rassegna stampa

Roma, la crisi è servita

LaPresse

Equivoci ed orrori tattici più una condizione fisica scadente: Di Francesco è entrato in confusione e la squadra non decolla

Redazione

In 5 giorni, da lunedì a venerdì, la Roma è improvvisamente sparita. Dal campo e non solo, come scrive Ugo Trani su Il Messaggero.

L'involuzione, dopo il successo esterno con il Torino, preoccupa perché tocca ogni aspetto: tattico, tecnico e comportamentale. L'allenatore è il principale responsabile di quanto accaduto in settimana. Non serve ricordarglielo. Ha ammesso in pubblico di aver sbagliato. La crisi appartiene anche alla squadra e alla società.

Di Francesco è nel mirino della tifoseria. Non per la confusione tattica vista contro l'Atalanta e il Milan. Perché non si è opposto alle cessioni dei big, soprattutto di Strootman. La questione ambientale, però, non c'entra con la fragilità della Roma. Che attualmente è incompiuta. Non c'è più la traccia. Il tecnico naviga a vista.

La condizione atletica deficitaria è invece l'handicap che sta incidendo di più sul rendimento della squadra. Per non crollare a metà stagione, l'allenatore ha modificato la preparazione estiva. Decisa, però, con il suo staff, essendo andati via i professionisti scelti in precedenza da Pallotta. Non ha, quindi, alcun alibi.

Di Francesco ha rinnegato la sua idea di calcio, pure per dar spazio ad alcuni giocatori sui quali la società ha investito nell'estate 2017 e in questa.

"Non possiamo giocare così". Dzeko, durante la gara con il Milan, ha urlato questa frase più volte all'allenatore, chiedendogli di intervenire. Ma si è sfogato anche con Manolas, invitandolo a spingere la difesa verso il centrocampo, con Schick per la poca partecipazione e con El Shaarawy per l'eccessivo egoismo.

Il mercato di Monchi fa discutere: la rivoluzione, dal portiere in su, può rivelarsi pericolosa. La Roma di Monchi, non quella di Di Francesco. Del resto la cessione di Strootman ha reso più complicata la conferma del 4-3-3 su cui il tecnico ha lavorato per 14 mesi. Oggi, oltre al leader, manca anche l'interprete con le sue caratteristiche. Eppure la rosa resta extralarge. Ma la difesa è meno protetta. E più vulnerabile.