«Un parere fortemente critico». Il parere negativo all’affair stadio della Roma arriva pesante come un macigno. A firmarlo venerdì, Margherita Eichberg, da quasi due anni alla guida della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Comune di Roma, che ha vergato venti pagine di osservazioni sul progetto dello stadio a Tor di Valle. Ecco uno stralcio dell'intervista che la soprintendente ha rilasciato a "Il Messaggero":
rassegna stampa
Stadio, Eichberg: «Il vincolo su Tor di Valle già messo dal Comune»
Parla la soprintendente del MiBACT: "La tribuna dell'Ippodromo un gioiello architettonico, deve essere preservata. Il Campidoglio aveva fissato i paletti: si può ristrutturare, non demolire"
Come avete lavorato per arrivare a questo “verdetto”?
«Abbiano consultato tutti i comitati tecnici di settore in seduta congiunta, da quello per la tutela del paesaggio alle Belle Arti, dalla tutela per l’architettura contemporanea all’archeologia e tutti si sono espressi negativamente. Pensi che ha partecipato persino Giovanni Carbonara, il presidente del comitato tecnico per il paesaggio nonché figlio di colui che ha scritto il famoso manuale di architettura pratica che già negli anni ‘60 aveva censito l’Ippodromo di Julio Lafuente come esempio di architettura ben riuscita, come una struttura di particolare rilievo».
Si prende una responsabilità non da poco in questa fase della vicenda. Sono sempre le Soprintendenze che si mettono di traverso?
«Vorrei ricordate che il Comune di Roma aveva già tutelato le tribune dell’Ippodromo nella cosiddetta Carta della qualità, l’appendice alle norme tecniche di attuazione del Piano Regolatore del 2008. La norma comunale, in sostanza, inserisce le Tribune di Tor di Valle, progettate da Julio Lafuente tra le architetture da tutelare e prevede almeno una ristrutturazione ma non la demolizione. Non a caso, con la delibera del 2014 che avrebbe previsto una deroga alla Carta della qualità, la Sovrintendenza capitolina aveva rilevato la non conformità alle norme tecniche di attuazione del Piano Regolatore».
Ma il parere negativo della Soprintendenza statale a questo punto è vincolante per il futuro del progetto dello stadio?
«Noi, come ministero, possiamo fare opposizione. Le spiego: il parere della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio viene ora filtrato dal rappresentante unico del Consiglio dei ministri, che accoglie i pareri degli altri soggetti statali che si esprimono sul progetto. In caso di un verdetto trasformato in un parere favorevole con prescrizioni, noi possiamo fare opposizione come ministero».
Insieme al parere sul progetto dello stadio a Tor di Valle, lei ha firmato il 15 febbraio scorso anche l’avvio del procedimento di vincolo per l’Ippodromo realizzato nel 1959 su progetto dell’architetto spagnolo Julio Lafuente, considerato un maestro delle strutture “sospese”, quasi travolte dalla loro apparente leggerezza. Un architetto che nella Roma del secondo dopoguerra e nell’epopea degli anni Sessanta ha lasciato il segno in molti edifici innovativi.
«Un passaggio dovuto per il rilevante interesse di questo esempio straordinario di architettura e ingegneria contemporanea. Un esempio di virtuosismo costruttivo dal design innovativo e all’avanguardia. L’apposizione del vincolo è un’azione della Soprintendenza, quindi nell’autonomia del ministero dei Beni culturali, fatta in accordo congiunto con tutti i comitati tecnici di settore, e condivisa con le direzioni generali del ministero».
L’iter del vincolo sarà determinante. Qual è lo scenario che si prospetta e quali sono i tempi tecnici?
«Tecnicamente la società Eurnova ha ottanta giorni per esprimere osservazioni e presentare opposizioni, ma già da ora scattano le misure di salvaguardia per l’ippodromo, e entro 120 giorni dalla data di firma dell’avvio del procedimento, il vincolo dovrà essere prodotto».
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