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Dovbyk: “Lacrime e gol. La mia vita è diversa. Sento l’affetto della gente”

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L'attaccante della Roma si racconta: "Ogni giorno mi sveglio con un solo pensiero: chiamare i miei in Ucraina e chiedere se stanno tutti bene. Li vorrei qui, ma non si muovono"
Redazione

Artem Dovbyk si racconta sulle pagine de Il Messaggero in un'intervista a cura di Alessandro Angeloni e Stefano Carina. Il bomber ucraino si è raccontato, tracciando i passaggi più importanti del suo inizio alla Roma e parlando delle prossime sfide che li attendono. Ecco le sue parole.

Abbiamo saputo che a dicembre ha effettuato anche i fattori di crescita per problematiche alle ginocchia. Come sta? Ha risolto? "È il primo anno che gioco così tanto, su tre fronti. Il nostro staff medico ha fatto di tutto per aiutarmi e ora dopo le cure mi sento molto meglio. Ho giocato infortunato, non al cento per cento, e sono sceso in campo comunque, è stato un mio errore, avrei dovuto riposare ma sentivo il bisogno di stare con la squadra nei momenti difficili. Ora, però, mi sento bene".

Ma è possibile che da De Rossi a Ranieri, passando per Juric, dicano tutti che «la squadra deve imparare a servire meglio Artem»? È veramente così difficile? "Bella domanda. In allenamento ci lavoriamo e funziona tutto bene. In partita è diverso. A me, per esempio, piacerebbe fare tanti assist come quello per Dybala a Milano, ma c'è sempre poco spazio intorno a me. Qui in Italia per un attaccante è diverso, col Girona mi abbassavo molto e partivo quasi sulla linea del centrocampo. Ora mi vengono chieste cose diverse, come andare in pressing sul centrale avversario, liberare gli spazi per i compagni, far salire la squadra spalle alla porta. Io cerco di fare quello che l'allenatore mi dice".

C'è chi l'accosta a Dzeko. Le piace o la infastidisce? "So che esiste questo paragone. Ho parlato con Edin prima di venire qui e mi ha spiegato come sia difficile fare l'attaccante a Roma. È una città che vive il calcio 24 ore al giorno e i tifosi vogliono che tu segni in ogni partita. Lo capisco, me lo aspettavo, anche Dzeko ha avuto qualche problema nella prima stagione. Ho imparato tanto in questi mesi e sono fiducioso".

Come vive questa pressione? "Non leggo molto. Shevchenko mi ha sempre consigliato di comportarmi con naturalezza. Ho capito che Roma è il calcio. Qui ci sono radio, tv, giornali, io mi comporto co me una persona normale, amo il mio lavoro e do il massimo".

Legge i social? "Qualche volta, ma non mi metto a leggere i commenti o altro perché so che non aiuta. Anche perché altrimenti dovrei leggere tutti quelli che ce l'hanno con me per questo maledetto fantacalcio. Secondo loro dovrei segnare due gol a partita".

Visto che legge poco i giornali e ascolta anche meno le radio, allora glielo diciamo noi le critiche che le vengono mosse. Sono so prattutto due: in primis il fatto di utilizzare soltanto il piede sinistro e poi di non sorridere mai, nemmeno quando segna. "Ma non è vero che non rido mai. Da oggi potete confermarlo anche voi che sorrido, scherzo, sono un tipo al quale piace ridere. O no? Il problema è che quando gioco mostro un'altra parte di me, sono un altro Artem. Sono una persona onesta, non mi piace celebrare troppo per partite non importanti. Col Parma ho segnato il quinto gol dentro la porta, non era il caso di festeggiare. Faccio quello che sento in quel momento, in modo spontaneo. A Udine invece ho esultato per il rigore perché era importante. Utilizzo soltanto il sinistro? Lo so, è vero. In allenamento tutti gli allenatori che ho avuto, e Ranieri è tra questi, mi hanno detto di tirare anche col destro. Forse non ci crederete, ma calcio probabilmente meglio col destro rispetto al sinistro. Lo so, ne sono consapevole ma poi arriva la gara e faccio tutto con il sinistro. Tra l'altro sbagliando perché i difensori ormai lo sanno. Confido in una scommessa".

Ossia? "Con il vice di Ranieri: entro la fine della stagione segnerò due gol con il piede destro".

La Roma la considera un punto d'arrivo nella sua carriera? "Ho firmato un contratto lungo e voglio vincere trofei per i tifosi e per il club che è grandissimo e importante in Italia. Ho giocato in Spagna ma non è come qui a Roma, c'è un'atmosfera incredibile, con lo stadio pieno tutte le partite, non a caso all'Olimpico facciamo meglio. Poi nel calcio non sai mai dove sarai in futuro".

Si sente amato a Roma?"Quando passeggio per la città, sento forte l'affetto della gente, anche qui davanti a Trigoria. I romanisti mi vogliono bene".

Sappiamo che le piace poco parlare della guerra in Ucraina. Le chiediamo un'eccezione. Com'è la situazione? L'elezione di Trump a livello politico può cambiare qualcosa nel conflitto? "La situazione ovviamente non è buona, la mia famiglia è lì, per mio padre, mia madre e mia nonna quella è casa. Ho provato a portarli via con me, prima in Spagna, ora in Italia ma non c'è nulla da fare. Sono oltre 50 anni che abitano lì e voglio no restarci. Purtroppo vivo una vita diversa rispetto agli altri: ogni mattina mi sveglio e chiamo per sincerarmi che tutto sia tranquillo, che i miei stiano bene, che non sia successo niente di particolare, attacchi o cose simili. Per me... No, scusate, non ce la faccio a continuare"(si commuove).