rassegna stampa

Tor di Valle, piano incompleto: non può passare alla Regione

Per il futuro Stadio della Roma bisogna presentare al Comune il «progetto definitivo» e, per ottenere il bollino di definitivo, servono una serie di documenti prescritti

Redazione

C’è un passaggio, nella Legge di stabilità 2014 (la cosiddetta “legge sugli stadi”), che rischia di impantanare negli uffici comunali il progetto del nuovo stadio a Tor di Valle. Il testo della legge infatti è molto chiaro quando spiega che, per approdare alla conferenza dei servizi decisiva, convocata dalla Regione, «il soggetto proponente» ha l’obbligo di presentare al Comune il «progetto definitivo». E per ottenere il bollino di «definitivo», servono una serie di documenti prescritti, a livello nazionale, dal Dpr 207 del 2010 e da alcune delibere comunali. E il punto è proprio qui: nei 7 scatoloni consegnati da Pallotta e Parnasi lo scorso 15 giugno al Dipartimento Urbanistica, sembrano non esserci alcuni documenti fondamentali: dal «computo metrico estimativo» delle opere pubbliche, al piano particellare dei terreni dove dovrebbero essere realizzate le infrastrutture, ai sondaggi geologici delle aree da espropriare, fino al rapporto sul contenimento dei consumi energetici delle costruzioni private, previsto dalla delibera comunale 48 del 2006.

Insomma, a leggere l’elenco degli elaborati consegnati dieci giorni fa dal manager di Boston e dal costruttore romano, «mancano diversi documenti obbligatori», spiegano dall’associazione Italia Nostra, che oggi proverà a incontrare l’assessore all’Urbanistica Caudo. «Senza quelli il progetto non può essere considerato definitivo e, di conseguenza, non può approdare alla Pisana». Tutta la procedura quindi, in mancanza di un’integrazione, rischia di bloccarsi e di “congelare” anche i 6 mesi di tempo che spettano alla Conferenza regionale per fare le proprie valutazioni. L’ennesimo ritardo, dopo i 6 mesi che i privati hanno già impiegato solo per presentare al Comune il masterplan, atteso prima per gennaio, poi per aprile, e poi consegnato a metà giugno.

BANDI A RISCHIO

Cosa manca nell’elenco dei documenti inviati al Campidoglio da Parnasi e Pallotta? Innanzitutto il cosiddetto «computo metrico estimativo» di alcune delle opere previste, dalla viabilità interna al parcheggio multipiano, ad altri interventi sulla Roma-Fiumicino e sulla Via del Mare. Si tratta di un documento di primaria importanza, essendo l’atto che quantifica tutti i lavori previsti, i materiali e i costi. Senza, non si può andare in gara d’appalto né si può firmare la convenzione urbanistica, perché è proprio attraverso il computo metrico che si calcola il costo totale delle opere pubbliche e quindi anche la fideiussione provvisoria di pari importo che i privati devono versare al Comune prima di iniziare i lavori. Nell’elenco non figura neanche il piano particellare dei terreni dove verrebbero realizzati gli interventi di potenziamento delle infrastrutture pubbliche (le aree lungo la tratta Eur-Magliana-Tor di Valle, l’autostrada Roma-Fiumicino, la via del Mare, il fosso di Vallerano).

Manca poi la relazione sul contenimento dei consumi energetici e non sono ancora stati fatti i sondaggi geologici sul 40% dei terreni da espropriare e di conseguenza non è stato progettato il necessario adeguamento sismico.

Il motivo per cui ai proponenti vengono chiesti i progetti definitivi è semplice: la nuova norma sugli impianti sportivi fa in modo che, una volta approvati in conferenza dei servizi, i progetti si trasformino automaticamente in un permesso per costruire. Ecco perché, al momento della presentazione in Comune, nei faldoni deve esserci una versione completa e dettagliata di tutti gli interventi che si vogliono mettere in atto.

«ECOMOSTRO»

Anche perché poi, sulla base di quei progetti, vanno bandite le gare europee, almeno per quanto riguarda le opere pubbliche che i privati si sono impegnati a realizzare per “compensare”, nel caso di Tor di Valle, quasi un milione di metri cubi di cemento da edificare accanto allo stadio. L’«Ecomostro», come lo hanno ribattezzato tutte le principali organizzazioni ambientaliste, il grande business attorno a cui ruota tutta l’operazione-stadio: tre grattacieli alti oltre 200 metri più altri 15-16 edifici commerciali, tutti destinati a opere che con lo sport non c’entrano nulla: negozi, uffici, ristoranti e alberghi.