«Ci serve la vittoria per chiudere il ciclo nero e uscire dal tunnel». Garcia indica subito il bersaglio da centrare in Sardegna. L'unica vittoria della Roma in campionato, dopo la pausa natalizia, il 6 gennaio a Udine. Il mese è poi filato via anonimo: 4 pari consecutivi che hanno permesso alla Juve capolista di allontanarsi e al Napoli terzo di avvicinarsi. Febbraio è nato addirittura peggio: ko e fuori dalla Coppa Italia. Il Cagliari, nonostante i 24 punti in meno in classifica, viaggia ultimamente alla velocità dei giallorossi: stessi punti (7) nel 2015. Ritmo per mettersi al sicuro. Può andar bene a Zola, non al francese. Che cercherà di arricchire la bacheca di Trigoria: «Sono venuto per vincere trofei. Questo club per me non è un trampolino». Chiude, dunque, la porta in faccia a chi si sta facendo vivo con lui. Che, pur guardando per la prima volta al futuro e non al presente, vuole restituire certezze al gruppo debilitato e incompleto. «Non ho mai pensato che i giocatori non si impegnino. Quando gli uomini sono contati, bisogna dare ancora di più per vincere. L'ho detto sia al mio staff che alla squadra. Serve la spinta di tutti. Possiamo battere chiunque, ma dobbiamo rischiare di più». Coraggiosi, non timidi e spaventati.
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Garcia: “Roma osa di più”
Gennaio è filato via anonimo: 4 pari consecutivi che hanno permesso alla Juve capolista di allontanarsi e al Napoli terzo di avvicinarsi.
INVOLUZIONE ACCERTATA - Garcia è infastidito. Non sopporta il confronto con la Roma di un anno fa. «Non è la stessa rosa e non ci sono gli stessi impegni, la Champions e l’Europa League cambiano tutto: si gioca ogni 3 giorni». La difesa, però, prende più gol e l'attacco ne fa meno. «Lavoriamo ogni giorno per essere più solidi dietro, dove ho altri calciatori, e più efficaci in attacco». Una squadra, intanto, non si è proprio presentata a Cagliari: infortunati, squalificati e nazionali. «Non mi era mai accaduto. Le assenze, però, non mi interessano. Mi concentro su chi è qui con me». Sbuffa se gli ricordano i troppi imprevisti. «Non è solo colpa della fatalità e della sfortuna. Ma la sfortuna c'è: penso a Strootman e Iturbe. Il cerchio vizioso è quando ti manca mezza squadra. E' la nostra storia di oggi. Quando torneranno tutti, spero presto, cercheremo di finire la stagione con la squadra che sarà più forte sul lungo periodo».
ONESTO E REALISTA - Così non se la sente di dire che la Roma è comunque superiore al Cagliari. «Se i presenti fossero al meglio, sì...». E' sincero sul caso Ibarbo: «Era guarito dall’infortunio al polpaccio e ha un tendine rotuleo da sorvegliare, per questo era prevista la visita a Barcellona. Se abbiamo preso un rischio, è stato in partita. Avevamo valutato, lui per primo, che era pronto per giocare 30 minuti. Per non rischiare. E' entrato bene, una delle cose positive di quella partita. Il giorno dopo, in allenamento, non gli abbiamo chiesto tiri, salti e scatti. E non si è infortunato allo stesso muscolo». Sospira: «Fatalità».
PIANO PLURIENNALE - «Peccato per l’eliminazione dalla Coppa Italia che volevo vincere. Ora ci sono il campionato e l’Europa League. Voglio portare la Roma dove credo meriti: in alto in classifica, anche nel futuro. Mi ripeto: non costruiamo solo una squadra per questa stagione. Sono 19 mesi che stiamo allestendo un progetto di gioco. La nostra annata non si ferma alla prossima partita, ce ne saranno tante altre». Quindi, se non si festeggia a maggio, accadrà comunque più avanti. «Se non ci riusciamo quest'anno, non vuol dire che abbiamo sbagliato tutto. Ognuno ha le sue responsabilità: allenatore, medici, dirigenti, tifosi, stampa. Il destino della Roma non è solo quello di essere una squadra che lotta per lo scudetto ogni anno, ma vogliamo che abbia chance anche in Europa. E non si fa in un giorno. Io punto a ridare l’orgoglio a questa città e alla gente. Per tornare a essere padroni della situazione».
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