso, siccome si andava giustamente dietro all’idea collettiva che il Napoli avesse un calendario migliore del nostro. Era così. Quella settimana del derby perso, dentro gli spogliatoi si percepiva e si annusava questo timore, questa mancanza di trovare delle risorse che reagissero a questa sconfitta. Avevamo davanti Milan e Juventus, allora si è cominciato a lavorare a livello mentale per trovare un solo motivo. Abbiamo lavorato bene lì. Siamo andati a Milano e la Roma è stata rimbalzata dal derby perso a San Siro. Derby perso, poi un rimbalzo ed eravamo dentro San Siro. Probabilmente in quel momento quello che è stato il tentativo non è riuscito così bene, o addirittura ho commesso errori che hanno limitato la squadra. Se poi si vuole vedere come un limite quello che è successo nella sua globalità quest'anno, o se è un mancato successo il fatto di non aver portato a casa titoli, state attenti perché erano passati degli anni e c’è il rischio che ne ripassino altri se non si fa un corretto dosaggio di quelle che sono le richieste che vogliamo fare ad una squadra di calcio ed una società. Vanno fatte richieste obiettive. Naturalmente ci vogliono anche spiegazioni altrettanto obiettive. Bisogna far rendere conto, bisogna far partecipare, bisogna che ci sia più un contatto diretto con questa massa e questi cuori senza che ci siano tramiti. Monchi, perché è il responsabile tecnico della squadra ed è quello che conta ora, e il sentimento degli sportivi. Direttamente, senza tanti mediatori. Io spero che parli molto alla gente, a quelli che vogliono bene alla Roma e a quelli che hanno a cuore le sorti della Roma.
Ci può dire quando ha pensato che non avrebbe continuato il rapporto con la Roma?
E' stato un pensiero che si è maturato con il percorso. Non c'è un solo episodio. Dici delle cose, poi le devi mantenere perché io, da persona schifosa ma perbene, le mantengo. Esprimi delle idee, esprimi delle cose che devono venirti da dentro la squadra per avere un buon rapporto. E io ho un rapporto bellissimo. Pensavo di poter stimolare ancora di più questa squadra e questi calciatori perché ero convinto di vincere, e l'ho detto. Poi chiaramente non si può tornare indietro quando dici una cosa più volte. E c'è tutto il carico di tutte quelle cose che vengono dopo. Anch'io vengo presto a lavorare la mattina. Molto presto. Vado via tardi, a volte sto anche a divertirmi in palestra con i miei collaboratori. Secondo noi stare insieme con i fisioterapisti, il dottor Del Vescovo, i collaboratori... ritrovarsi in palestra dopo l'allenamento tutti insieme è un motivo per parlare ed ascoltare, per poter dire ognuno la sua. Qualcosa di importante viene sempre fuori. Avevo questo modo di fare di stare delle lunghe giornate qui a Trigoria, per cercare di sfruttare tutte le cose. E' step dopo step che si matura la decisione, non è un solo episodio, se no diventa come quello che va dentro e poi ha il culo a vincere una partita. Una decisione è sempre figlia di un modo di ragionare, il risultato di un modo di fare, di una follia ambientale in positivo come quella che si è vista domenica. Siamo stati tutti coinvolti emotivamente da quest'evento bellissimo, straordinario ed incredibile, che mi sono filmato e che terrò con me.
Sabatini ha detto che lei è un forte candidato per l'Inter. Lei lascia una squadra che va in Champions League per andare in una che non farà nemmeno l'Europa League. Che segnale è? Quanto si deve preoccupare il tifoso della Roma? Quanto la può far star tranquillo Di Francesco?
