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Lazio su, Roma giù: il calcio nella Capitale ha fatto testacoda

Lazio su, Roma giù: il calcio nella Capitale ha fatto testacoda - immagine 1
La classifica è esaltante vista da Formello, una crudeltà assoluta dal mondo alla rovescia di Trigoria
Redazione

La città sottosopra. Di qua l'estasi, di là il tormento. Non si era mai vista una forbice così larga, tra Lazio e Roma, non si era mai vista dopo 13 giornate: addirittura 15 punti di scarto in favore dei biancocelesti. Un'enormità, è una differenza di più di un punto a partita, scrive Andrea Sorrentino su Il Messaggero. Procedono in direzione ostinata e opposta, le romane, e nessuno aveva previsto una stagione così, anche se a guardare retrospettivamente la scorsa estate tutto sembra assumere un senso, invece. Sono il giorno e la notte, lo zenit e il nadir. Il giorno è la Lazio che non si accontenta del secondo posto in nutrita compagnia, ma dà addirittura spettacolo, si difende attaccando, è ben più offensiva e leggera dei tempi di Sarri (che comunque portò un secondo posto, appena un anno e mezzo fa) e non aveva tanti punti in classifica dal 2017-2018, Simone Inzaghi regnante. La notte è rappresentata dalla Roma mestamente dodicesima, che non vinceva così poche partite da 46 anni (con la prima maglia Pouchain, in panchina prima Giagnoni poi Valcareggi) e non aveva così pochi punti da 20 stagioni (annata 2004-2005, o dei quattro allenatori). La classifica è esaltante vista da Formello, una crudeltà assoluta dal mondo alla rovescia di Trigoria; ha un suo senso tragicamente espressionista nell'evidenziare i diversi cammini, e le capacità nell' affrontarne gli inciampi. Sono agli antipodi, i due club, e lo sono stati anche nella fase di preparazione a questa stagione fatale, il che può suggerire qualcosa. È stato in ogni caso un anno straordinario e lo dice l'enormità del numero, 7, degli allenatori che abbiamo visto in città da gennaio a oggi: Sarri, Tudor e Baroni alla Lazio; Mourinho, De Rossi, Juric e Ranieri alla Roma. Ma in estate, con provvida lucidità, a Formello si sono liberati in fretta dell'equivoco Tudor in favore di Baroni, un giovane vecchio con un gran passato davanti a sé, e intanto Lotito metteva a punto l'inevitabile, e forse ritardata di un anno, rivoluzione culturale. Mentre il pubblico contestava e disperava nel futuro, alla Lazio si appurava che i grandi senatori ormai erano diventati un peso e ci si apriva a nuova linfa, nuove idee, con la collaborazione di un ds italianissimo come Angelo Fabiani, navigatore dei sette mari del mercato. Non si aspettavano neppure loro un exploit simile, al massimo lo auspicavano, ma è un fatto che la catena di comando tutta italiana, e con dirigenti ben presenti sul pezzo, sia stata di aiuto alle felici intuizioni di Baroni.