Gervinho e/o Maicon, un anno dopo. Seydou Keita accolto dallo scetticismo generale, come fu per il l’ivoriano e il brasiliano. Non per le sue qualità, riconosciute e apprezzate in tutto il mondo, quanto per l’età, 34 anni, rapportata alla sua pancia piena di vittorie. Che ambizione può avere questo calciatore, riempito dagli splendori del Barça di Guardiola e che arriva pure a costo zero? Leciti, gli interrogativi. Lecito. Ma poi la storia cambia sul campo. E guardando la Roma ti accorgi che, tra gli altri, c’è un calciatore che alita grandezza, grandeur, per dirla alla francese, la lingua del suo paese, il Mali.
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Seydou, sei tu il cuore del gioco
In poche settimane c’ha messo testa, anima e il piede. Poi ci ha messo anche il braccio: senza Totti e De Rossi, la fascia è andata a lui, sempre per quelle doti di leader che Garcia gli ha riconosciuto subito.
Di africano ha il cuore e l’anima, la religione musulmana («sì, sono un praticante, osservo il Ramadan, a meno che non ci sia un doppio allenamento a 40 gradi...») la testa pian piano è diventata europea, perché il calcio lo ha portato dalla Francia alla Spagna (e poi anche in Cina).
Ora è qui da noi, a svernare forse, ma in maniera attiva. Ha preso il posto di Taddei, come ruolo nella rosa, e c’è chi ha anche fatto girare una battuta: «Speriamo che dopo Rodrigo, il Perugia non ci porti via anche Seydou...». I tifosi hanno voluto bene a Taddei, di Keita sono già cotti, in lui vedono l’uomo per le vittoria. Come fu per Batistuta. Lui arriva con un curriculum niente male. Se si prendono i titoli di tutti i giocatori della Roma, forse, non si arriva a quelli vinti da Seydou. Guardiola lo aveva definito un barometro, qui è diventato il professore, il magnifico rettore, il mostro etc etc. C’è chi lo paragona a Emerson, chi ci rivede Falcao. Grandi giocatori, con un tratto comune: la leadership.
LE CHIAVI E LA FASCIA - Garcia lo ha detto subito, non sottovalutate questo acquisto. Anche Seydou è partito in silenzio ma ha subito fatto capire che non era venuto a Roma per fare il comprimario. Il feeling è nato in un istante, sarà anche per il calcio offensivo e palleggiato che Rudi propone. «Pep parlava bene di me perché ha sempre riconosciuto il mio lavoro per la squadra. Garcia è simile: anche a lui piace far giocare bene la propria squadra, avere il possesso palla e la gestione della partita. Hanno lo stesso credo: i risultati si centrano attraverso il gioco». Ah, però. Un complimento mica da poco, soprattutto perché fatto da uno che non deve dimostrare nulla e non ha bisogno di accattivarsi nessuno, tanto meno il suo nuovo allenatore. L’ha detto, così deve essere. In poche settimane c’ha messo testa, anima e il piede (più del 90 per cento di passaggi riusciti, la media delle cinque partite di campionato, tre giocate da titolare), poi ci ha messo anche il braccio: senza Totti e De Rossi, la fascia è andata a lui, sempre per quelle doti di leader che Garcia gli ha riconosciuto subito. «Indossare la fascia di capitano di una squadra così importante, è un grande onore, non mai questo giorno scorderò», così ha detto Seydou, il twittato testuale. Sì, Keita ha anche un profilo twitter, come i giovani: international malien jouer. Malien, Mali, il paese che non dimentica a magari lì tornerà a fine carriera. «Prima devo pensare all’educazione dei miei figli, poi vedremo. A Bamako ho una scuola calcio, per ora se ne occupa mio fratello, ma in futuro voglio seguirla da vicino e ampliare il progetto. Vorrei che tutti i bambini maliani appassionati di pallone potessero avere l’opportunità di diventare calciatori come lo sono io». L’insegnamenti del professore, del magnifico rettore, del barometro. Keita, Seydou? La Roma è al sicuro
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