rassegna stampa

Stadio, i dubbi di Pallotta: congelato l’acquisto dei terreni di Parnasi

LaPresse

A frenare il presidente della Roma è soprattutto la sequela di stop & go che ha collezionato il progetto da quando, nel 2013, è stato presentato

Redazione

"Manca solo la firma, questione di ore, al massimo di giorni", si diceva in quel di Boston due mesi e mezzo fa, dopo una batteria di riunioni tra gli emissari di James Pallotta e i nuovi vertici della Eurnova, la società di Parnasi.

Sembrava cosa fatta la vendita dei terreni di Tor di Valle, quelli su cui i privati vorrebbero tirar su il nuovo stadio della Roma e soprattutto il mega-complesso di uffici, negozi, ristoranti e alberghi. La firma per la cessione, però, non è mai arrivata, nonostante gli annunci, anche nelle settimane passate, della messa in calce imminente, rallentata solo da quisquilie burocratiche, risolvibili in 48 ore al massimo. E invece niente.

A frenare James Pallotta, dice chi sta seguendo da vicino l'affare, è soprattutto la sequela di stop & go che ha collezionato il progetto da quando, nel 2013, è stato presentato, scrive Lorenzo De Cicco su Il Messaggero.

Se la prende, il manager americano, coi ritardi delle procedure italiane anche se, qualche tempo fa, ha dovuto ammettere che anche il partner scelto per l'operazione, Parnasi appunto, ha avuto il suo peso, nel rallentare il tutto, dato il deflagrare dell'inchiesta giudiziaria.

Al netto degli annunci della sindaca Raggi - "voteremo la variante entro l'estate" - c'è una pattuglia sempre più nutrita di consiglieri grillini che tiene i piedi incollati sul freno, che rispolvera gli slogan della campagna elettorale del 2016, quando la bussola del Movimento era puntata sul «no a Tor di Valle, no alla speculazione».

Pallotta è guardingo. E ci va cauto sull'acquisto dei terreni di Parnasi. Perché è vero che l'operazione discussa a Boston a metà febbraio riguardava solo un pre-accordo - detto all'inglese, «sales and purchase agreement» - con una clausola legata all'approvazione definitiva della variante. Ma è anche vero che il manager, siglando il tutto, dovrebbe versare una caparra da 9-10 milioni di euro alla Eurnova, subito. Sperando poi che il progetto non si areni di nuovo, tra una bega giudiziaria e una rogna politica. Dati i precedenti, non c'è da scommetterci.