Mauro Baldissoni, direttore generale della Roma, ha rilasciato alcune dichiarazioni al sito ufficiale del club giallorosso. Ecco le sue parole:
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Baldissoni: “Con Sabatini non c’erano più vedute comuni. Barriere? La gente si sente in gabbia”
"E' impossibile fare solo scelte giuste, siamo riusciti a strappare giocatori a squadre rivali. La Roma è nota in tutto il mondo per la passione dei suoi tifosi, più che per i trofei vinti."
Un giudizio su Walter Sabatini?
"Il direttore Sportivo è una delle figure chiave in un club. Gli allenatori hanno un impatto più legato alla squadra e al campo. Un direttore sportivo, invece, deve gestire le partenze o i cambiamenti in un lasso di tempo maggiore rispetto a un tecnico. Sabatini ha trascorso cinque anni alla Roma, un periodo molto lungo. E in questi casi le dinamiche possono anche cambiare. Quando non si hanno più vedute in comune sugli aspetti decisionali relativi alla squadra è tempo di cambiare. Non c’è niente di sbagliato o di strano in questo. Sono cose che succedono. La cosa importante, però, è che la società riesca a mantenere una certa stabilità e coerenza dal punto di vista operativo e decisionale. Questo è quello che credo stiamo facendo. La promozione di Ricky Massara, che aveva già lavorato con Sabatini in precedenza, è una garanzia di continuità dei buoni risultati ottenuti negli ultimi anni. È impossibile fare solo scelte giuste. Tutti commettiamo degli errori. Per esempio siamo riusciti a strappare un paio di giocatori fortemente richiesti da squadre rivali, che alla fine non sono riusciti a esprimersi al meglio. Questo non significa che non erano le scelte giuste in quel momento. L’interesse delle altre squadre legittimava le nostre intenzioni, che poi si sono rivelate sbagliate soltanto perché il giocatore non ha reso come ci si aspettava. Tutto questo fa parte del calcio.Anche sapendo che alcune scelte poco felici saranno inevitabili, bisogna lavorare sempre con l’obiettivo diridurre il livello degli errori, avendo a disposizione più elementi. Più dati e più tempo, assieme a una pianificazione appropriata per verificare le scelte, aiutano a ridurre i rischi di giocatori che non rendono, ma evitare del tutto questi rischi è impossibile. La bravura di Walter sta proprio nell’abilità di scovare giovani talenti e di vedere in anticipo la loro potenziale crescita. Lo aveva fatto anche con altri club prima del suo arrivo alla Roma. Con noi ha confermato le sue qualità, soprattutto all’inizio. Un dettaglio fondamentale per aumentare la nostra competitività, rispettando allo stesso tempo i vincoli finanziari, grazie ai fondi ottenuti con le cessioni di giocatori comprati all’inizio del loro processo di crescita. Andando avanti, stiamo cercando di essere sempre più organizzati e strutturati".
Questione barriere...
“Vale la pena ricordare che ogni nostra azione è rivolta ai tifosi. La Serie A organizza le partite con uno scopo: offrire un intrattenimento sportivo a chi viene a vedere il match. I tifosi costituiscono una parte essenziale del gioco. Fa parte dell’esperienza, che altrimenti non funzionerebbe. Senza il cuore dei tifosi, si perde l’essenza di tutto ciò che ci impegniamo a organizzare. Il gioco non è costituito solo dai giocatori in campo, ma anche dai tifosi. Sono l’altra faccia della stessa medaglia, parte dello stesso meccanismo. È come se si organizzasse un concerto e lo si guardasse in TV: la musica sarebbe la stessa, magari il sound sarà pure gradevole, ma mancherebbe la folla, per cui non avrebbe senso organizzare l’evento. È proprio questo il punto. Soprattutto nel caso della Roma, i tifosi della Curva Sud appartengono ancora di più alla sua storia del Club. La Roma è nota in tutto il mondo per la passione dei suoi tifosi, più che per i trofei vinti nel corso della storia. Senza dubbio, la Curva Sud era l’emblema del tifoso di calcio”.
Curva Sud?
“In Italia, dire Curva Sud è come indicare una folla chiassosa, intensa e appassionata, anche in contesti diversi da quello calcistico. Significa passione, rumore: è l’emblema di ciò che si cerca in un evento di intrattenimento. Se manca quella parte, manca l’essenza stessa del nostro lavoro. Senza di loro, si perde uno degli obiettivi delle nostre azioni. Stiamo lavorando sodo per trovare una soluzione. Non è facile perché dobbiamo affrontare problemi legati alla di sicurezza. Per cui quando qualcuno ci dice che agisce in nome della sicurezza delle persone, in realtà non possiamo affermare che non sia vero. Dobbiamo rispettare il loro scopo, anche se a volte non ci troviamo d’accordo con le decisioni prese. Bisogna lavorare sodo e dimostrare loro che la sicurezza può essere comunque garantita: senza installare barriere nello stadio. Più metti barriere e ostacoli, meno la gente si sente al sicuro. Si sente come messa in gabbia o in qualche modo limitata. Questo vale in generale, per tutte le barriere all’interno dello stadio, non solo per quelle della Curva”.
Ci sono sviluppi per risolvere la situazione allo stadio?
“È anche una battaglia culturale: insistiamo nel dire che alle persone va offerto l’ambiente migliore affinché possano godersi lo spettacolo per cui pagano. Se qualcuno non rispetta la legge, quella specifica persona deve pagare per gli illeciti che ha commesso. Sono i singoli individui a dover essere responsabili dei propri comportamenti. La questione della Curva Sud e del nuovo Stadio sono due argomenti separati. Abbiamo un filo diretto con le autorità in merito al nuovo stadio e alle idee legate alla sicurezza, inclusa la nostra volontà di non avere barriere tra spalti e campo. C’è un dialogo in corso per riuscire a realizzare una struttura in tal senso. Sono argomenti che viaggiano paralleli e una questione non influisce sull’altra. Insistiamo nel dire che ci piacerebbe fissare un obiettivo comune con le autorità per rimuovere le barriere già all’interno dell’attuale stadio e non solo nel nuovo. Lo possiamo fare assicurando che i comportamenti sbagliati vengano puniti, in modo da permettere agli altri spettatori di godere al meglio dello spettacolo e del divertimento che ci proponiamo di offrire. Divertirsi significa trovarsi in una situazione piacevole e di comfort totale: non essere coinvolti in assurde battaglie. Il concetto dovrebbe essere che se allo stadio non succede nulla di male o di problematico, allora è giunto il momento di rimuovere le barriere, perché sono inutili. Io credo che i tifosi stiano accettando il fatto che siamo nel 2016 e che le cose dovevano cambiare. Naturalmente tutti ricordano i tempi in cui gli stadi erano diversi e l’esperienza nelle curve era fatta anche di torce e fumogeni, ma adesso tutto questo è vietato in Europa. Le sanzioni della UEFA in merito sono molto alte e tutto ciò non è più possibile. Devo dire, però, che allo stadio Olimpico non si vedono più razzi o bombe carta. Detto questo, credo che per il resto andrebbe concessa la libertà di vivere al meglio gli stadi, perché i colori e il calore fanno parte di quel tipo di ambiente. È un qualcosa di necessario e combatterlo significherebbe combattere contro il calcio”
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