Di Francesco è stato annunciato? Era una trappola o un ritenermi un po' coglione? Rispondo quello che voglio io, come sempre. In questo caso qui, ripeto la stessa cosa: prima di tutto io sono una persona libera e faccio quello che voglio, vado a prendere contatti con chi voglio, telefono e ricevo telefonate da chi mi pare. Questo da qui in avanti, fino ad ora non è stato così. Siccome delle voci ci sono, a tutti coloro che hanno tentato di avere dei contatti dico che mi interessava finire in questa maniera di fronte a tutti gli sportivi della Roma. Monchi lo sa che è così. Poi quella che è l'idea che si fa la gente su quelle che sono le mie scelte, non lo so. Secondo me ci sarà chi reagisce in un modo, chi un altro, come è giusto che sia. Quello che verrà detto non è che mi disturbi più di tanto, poi a volte si fa finta che qualcosa ti disturbi perché si usano delle cose da portare dentro, da rimarcare, da reagire, da passarci sopra. E' così. La Roma muove tante situazioni. Non mi interessa e non lo voglio neanche sapere. Ognuno si tiene per sé il suo pensiero. Io da qui in avanti comincio a parlare con quelli che vorranno fare uso della mia persona come allenatore, come metodo e come faccia. Si usa tutto per andare a rendersi conto di che persona tu hai davanti. E' una cosa normale, naturale. Vado fuori e inizio a telefonare a questo e quell'altro non per il calcio, ascolto se qualcuno mi vuole telefonare per il calcio, se mi piace quello che uno mi propone, organizzo il mio prossimo futuro. Se non mi piace, non organizzo nulla.
Un giudizio su Di Francesco? Persona giusta per prendere la sua eredità? Il mancato mercato di gennaio è stato il motivo che ti ha spinto a pensare di andare altrove?
Spero che il prossimo allenatore della Roma sia uno tra Montella e Di Francesco perché loro due conoscono la Roma, hanno fatto vedere quello che ho tentato di dire. Hanno delle qualità umane che ci vogliono, oltre a quelle di allenatore. Secondo me a tutte e due il ricordo della Roma non è stato cancellato nonostante gli sviluppi professionali. Il mercato di gennaio? Mi vuoi far parlare male della società? Da loro ho ricevuto tutto quello che dovevo ricevere. Quando si va lì, io vengo ad allenare la Roma e mi interesso di quelle che sono le caratteristiche che abbiamo come possibilità, per cui dico ci sto. Poi non vai a dire che mi hanno detto una cosa per un'altra, e via dicendo. In quel momento ho preso i calciatori che mi stavano bene. Anzi, probabilmente c’era la possibilità di far entrare un calciatore ed io per difendere la mentalità e il carattere di un altro che già avevo a disposizione, ho detto di lasciar stare così e di andare avanti. Ritenevo più importante rafforzare la posizione del far star tranquillo un calciatore invece che mettergli il dubbio della competizione con un altro che non ritenevo alla sua altezza. Pallotta, nel suo modo di fare sport, nel suo modo di essere presidente, ha fatto vedere che vuole investire. Ha fatto vedere cose importanti. Ragazzi, Pallotta vuole fare lo stadio per la Roma. Pallotta vuole fare lo stadio per la Roma. E si mette in dubbio che lo stadio lo faccia per interessi suoi? Qual è il dubbio che si vuol dare? Mannaggia ragazzi. Ridiciamolo Mangiante: ‘Famo ‘sto stadio’. Va fatto lo stadio. Diventa tutto più facile per la Roma, per il calcio, per chi vuole bene a questo sport, a questa squadra. È lì lo sbocco, la chiave per avere più introiti e più lavoro per le persone, più calciatori di qualità, più spettacolo per fare andare tutti allo stadio. Non sono le divisioni e le minacce, l'aspettarti a casa, il 'fai giocare questo se no noi non possiamo giocare', oppure il 'deve vincere quell'altro perché...'. Ci si va a confrontare e chi ne ha di più vinca. C'è una citazione di un cantautore romano importante, che sulla tomba ha fatto scrivere questo epitaffio: 'Non escludo il ritorno'. Mi garba questa cosa qui.
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