rassegna stampa

La «cantera» giallorossa una manna per Luis

(Il Messaggero – P.Mei) – La cantera de noantri accende il cuore dell’Olimpico e quello di chi guarda alla Roma e al suo domani:

Redazione

(Il Messaggero - P.Mei) - La cantera de noantri accende il cuore dell’Olimpico e quello di chi guarda alla Roma e al suo domani:

la Coppa Italia Primavera è vinta dai ragazzi in giallorosso, che l’avevano prenotata a Torino, quando avevano sconfitto la Juve per 2 a 1. Qui non hanno vinto la partita ma neppure persa, nessuno ha segnato (a dire la verità la Roma sì, con Politano, ma c’è stato l’annullamento per un fuorigioco che non c’era) e il risultato aggregato nella partita in quattro tempi è stato favorevole Il risultato ha fatto consegnare la coppa nelle mani di capitan Viviani, che già più d’una volta s’è visto in prima squadra. Chissà quante, avrà pensato. Il progetto? La cantera? Sono parole di moda nel dizionario vigente del calcio romanista, ma il concetto non è nuovo: è Primavera. Amelia; Rosi, Bovo, Lanzaro; Pepe, De Rossi, Greco, Aquilani; Totti, Okaka, Cerci: è il 3-4-3 che dà spettacolo, chi più chi meno, ma tutti in serie A.

 

Era già cantera, dunque, a modo suo. Oggi c’è qualche Loic, qualche Junior Ouraghio, qualche Nicolas tra i nomi, dove erano i Francesco e i Daniele, ed è un segno della globalizzazione che sempre più sarà quando ai nati in Italia, i ragazzi nostri di seconda generazione, sarà riconosciuta almeno la cittadinanza sportiva, l’equiparazione del tesseramento, nell’unico Paese che conoscono e nel quale hanno mosso le prime corsette con il pallone tra i piedi.

Sono i ragazzi della Primavera di papà De Rossi e di Alessandro Toti: sognano, come tutti i bambini (e tante bambine ormai) che inseguono un pallone e tra gli infiniti impegni dei piccini stressati hanno anche quello della scuola calcio. Sognano, e per una sera (per qualcuno era già successo con i grandi, quando sono stati chiamati a dare se non una mano almeno un piede) vivono dentro il sogno, che è l’Olimpico. Perché non è soltanto l’euro e 18 centesimi al secondo che guadagna Leo Messi quel che li spinge.

Li applaudono e tifano dalla Tevere piena (lì si sono trasferiti anche quelli della Sud, chiusa: qualche coro inappropriato); i piccoli raccattapalle li guardano con quel misto d’invidia e di desiderio, e con quella voglia di rubar loro il tocco segreto, che essi, i più grandicelli, nutrono nei confronti dei campioni più accertati, specie di quelli che, come loro, sono «romani de Roma», i Lamela dei rioni o quartieri della Capitale: in questa squadra che già da piccola si fa notare e amare, sui 18 in campo ieri sera 12 lo sono, sei titolari da subito e sei in panchina, contro i sei stranieri della Juve al fischio d’inizio[...]