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Avv. Antonio Conte: “La Roma ha acquisito credibilità europea. Nel 2004 volevano toglierci la Champions”

Il legale, che ha spesso difeso i giallorossi in tribunale, racconta: "Nel 2011 buttai una bandiera della Lazio dal bancone"

Redazione

“Per me è sempre stato un grandissimo onore poter difendere la mia squadra del cuore o i tifosi che condividono la mia stessa passione”. L'avvocato Antonio Conte, legale che da diversi anni segue le vicende della Roma nelle aule di tribunale, ha seguito da vicino la situazione legata alle sanzioni in seguito ai fatti di Liverpool. "I romanisti non fanno mai mancare il loro apporto e siamo contenti di aver contribuito a fargli vivere questa emozione - le sue parole al Match Program giallorosso prima della sfida contro il CSKA - dopo la sanzione inflitta dalla UEFA in seguito ai fatti di Liverpool-Roma. Sarà bello vedere tanti sostenitori a Mosca, che come sempre daranno il loro appassionato supporto sugli spalti nel rispetto delle regole. Aspetto, quest’ultimo, fondamentale affinché la società o la squadra non incorra in sanzioni".

Dopo i fatti di Liverpool erano state paventate pene pesanti nei confronti dell’intera tifoseria. Da un punto di vista legale era contemplabile un provvedimento simile?

La UEFA può irrogare qualsiasi provvedimento, anche il divieto di trasferte per una stagione intera. Ma l’organo calcistico europeo più importante ha accolto il nostro ricorso, segno anche della forza e della credibilità della società. E i tifosi sono potuti andare a Madrid e sono certo che seguiranno numerosi la squadra anche a Mosca per una partita che sarà decisiva per la qualificazione.

Altra questione di attualità in campo europeo: la prima sanzione dell’UEFA nei confronti del presidente Pallotta è sembrata eccessiva sin da subito. Ci può ricostruire la vicenda?

Anche in quell’occasione abbiamo raggiunto un importante successo processuale sportivo. Da parte del presidente non c’era, ovviamente, l’intenzione di offendere nessuno, ma solo la volontà di manifestare negli spogliatoi a fine gara la propria amarezza per l’operato dell’arbitro, che aveva oggettivamente penalizzato la squadra. Tre mesi di inibizione erano decisamente troppi, tanto che la sanzione è stata ridotta a un mese. È raro – ci tengo a sottolinearlo – che la UEFA accolga ricorsi di questo genere. È un ottimo risultato.

Lei ha una lunga esperienza in campo internazionale. Qual è la battaglia che le è rimasta più a cuore?

A livello UEFA, un caso storico è stato senza dubbio quello relativo alla rissa di Roma-Galatasaray. Gara di Champions League che si concluse 1-1 sul campo, ma negli istanti successivi al triplice fischio dell’arbitro, si scatenò a bordocampo una rissa tra i turchi e i giocatori della Roma con in mezzo pure l’intervento della polizia italiana. Ci furono sanzioni pesanti: Olimpico squalificato per un turno, tre giornate a Totti e Lima, una a Capello e Batistuta. La pena che riguardava lo stadio, inoltre, prevedeva che la prima partita casalinga della Roma dovesse disputarsi ad almeno 300 chilometri dall’Olimpico. Furono accolte le nostre istanze in appello e la squadra ebbe la possibilità di continuare a giocare nel proprio fortino. Una sentenza che fece giurisprudenza alla UEFA. In campionato, invece, mi piace ricordare il caso di Cassano del 2003, segnò al derby il gol del pareggio. Gli venne tolta la squalifica ventiquattro ore prima, con un’udienza urgente. E segnò alla Lazio al 90’, di testa, anticipando Couto. I tifosi ancora lo ricordano.

Probabilmente, fu più complicata la vicenda della monetina che colpì l’arbitro Frisk nel 2004, nella gara interna con la Dinamo Kiev.

In quell’occasione la UEFA avrebbe voluto estromettere la Roma dalla competizione europea, nell’ambito della stessa edizione. Non successe e, dopo un lungo lavoro, e una durissima udienza UEFA, ottenemmo una sanzione minima ovvero quella di giocare due partite a porte chiuse contro il Bayer Leverkusen e il Real Madrid. Una vittoria che tutti ricordano. Come quella relativa al caso Mexes.

Per il trasferimento dall’Auxerre alla Roma, estate 2004.

Sì, esattamente. La controversia fu complicata e si trascinò a lungo, venendo esaminata anche dalla FIFA. Il club francese aveva accusato il giocatore di aver firmato quando ancora era sotto contratto, chiedendo un risarcimento pecuniario. Si arrivò pure al blocco di due sessioni di mercato denominate in gergo “transfert windows”. Ricorrendo al TAS, ottenemmo la sospensione del primo dei due blocchi della sessione trasferimenti, permettendo alla società di concludere il mercato nella seconda metà del mese di agosto.

A proposito di giustizia sportiva, si è parlato molto di una riforma dell’apparato. Qual è la sua opinione in merito?

A livello CONI è stata già introdotta una riforma generale del Codice Giustizia Sportiva che valuterei eccellente nel 2015. Mentre la FIGC - come specifica Federazione- avrebbe bisogno di un cambiamento radicale, il sistema deve essere autonomo e non può venir condizionato dai pronunciamenti della giustizia ordinaria amministrativa. Non devono verificarsi più casi come quello della Serie B di quest’anno, che ha gettato discredito su tutto il calcio professionistico. Non a caso, il nuovo presidente federale Gravina, ne ha parlato subito al suo insediamento. Serve una ristrutturazione rapida e coraggiosa, proprio per dirla con le sue parole. Speriamo seguano i fatti, ora.

Sabato era a Firenze al seguito della sua squadra del cuore. Le è mai scappato un “Forza Roma” in un aula di Tribunale?

Diciamo che sono un tifoso come tanti e vivo la mia passione con trasporto e coinvolgimento sia nei momenti positivi sia in quelli negativi. Sono un passionale un po’ come il protagonista di “Febbre a 90’” del famoso romanzo. Ogni tifoso può e deve esprimere la sua “opinione” per questo o quel risultato, nel bene e nel male, ma l’importante è che non venga mai meno il supporto e l’amore per la squadra. Seguo questa squadra da sempre, la Roma che porto nel cuore da bambino è senza dubbio quella del 1974-1975, del terzo posto. Allenata da Liedholm e con Prati centravanti che segnò un gol decisivo nel derby del sorpasso, di ritorno. E, naturalmente, in qualche occasione lavorativa la Roma è entrata, per forza.

Ve ne fu una che – ancora oggi – viene raccontata: nella primavera del 2011, durante l’arbitrato tra la famiglia Sensi e Unicredit. Lei gettò da un balcone una bandiera biancoceleste.

Eravamo nello studio del professor Cesare Ruperto, in zona Roma nord. Ci fu un tifoso della Lazio che voleva fare lo spiritoso – probabilmente un condomino del palazzo – che issò un vessillo laziale sul balcone dello studio arbitrale per fare un dispetto ai tanti tifosi della Roma che erano in attesa per la strada. Mi accorsi del dispetto, interruppi senza indugio l’udienza, davanti agli altri avvocati presenti, aprii la finestra e buttai la bandiera di sotto. E i tanti tifosi esplosero in un applauso. Era un momento di grande tensione per la Roma e non era il caso di tollerare battute di scherno da derby. Per me la Roma è una cosa molto seria.