rassegna stampa

Tor di Valle, sì del Comune ma la maggioranza si divide

Le accuse più pesanti, paradossalmente, sono arrivate da un consigliere della lista civica del sindaco, il radicale Riccardo Magi, infuriato per non avere potuto parlare in Assemblea.

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A 207 giorni dalla presentazione dello studio di fattibilità - quindi oltre il doppio rispetto ai 90 previsti dalla legge sugli stadi - l’Assemblea Capitolina ieri sera ha dato il suo primo, provvisorio, via libera al progetto del nuovo stadio a Tor di Valle, tra le proteste in aula dei Comitati anti-speculazione, i cartelli «Parnasi ringrazia» del Movimento 5 stelle, e il pesante dissenso di 5 consiglieri della maggioranza, che non hanno votato a favore della delibera.

L’approvazione è arrivata dopo le otto di sera, dopo una maratona d’Aula durata oltre undici ore e con lo spettro che un nuovo rinvio - sarebbe stato il quarto - potesse far slittare il voto alla vigilia di Natale, come minacciato dal capogruppo dem Fabrizio Panecaldo, che ieri ha avuto il ruolo di “cane da guardia” della maggioranza, riuscendo a braccare i suoi per assicurarsi che si arrivasse alla votazione finale entro sera. Alla fine, dopo due sospensioni per la caduta del numero legale, il tabellone dell’Aula Giulio Cesare segnava 29 favorevoli, 8 contrari e 3 astenuti. Alle defezioni della maggioranza (Imma Battaglia e Gemma Azuni di Sel, il radicale Magi, i democratici Pedetti e Coratti), è arrivato il «soccorso» azzurro di alcuni consiglieri di Forza Italia, compreso il capogruppo Davide Bordoni.

Anche se il sindaco, «orgoglioso del voto perché porterà investimenti», ieri si è augurato che «la posa della prima pietra avvenga entro il 2015» e che «si giochi la prima partita a novembre 2017», l’iter è ancora lungo, solo per le autorizzazioni: la norma sugli stadi concede altri 6 mesi di tempo alla Regione per valutare i progetti definitivi che i promotori ancora devono presentare. Poi la palla passerà di nuovo al Comune per la convenzione urbanistica. Non tutti, anche nella maggioranza, erano ottimisti come il sindaco, considerando anche la dilatazione dei tempi già avvenuta in sede preliminare e che, da delibera, tutte le infrastrutture che il costruttore, insieme a Pallotta, dovrà realizzare (messa in sicurezza della Via del Mare, biforcazione della metro B, lo svincolo della Roma-Fiumicino, il ponte pedonale sul Tevere), dovranno essere portate a termine «congiuntamente» allo stadio e al Business Park da quasi un milione di metri cubi.

LA DISCUSSIONE -  Proprio sulle «cubature monstre» destinate a negozi, alberghi e uffici ieri in Aula, prima del voto, sono arrivate pesanti accuse sia dall’opposizione che da pezzi di maggioranza, nonostante le rassicurazioni dell’assessore Caudo, grande sponsor dell’operazione. Le accuse più pesanti, paradossalmente, sono arrivate da un consigliere della lista civica del sindaco, il radicale Riccardo Magi, infuriato per non avere potuto parlare in Assemblea. «Ho votato contro perché i tifosi vengono presi in giro - spiega - Lo stadio non sarà della Roma, non c’è nessun rafforzamento societario, come invece è avvenuto per tutti gli altri club che hanno realizzato un impianto di proprietà. Questo aspetto, insieme alle cubature spropositate e ai procedimenti pendenti sulle aree scelte, pesa come un macigno sulla delibera». «Il paradosso è che tra 30anni questo impianto potrebbe affittarlo la Lazio», ha detto il capogruppo della lista Marchini, Alessandro Onorato. «Perché lo stadio sarà solo in uso, e non di proprietà, alla società calcistica A.S. Roma. Marino poi tradisce ancora una volta le promesse fatte in campagna elettorale, quando si professava assolutamente contrario a un ulteriore consumo di suolo». «Più che i tifosi, questo progetto farà felice il costruttore Parnasi», ha detto il capogruppo del M5S, Marcello De Vito. Il capogruppo del Pd Panecaldo invece ha sostenuto che «si sono fatti dei correttivi importanti per garantire la pubblica utilità. A settembre il Pd questa delibera non l’avrebbe votata».

I CITTADINI -  Modifiche che però non hanno convinto i cittadini del Comitato “Difendiamo Tor di Valle dal cemento”, che ieri in Aula hanno annunciato uno sciopero della fame per protestare contro la speculazione edilizia che il progetto potrebbe portare nell’area.

900mila i metri cubi  destinati al centro  di uffici, negozi  e ristoranti. Lo stesso Comitato ha già presentato un esposto alla Procura della Repubblica contro la delibera della giunta per «falso ideologico in atto pubblico». Mentre il Tribunale fallimentare si sta occupando della vendita dei terreni di Tor di Valle che una società, la Sais, prima del crac, ha ceduto per 42 milioni alla Eurnova di Parnasi e sui cui contorni sono ancora in corso accertamenti.