rassegna stampa

Garcia fissa l’obiettivo: “Un titolo sarà nostro”

"L’unica cosa che non mi è piaciuta di questi cinque mesi è stato il primo tempo di Napoli." ammette il tecnico francese.

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L’altro Garcia è lontano parente di quello che si presenta di solito davanti alle telecamere. Quello conosciuto ieri, davanti ad una tazzina di caffè, è loquace, spiritoso, riflessivo, certamente meno mediatico e forse, più semplicemente Rudi. Come quando gli bastano un sorriso e cinque parole per farti capire che ha intuito a cosa mira la domanda («Non vedo i giovani? Con me Hazard giocava a 17 anni») oppure quando lascia trasparire un minimo di grandeur («Sono stato abituato ad offrire performance superiori alle attese, è stato così a Lille ed è così a Roma»). Per carità l’animus pugnandi è sempre vivo («La sconfitta a Torino l’ho vissuta come un’ingiustizia, perdere con tre gol irregolari è difficile da accettare. Forse non ci riuscirò per tutta la stagione o per tutta la vita») ma alla fine esce fuori l’uomo di sport («Al termine del torneo il verdetto è sempre giusto, lo accetterò, qualunque esso sia») che a volte, nel frullatore domenicale, fatica ad emergere. Anche perché, come ricorda, «ogni allenatore è un attore: deve essere in un modo con i giocatori, in un altro di fronte alla stampa».

Soddisfatto per come stanno andando le cose?

«L’unica cosa che non mi è piaciuta di questi cinque mesi è stato il primo tempo di Napoli. L’obiettivo finale non cambia: dobbiamo vincere almeno un titolo».

Ritiene che il calcio italiano l’abbia un po’ cambiata?

«Non mi sento cambiato e non modifico il mio modo di essere. L’allenatore è un attore, deve essere in un modo con i giocatori, in un altro di fronte alla stampa. Dopo il k.o. con la Juve, quando ho detto che vinceremo di sicuro lo scudetto, ero allenatore perché ci credevo, e attore perché era il momento giusto per farlo».

Il mercato è appena iniziato, può spostare gli equilibri?

«Non ho chiesto nessuno alla società, sono contento della rosa che ho. E’ raro che la sessione invernale cambi le cose. Sneijder? Non dico che non possono arrivare grandi campioni, ma poche volte chi arriva fa grandi cose. Nainggolan è stata un’eccezione».

La Roma ha bisogno di un grande centravanti?

«Abbiamo bisogno di giocatori più forti ogni anno, ma dipende dalle disponibilità, anche se il budget non è tutto. Il modello è l’Atletico Madrid e io non sono uno che piange per avere Messi e Cristiano Ronaldo. Quanto al centravanti, ne abbiamo almeno due con caratteristiche diverse: sul capitano non c’è più nulla da dire. Destro? Ha giocato in Nazionale, spero vi faccia ritorno. Può aiutarci come lo scorso anno. Va via? No, resta».

Nella costruzione della squadra, hanno trovato poco spazio giovani sui quali la società ha invece investito molto.

«E’ giusto che la società investa sui talenti, rappresentano il futuro e possono rappresentare delle plusvalenze per l’equilibrio finanziario. Io però voglio ottenere i risultati ora, anche perché rispondo di questi. Ricordo poi che Hazard con me giocava a 17 anni perché era già il più forte di tutti».

Che momento sta vivendo De Rossi?

«E’ un grande giocatore? Sì. E’ un grande uomo? Sì. Ha avuto qualche difficoltà a dicembre? Sì, anche a causa di cose extracampo. Ma noi siamo una grande famiglia e conto su di lui. Quando sta bene, siamo più forti. Daniele è fantastico, può fare tutto: uno così non l’ho mai avuto».

E Iturbe?

«Ha patito qualche infortunio. Il mio compito è trovargli un equilibrio, lasciandogli la libertà ma dandogli anche delle indicazioni. Farà grandi cose».

Avete iniziato a pensare ad una Roma senza Totti?

«Non posso più chiedergli 15 gol a stagione, ma finché non si fermerà non mi pongo domande sulla Roma senza di lui. Mi auguro che la sua uscita sia all’altezza del suo talento. Vinciamo quest’anno e i prossimi e consentiamogli di fermarsi come merita. È intelligente e sa gestirsi, saprà lui quando si dovrà fermare».

Postilla arbitrale: esiste la sudditanza?

«Non ci credo. Gli arbitri sono uomini e in una frazione di secondo devono decidere. Noi a volte rivediamo dieci volte un replay e fatichiamo comunque a capire. O leviamo i replay o aiutiamo gli arbitri. I torti alla fine si compensano? No, vanno valutati nel momento in cui li subisci».