Che cosa hanno fatto di male i tifosi della Roma, scrive Mimmo Ferretti su Il Messaggero, per meritarsi tutto questo? La Roma non è in crisi: peggio, è addirittura andata oltre la crisi.
rassegna stampa
Un gruppo malato, mal costruito e mal guidato
Rosa dilaniata dagli errori della società sul mercato, dagli sbagli continui di un allenatore in immensa confusione, dalla pochezza di alcuni (troppi) presunti fuoriclasse e dalla luce ormai spenta di un paio di vecchi protagonisti
La Roma non esiste più, dilaniata dagli errori della società sul mercato (in nome delle plusvalenze), dagli sbagli continui di un allenatore in immensa confusione, dalla pochezza di alcuni (troppi) presunti fuoriclasse e dalla luce ormai spenta di un paio di vecchi protagonisti.
Una squadra malata, patologie complesse, e capace di farsi prendere a pallonate anche dal Bologna, zero reti all'attivo e solo un punto prima del faccia a faccia con i giallorossi.
È arrivato il momento, imprescindibile, di fare qualcosa: continuare a vivacchiare così non ha il minimo senso ed è un affronto verso i tifosi. Non può esserci un solo colpevole, certo, ma non può esserci neppure un solo innocente. La squadra non ha un senso logico, e questo chiama in causa chi l'ha costruita (male) e chi deve allenarla. Al resto pensano giocatori che vagano stancamente in mezzo al campo, quasi schifati di indossare quella maglia. Gente a cui, lo afferma la triste realtà, non interessa nulla vincere o perdere. Servono fatti concreti, basta con le parole.
Serve prendere di petto la situazione e agire di conseguenza. A chi tocca, tocca. In giacca e cravatta, in tuta o con gli scarpini ai piedi.
A Trigoria servono uomini, prima che dirigenti, allenatori e giocatori. Serve responsabilità, a tutti i livelli. Basta con la presunzione di essere infallibili, giusti e intoccabili. Guardatevi allo specchio, fatevi un esame di coscienza vero, non bluffate con voi stessi o con i vostri contratti. Smettetela di dire che la colpa di tutto risiede fuori Trigoria. Se la Roma oggi offre un quadro desolante è colpa vostra, colpa di chi lavora a Boston, a Londra o al Bernardini. Negarlo sarebbe ancor più imbarazzante dei cinque punti in classifica.
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