All’inizio del secondo tempo, i tantissimi tifosi giunti da Roma e sistemati nell’angusto settore ospiti dello Juventus Stadium, hanno cominciato a intonare un coro tanto semplice quanto chiaro: «Rigore, rigore...». Un ritornello rivolto al signor Rocchi di Firenze, pessimo arbitro della sfida tra Juventus e Roma, che in quarantacinque minuti abbondanti di gioco aveva già assegnato due calci di rigore ai padroni di casa. Due tiri dal dischetto a dir poco dubbi. Molto dubbi. Inesistenti, probabilmente.
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Rocchi e la storia dei soliti centimetri
Peggiore in campo senza bisogno di sforzarsi più di tanto il direttore di gara, anche a detta degli esperti del settore, ha combinato un guaio dietro l’altro.
Il primo, giustificato dalla collaborazione di un suo compare a bordo campo, per un tocco di braccio di Maicon su punizione di Pirlo, con il brasiliano in bilico tra fuori area e dentro l’area e, soprattutto, mentre si stava coprendo il volto per non beccare la pallonata in faccia («Non era assolutamente calcio di rigore», il commento amareggiato del brasiliano a fine gara); il secondo per un tocco di Pjanic su Pogba, stavolta nettamente più fuori che dentro l’area, e, soprattutto, abbondantemente oltre il tempo di recupero (un minuto, la segnalazione del quarto uomo). Insomma, due calci di rigore sulla linea (uno dei quali fuori tempo massimo) e due calci di rigore in favore della Juventus. Tutto secondo copione, si potrebbe dire. Una questione di centimetri, ancora una volta. Roba già vista, da queste parti. E non solo qui a Torino, però.
Sì, perché il signor Rocchi non è un nome nuovo per i tifosi della Roma, specie quando c’è di mezzo la Juventus. Il 9 agosto del 2005, fu proprio lui, giovane e di belle speranze, ad assegnare un tiro dal dischetto ai bianconeri ben oltre il 90’ in occasione di un’amichevole tra bianconeri e giallorossi (bonus per la cessione di Emerson) a Pescara. Un calcio di rigore semplicemente inventato per un fallo di Del Piero su Curci (sì, avete letto bene) che consentì alla Juve della Triade di non fare brutta figura. E, rileggendo chi governava in quel periodo la società bianconera, si intuisce con facilità la dinamica dell’accaduto.
VIA IL PATENTINO - Peggiore in campo senza bisogno di sforzarsi più di tanto, Rocchi, anche a detta degli esperti del settore, ha combinato un guaio dietro l’altro. C’è chi, a dire il vero, l’ha salvato pietosamente per la posizione di fuorigioco di Vidal, immobile davanti a Skorupski, sul tiro da tre punti di Bonucci, ma se avesse annullato quella rete (anche Max Allegri, mister della Juve, ha pubblicamente dichiarato ai microfoni di Sky che era un gol da non convalidare) nessuno avrebbe potuto rimproverargli qualcosa. Anzi, gli avrebbe fatto i complimenti, gli avrebbe stretto la mano per aver azzeccato almeno una decisione. Insomma, una domenica da dimenticare. O, forse, sarebbe meglio dimenticare che qualcuno all’esame da arbitro ha promosso l’allievo Rocchi. Un fiorentino che, sostengono a Firenze, abbia in simpatia non il colore viola ma il bianco e il nero. Nessuno conferma mettendoci la mano sul fuoco, però. Ma Rocchi, ieri sera, per dar forza alla propria modestia ha imbrattato il suo taccuino con 8 cartellini gialli e due rossi, oltre ad aver espulso Garcia, reo di aver “salutato” il primo gol su calcio di rigore di Tevez con un gesto alla Gilardino. Cioè, mimando una suonata di violino. «Le chiacchiere stanno a zero: i due rigori per la Juventus scientificamente non c’erano e sul terzo gol c’era Vidal in fuorigioco», la chiosa avvelenata e reale del ds Sabatini.
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