Il bello del calcio è Francesco Totti oppure il calcio è bello perché c'è Francesco Totti. Questa un po' il messaggio della mattinata milanese vissuta alla Gazzetta per la consegna del "Premio Facchetti, il bello del calcio". Il riconoscimento non va al più bravo, né al più bello, ma a chi, questo sport, lo rappresenta in tutti i suoi valori, e lo esporta nel mondo. Il capitano della Roma lo fa da più di vent'anni e a Milano, ieri mattina, lo hanno riconosciuto un po' tutti, specialmente i suoi avversari storici presenti alla Sala Buzzati: da Galliani (Milan) a Lotito (Lazio), da Marotta (Juve) a Fassone (Inter). «E qualcuno di loro ha anche provato a portarmi via da Roma. Non faccio nomi, però». Non c'è bisogno: il Milan. E Galliani conferma.
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Totti, il bello del calcio
A Milano, ieri mattina, lo hanno riconosciuto un po' tutti, specialmente i suoi avversari storici.
LA FESTA PER IL CAPITANO - Totti è sereno, scherza, ma non vede l'ora che si spengano le luci, anche se lo attende l'aereo privato (viaggi turbolenti sia all'andata sia al ritorno), pagato da lui, per volare agli ordini di Garcia. «Sintetici eh, mi raccomando», sussurra poco prima del mini fuoco di domande celebrativo. Sulla Roma, prima di tutto. «Finita la crisi? E' stata fisiologica. Spero sia passata e che non torni più, perché lo scudetto è possibile». Le polemiche contro la Juve, lasciamole da parte, giusto? Totti non rinnega quanto detto dopo la famosa sfida dello Stadium, lì c'è pure Marotta ma evita di riaccendere gli animi. E sabato c'è Lazio-Juve, scontro tra le sue rivali "preferite". «Tifo per i cugini? Mah, mi tappo gli occhi, è meglio», risponde Francesco alla sua maniera scanzonata. Totti dai biancocelesti non è mai stato amato, perché rappresenta quello che nessuno di loro è e vuole essere. «Se temo ci purghi ancora? Correrò in farmacia... Francesco è un grande campione, di lui abbiamo un grande rispetto. E' uno che regala il sorriso alle famiglie italiane», ammette un affettuoso Lotito.
DA SEMPRE E PER SEMPRE - Totti ha scelto la Roma da sempre e nella Roma starà sempre, anche dopo, e qui c'è la novità, magari da allenatore. «Sì ci sto pensando, tanti miei colleghi lo hanno fatto, penso di avere le qualità. E il carattere? Lo formerò nel tempo». Per adesso si gode il sogno di aver vestito la maglia gialla e rossa e di vestirla ancora. «Lo volevo fin da bambino», dice. Tanti tifosi non rinuncerebbero a lui in cambio di qualche vittoria. «E forse questo è il problema a Roma: si preferiscono i calciatori ai successi. Io ho fatto una scelta, che rifarei. Qualche vittoria, poche, l'ho ottenuta. Mi è rimasto un sogno: la Champions League. Se la baratterei con il Mondiale? Ci devo pensare. E la Scarpa d'Oro per lo scudetto? Quella sì».
CAPITOLO AZZURRO - Sbuca una foto storica di Totti del giorno della finale della coppa del Mondo: lui con il tricolore in testa che scruta la coppa come un veggente, quasi a prevedere il futuro. Francesco dopo Berlino abbandona la Nazionale, ma da lì non si ferma, anzi migliora. «A saperlo smettevo prima...», la battuta. «Guardavo in quel modo la Coppa solo perché prima di allora l'avevo vista solo al Subbuteo...». Quelli sono stati - aggiunge Totti - «giorni magici grazie a Lippi», il ct è lì presente e se lo guarda con nostalgia. «Il calcio italiano da lì in poi è crollato, ma ci sarà una resurrezione. Intanto riportiamo le famiglie allo stadio, i miei figli non devono avere paura di entrare all'Olimpico». Quando il calcio sarà di nuovo meraviglioso, Francesco avrà appeso gli scarpini al chiodo, tornerà al Subbuteo e magari avrà anche giocato una partita - come vuole Pallotta - al Colosseo, «mi piacerebbe ma è dura». La sua carriera ha brillato e se l'è goduta. «Quando arriverà il momento, cioè tra poco, smetterò». Tra poco. Godetevelo finché potete.
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