Se l’obiettivo era lo scudetto, il punto non serve a niente; se invece l’occhio finisce dietro alle spalle e al mantenimento del secondo posto, questo ennesimo punticino diventa addirittura benedetto. La vita, come il calcio, si possono guardare in tanti modi: dipende sempre dai punti di vista. Per Rudi Garcia conta l’ultimo quarto d’ora giocato contro la Juve. Questo ti fa guardare con ottimismo all’immediato futuro. «Eccezionale» lo definisce il tecnico. E questo lo rende sereno, appunto, per il mantenimento del secondo posto. La Juve è andata, ma questo era prevedibile anche alla vigilia della super sfida dell’Olimpico. Un miracolo avrebbe riaperto il campionato, questo Rudi lo sapeva. «Era una partita molto tattica, le occasioni per le due squadre ci sono state. La reazione della Roma è stata eccezionale, giocare in dieci sotto di un gol e fare il finale come l’abbiamo fatto vuol dire che la squadra è viva e ha molto carattere». Resta da capire: perché queste due facce della Roma? Garcia poteva giorcarsela con più coraggio, viene da pensare. Quel quarto d’ora allargato a novanta minuti avrebbe cambiato la storia della partita e forse della stagione. Del resto le motivazioni c’erano tutte: il francese ha battuto la Juve solo in Coppa Italia. Questo, al di là delle ambizioni scudetto, poteva bastare per arrivare all’appuntamento in grande spolvero. «Si conosce male questa squadra se si sostiene che gioca per il pareggio in casa, anche se contro il primo della classe. Era una partita tattica e dopo aver subito il gol dovevamo rischiare qualcosa, l’unico sistema era alzare il pressing e avere la difesa alta. Peccato che anche in dieci non siamo riusciti a fare un secondo gol perché lo meritavamo per l’ultima mezzora giocata ad alto livello. Se da ora in poi giocheremo come nel finale con la Juve, vinceremo molte delle ultime tredici partite».
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Garcia: “Grande reazione, la squadra è viva”
Quel quarto d’ora allargato a novanta minuti avrebbe cambiato la storia della partita e forse della stagione
C’è una leggenda nel calcio secondo la quale l’allenatore che azzecca i cambi vuol dire che ha sbagliato la formazione. Entrano Iturbe, Nainggolan e Florenzi e la Roma si accende. Per questo, almeno complimenti. «Il merito è sempre dei giocatori, non dell’allenatore perché sono loro che scendono in campo. La plusvalenza è stata buona stavolta, sia di Iturbe e Nainggolan che di Florenzi come terzino destro sono andati benissimo. Ho scelto la formazione di Rotterdam, mi sembra giusto così, poi ho puntato sulla freschezza». Peccato sempre per quei primi settanta minuti, dove Buffon non ha fatto una parata. «Sì, ma la stessa cosa vale per De Sanctis che ha visto solo un tiro in porta e hanno segnato. Bisognava giocare di più anche se sappiamo che difendono bene. Era meglio manovrare e sviluppare l’ampiezza, questo sì. Abbiamo sfruttato poco le fasce. E’ stato un buon primo tempo ma per rischiare meno le ripartenze avremmo dovuto tenere di più il pallone».
Keita ha detto che manca fiducia. «E’ anche vero che eravamo in un momento in cui pareggiavamo tanto pure in casa. Una squadra che riceve sempre l’appoggio di tutti può essere solo in fiducia. Quando ci sono rimproveri iniziano a giocare con meno fiducia, è solo questo quello che ha voluto dire Keita ed è giusto». Keita ha detto quello che ha detto. Rudi capisce e aggiusta il tiro. «Non è facile avere la fiducia quando devi sempre inseguire. La squadra ha avuto coraggio. Credo ancora nello scudetto? Devo ripetermi:; il miglior modo per attaccare il primo posto è difendere il secondo». Il finale è su Torosidis. «L’espulsione? Esagerata».
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