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Fonseca: “Tanti infortuni inspiegabili e senza precedenti. Per vincere servono giocatori decisivi”

LaPresse

Il tecnico giallorosso: "Soares del Porto? Lì non cerchiamo giocatori. La Roma è la mia grande sfida. Smalling mi ha sorpreso. Le migliori prestazioni contro Milan, Napoli e Fiorentina "

Redazione

Continua la quarantena in attesa che il campionato possa riprendere. Nel frattempo il mister della Roma, Paulo Fonseca, è stato intervistato dal quotidiano sportivo A Bola: è qui che il tecnico giallorosso, oltre a parlare del calcio portoghese, apre una parentesi sul particolare momento passato a Roma tra le mura di casa, sulla sua squadra e sui retroscena del suo arrivo nella Capitale.

Traduzione a cura di Saverio Grasselli

Come vanno le cose in Italia? Luis Castro ha detto ad Expresso che era più difficile andare al supermercato che giocare con l'Atalanta....

"Direi che l'Atalanta è più difficile! La situazione a Roma è più o meno sotto controllo. Nel nord del paese è tutto più complicato. In questo momento Roma è una città completamente deserta. Quando vado al supermercato non ho difficoltà. Non si vede nessuno per strada, le persone stanno facendo quello che gli è stato chiesto di fare. Nel nord Italia la situazione drammatica è in Lombardia".

E' stato uno dei primi allenatori a ribellarsi contro i rinvii parziali. Le squadre del nord non hanno giocato diversamente da quelle del sud. Ci sarebbe potuta essere un'altra gestione da parte della federazione italiana?

"Sinceramente, ho pensato che si sarebbe dovuto fermare tutto, era quello che sostenevo. Non era giusto che alcune squadre giocassero e altre no. Ci saremmo dovuti fermare tutti nello stesso momento. Il calcio coinvolge molte persone, i viaggi allo stadio lo rendono un mezzo di contagio quasi incontrollabile. Sarebbe dovuto succedere a tutti allo stesso momento. Comprendo tuttavia che si tratta di una situazione nuova".

Questa breve stagione sarà più complicata di una stagione normale? C'è il rischio che i giocatori siano svantaggiati perché isolati in casa?

"I giocatori si mantengono in attività. Non si allenano a calcio, ma lavorano sulla condizione fisica individuale. Non credo che arrivino come in un normale pre-stagione.  E' una situazione nuova. Dovremo accelerare i processi più velocemente dal punto di vista fisico in modo che, se possibile, saremo pronti in poche settimane per iniziare la competizione".

Quando stava per lasciare lo Shakhtar aveva espresso il desiderio di allenare in Inghilterra e le sarebbe piaciuto provare anche la Germania, ma il destino lo ha portato in Italia. Quando ha firmato con la Roma, qual è stato il primo pensiero sulla squadra?

"Ho sempre pensato che l'Italia fosse una grande sfida per gli allenatori, soprattutto per quelli che vengono fuori dal paese. Ho sempre avuto l'ambizione di allenare nei migliori campionati europei, in Italia c'è un campionato molto difficile, se non il più difficile dal punto di vista tattico. Ero emozionato quando il mio manager, Marco Abreu, mi ha detto delle diverse disponibilità e che tra quelle c'era la Roma. Chiaramente mi sono focalizzato sul diventare l'allenatore della Roma. Un anno prima ci giocai contro (con o Shakhtar in Champions) e ho visto l'ambiente dell'Olimpico e il modo appassionato in cui i tifosi vivono il club. La città era qualcosa che mi attraeva. Una serie di cose si sono unite e mi hanno portato a scegliere Roma. E non il problema finanziario. C'erano proposte più allettanti dal punto di vista finanziario. Volevo mettermi alla prova in un campionato in cui le cose, tatticamente, sono diverse da tutti gli altri paesi. In questo momento confermo il mio pensiero". 

Qualche giocatore che le interessa del campionato portoghese?

"Per la stampa tanti, l'ultimo e' Tiquinho Soares. In questo momento no, non penso a nessun calciatore del campionato portoghese".

Questo shock tattico è stato più o meno grande di quello che si aspettava?

"Non parlerei di shock tattico. Ma era più di quanto mi aspettassi. In Italia possiamo pensare e trovare tutti gli stili di gioco. Ognuno ha la propria storia. Qui si incontrano squadre che marcano a uomo, altre che difendono basso, altre ancora che pressano alto. Ci sono poi squadre che cambiano strategia durante la partita. La strategia è importante per vincere. Senza rinunciare ai miei principi, mi piace giocare con una difesa alta e una squadra molto corta. Qui mi sono dovuto adattare rapidamente al controllo della profondità. In Italia è quasi un'ossessione. Sono alcuni esempi per dire che ogni gioco ha una storia differente. E' difficile, ma attraente. L'adattamento è stato importante e ora mi sento evoluto dal punto di vista strategico".

