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Nainggolan, la Juve e gli ‘aiutini’: ecco perché il belga non può essere deferito

Polemiche per le dichiarazioni contro i bianconeri ma il centrocampista non rischia il deferimento. L'articolo 5 del Codice di Giustizia Sportiva spiega il motivo

Jacopo Aliprandi

“Odio la Juve perché ha sempre vinto per un rigore, per una punizione. Sono venuto alla Roma perché volevo provare a vincere contro di loro, che hanno sempre avuto questi aiuti”. Le dichiarazioni di Radja Nainggolan, riprese di nascosto con un telefonino, hanno scatenato l’ira dei tifosi bianconeri e suscitato polemiche nel mondo del calcio. Parole che secondo alcuni, potrebbero portare anche a un deferimento del giocatore, per altri invece – come la Roma stessa - verranno solamente archiviate senza sanzioni.

SI’ AL DEFERIMENTO –“Ai soggetti dell’ordinamento federale è fatto divieto di esprimere pubblicamente giudizi o rilievi lesivi della reputazione di persone, di società o di organismi operanti nell’ambito del CONI, della FIGC, dell’UEFA o della FIFA”. Il comma 1 dell’Articolo 5 del Codice di Giustizia Sportiva fin qui è chiaro: chi è tesserato non deve rilasciare dichiarazioni lesive ad altri tesserati o società. In questo caso Nainggolan, qualora avesse parlato in televisione (esempio Lulic su Ruediger), sarebbe dovuto essere deferito senza ombra di dubbio.

NO AL DEFERIMENTO – Secondo la Roma invece non ci sono le basi per un deferimento del calciatore o del club giallorosso (“Le società sono responsabili, ai sensi dell’art. 4, delle dichiarazioni rese dai propri dirigenti e tesserati”). Tutto sta quindi nell’interpretazione del comma 4. “La dichiarazione è considerata pubblica quando è resa in pubblico ovvero quando per i destinatari, il mezzo o le modalità della comunicazione è destinata ad essere conosciuta o può essere conosciuta da più persone”. Le parole di Nainggolan quindi possono essere considerate pubbliche sebbene il giocatore non fosse a conoscenza della ripresa video fatta con il telefonino? Il fronte del 'no' naturalmente sottolinea il fatto che “il mezzo o le modalità della comunicazione”non sono destinate ad essere conosciute, poiché il soggetto in questione non era consapevole dello strumento di comunicazione.