Sembra passato un secolo quando la Roma, per bocca di Eusebio Di Francesco (e non solo), invocava i gol dagli attaccanti. Perché nella passata annata, scrive Alessandro Angeloni su Il Messaggero, aveva funzionato molto bene la difesa, mentre l’attacco aveva stentato e si era sostenuto quasi esclusivamente sulle spalle di Dzeko.
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Under stanco, Dzeko addormentato, Schick svogliato: l’attacco è indolore
Almeno in campionato i dati sono ai limiti del deprimente
Quindi ecco Pastore (qualità, assist, gol), ecco Kluivert (gol), e poi c’era il nuovo Schick (gol e assist), più El Shaarawy (che il suo l’ha sempre fatto), Perotti (che doveva partite e invece è rimasto ma fino a ora non s’è mai visto) e Under (che alla seconda stagione raddoppierà la cifra gol).
Invece oggi, almeno se guardiamo il campionato, i dati sono ai limiti del deprimente. Se pensiamo che Petagna, o Santander, hanno segnato più di Dzeko viene da piangere (a Di Francesco e tutta la Roma).
L’attacco della Roma è rimasto indietro rispetto allo scorso anno, non è cresciuto come doveva: sarà per colpa del mancato arrivo di Malcom? Mah. Può darsi, ma non può essere solo quello il motivo. La Roma produce poco, a tratti, e quel poco non si tramuta in rete. Basti vedere le due occasioni capitate a Dzeko nei primi dieci minuti di Fiorentina-Roma. Ecco, metti dentro quei palloni e ci abbracciamo.
Con un attacco capace di produrre sei reti (più le due di Pastore, che non contiamo) in undici partite, non si va da nessuna parte. La partita di Firenze ha detto anche che Schick, lo stesso Kluivert, pur non essendo primi responsabili dei risultati negativi, forse potrebbero dare qualcosa di più.
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