Mkhitaryan ha elogiato lo stile offensivo della Roma. È stato facile trasmettere l'idea del gioco ai giocatori?

"Lo è stato, sì. Fin dall'inizio i giocatori hanno accettato la nostra idea di gioco. In questi club tutti i giocatori amano avere la palla e diano correrle dietro. La nostra idea di gioco esalta le migliori caratteristiche dei giocatori. A loro piace un atteggiamento coraggioso, c'è stata subito accettazione da parte loro".

Qual è stato il peso dell'infortunio di Zaniolo in questa stagione?

"È stato grande, proprio come gli altri. Quest’anno ho vissuto qualcosa senza precedenti con così tante lesioni traumatiche. Non mi era mai successo in carriera. È quasi inspiegabile. Non sono lesioni che possiamo controllare. Non solo quella di Zaniolo, che è arrivata in un grande momento. Diawara era importante, Mkhitaryan è stato fuori due o tre mesi. In più Pellegrini, Cristante, Zappacosta, Dzeko, Perotti, Pastore, Kluivert, Under... Non sono mai stati tutti disponibili contemporaneamente. Quindi è stato difficile trovare stabilità nella squadra con così tanti infortuni, ci sono stati momenti difficili, non avevamo giocatori per una psicosi del genere. Ma la squadra ha mostrato carattere, si è unita e ha lottato contro questa difficoltà. Ho un gruppo di lavoro molto solidale, è stato importante in questo momento difficile. Quando non abbiamo questi giocatori, è sempre molto difficile".

Zaniolo, Kluivert e Under sono molto giovani, ma la squadra ha anche giocatori come Kolarov e Dzeko. Qual è il progetto del giocatore che la Roma cerca?

"La Roma sta seguendo una strada per il futuro. Siamo la squadra più giovane del campionato. Abbiamo Mancini, Pellegrini, Diawara, Kluivert, Under e Villar, che siamo andati a prendere dalla seconda divisione spagnola, abbiamo Perez, che è arrivato dal Barcellona. In questo momento la Roma, per vincere, deve avere giocatori decisivi. E questi sono più esperti. La Roma non vuole pensare solo al futuro, ma deve tornare alla vittoria. Questa combinazione di giovani con esperti è fondamentale per il futuro di Roma".

I fan della Roma hanno questa comprensione?

"Questo è un club enorme, abituato a lottare per i titoli. Ho sempre sentito un grande sostegno e comprensione dai tifosi. Anche questo gennaio, quando abbiamo un momento più difficile, non abbiamo mai avvertito rabbia da parte loro. Sono unici, fantastici nel modo in cui vivono il club. La loro passione è impressionante, mi sento molto tranquillo su questo".

È più importante per un allenatore vincere titoli o lasciare un segno sui giocatori?

"I titoli sono per la storia e finiscono nei libri. La cosa più importante per me è come posso lasciare un segno sulle persone che lavorano con me, quelle che posso aiutare ad essere migliori. Mi dà più piacere che essere esaltato per i titoli. In Portogallo dicevo di avere tanti figli in squadra? Ce l’ho anche a Roma! Abbiamo un'atmosfera fantastica qui nel nostro gruppo".

Ruben Amorim allenava il Braga ed è costato allo Sporting 10 milioni. Ritieni che sarà sempre più comune per un allenatore costare come alcuni giocatori?

"Perché no? Perché un giocatore può essere trasferito e un allenatore no? Se i club capiscono che la scommessa su un allenatore vale quei soldi perché no? Se Ruben Amorim ottiene risultati e valorizza i giocatori dello Sporting, quei 10 milioni non rappresenteranno nulla. Se un club assume un allenatore per 10 milioni e poi vende giocatori per 100 milioni è un ottimo affare".

Come gestisci la pressione? Il tuo è un percorso che inizia nelle giovanili dell’Estreda e ora arriva a Roma.

"La più grande pressione è quella che metto su me stesso, ma la gestisco bene. È enorme qui a Roma. Ma se non l’avessi cercata non potrei aspirare ad allenare un grande club come questo. Durante la mia carriera ho avuto momenti di grande stress che mi hanno permesso di vivere questa situazione in modo diverso".

Cosa hai appreso da ogni club in cui sei stato per la tua crescita professionale e personale? A partire dall’Estrela, Pinhalnovense, Porto e le altre.

"La cosa più grande che porto con me sono state le relazioni personali che ho costruito con i miei presidenti, direttori, medici, fisioterapisti, dipendenti e giocatori. Ci sono club in cui ho imparato di più sotto alcuni punti di vista rispetto ad altri. Posso essere molto aperto. Quello che ho vissuto con il Porto mi è estremamente importante oggi. Un grande lezione che ora mi aiuta a gestire la pressione in modo diverso".

Qual è stata la miglior partita che hai visto in questa stagione? Può essere della Roma o di qualsiasi altra squadra

"Il miglior gioco? Forse nostro. Mi sono davvero piaciute le nostre gare con Fiorentina, Milan e Napoli, in un momento in cui la nostra squadra stava avendo grandi difficoltà. Abbiamo disputato dei bellissimi match".

Gattuso, tecnico del Napoli, mette paura anche dalla panchina?

“No (ride). E’ una persona molto espansiva, ma non ho ancora giocato contro di lui. Ho giocato contro Ancelotti, grande signore del calcio. Ho un enorme rispetto e ammirazione per lui, è stato un onore conoscerlo”.

Qual è i miglior derby? Roma-Lazio, Braga-Guimaraes o Paços de Ferreira-Fremunde?

“Credo che non ho mai giocato Paços de Ferreira-Fremunde, è stato l’unico che mi manca. Braga-Guimaraes è un derby molto intenso, ma non ho mai vissuto una gara come Roma-Lazio. E’ una partita unica”.

Quale è stato il giocatore avversario che le ha dato maggiori problemi in questa stagione?

“Diversi. Papu Gomez, Ilicic, Immobie, Cristiano Ronaldo, Dybala. Lo stesso Lukaku. In Serie A c’è un gruppo di giocatori de grande qualità che riescono da soli a risolvere le partite”.

Ha mai sognato di stare dove si trova?

“Onestamente sì. Ho sempre sognato di arrivare in uno dei più grandi campionati europei, in un grande club come la Roma. Sono innamorato di questo club. Sto vivendo momenti che non cambierei con nessun altro”.

Ricorda i primi undici degli juniores dell'Estrela da Amadora?

"No, ma ricordo alcune cose molto belle di quell'anno. Sono stato molto più che un allenatore (anche autista). Non ci allenavamo ad Amadora ma a Cacem. Io e il mio vice guidavamo i furgoni con i giocatori. A volte non c'erano abbastanza giocatori. Ci siamo dati l'obiettivo di realizzare un gioco. E' stato un anno di gradi difficoltà ma che ricordo con molta nostalgia. Mi ha insegnato tanto".

Le manca il sintetico di Pinhal Novo?

"Provo nostalgia per qualunque club dove sia stato. Mi è piaciuto molto allenare il Pinhalnovense. Oggi faccio ancora amicizia quando sono in città. Era un momento diverso della carriera".

Se potesse ripetere una partita della sua carriera, quale sceglierebbe?

"Non so se la vorrei ripetere nelle stesse condizioni. A livello emotivo mi ricordo de un Braga-Sporting per la Coppa di Portogallo. Abbiamo vinto 4-3.E il momento della Coppa, la finale con il Porto fu emozionante. Ho passato bei momenti anche allo Shakhtar. Ma la partita più emozionante, eliminando i derby con la Roma, continua ad essere quello scontro con lo Sporting. Non lo dimenticherò mai".

Dove si sente a casa, da allenatore che ha girato molto? Barreiro, Pacos de Ferreira, Kiev o Roma?

"Barreiro è il luogo in cui sono nato e cresciuto. Ogni volta che posso visito il mio paese e gli amici. E' sempre più difficile ma è la città che mi ha cresciuto. Ho un legame speciale con Pacos de Ferreira, le persone, la squadra,  gli amici e la città. Avevamo uno staff fantastico al lavoro nel club, che vive ancora lì. Mi ha accolto molto bene. Sono città che amo, adoro la loro gente. Kiev ha trasformato la mia vita, non solo a livello professionale ma anche su quello personale. Ho un grande legame che mi unisce all'Ucraina, ho casa a Kiev. Roma è fantastica. Adoro vivere qui, adoro il club, la città e mozzafiato, con una vita fantastica. Mi sto appassionando a Roma. E' difficile scegliere una città, mantengo un legame speciale con tutte quelle in cui ho vissuto".

Su Smalling...

"Mi ha sorpreso. E’ un difensore che non era mai uscito dall’Inghilterra ed è arrivato in un campionato molto esigente dal punto di vista tattico, dove un dettaglio fa la differenza. Chris si è ambientato rapidamente. E’ un ragazzo straordinario, molto intelligente. Ha caratteristiche che apprezzo molto nei centrali. E’ veloce, e quasi imbattibile nell’uno contro uno. Ha grandi capacità di lettura di gioco e di anticipo. E’ stato molto importante per la nostra squadra. Se è possibile io vorrei che restasse”.