rassegna stampa

A caccia del Gervinho sparito

L'ivoriano recentemente è una freccia poco acuminata, e il rendimento complessivo della squadra ne sta risentendo in maniera esagerata.

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Il più intoccabile degli intoccabili non è più intoccabile. Forse perché lui, artista del dribbling e pure (mezzo) eroe nazionale, pochi giorni fa non è riuscito neppure a dribblare un comandante d’aereo e imbarcare ad Abidjan la sua riccioluta amica bionda (tinta) senza passare dal check-in. Tempi duri, anzi lenti per Gervinho, la freccia nera della Roma. Una freccia recentemente poco acuminata, e il rendimento complessivo della squadra ne sta risentendo in maniera esagerata. Senza ali, tu lo sai, non si vola, ci ricorda da oltre quaranta anni il maestro Lucio. E la Roma senza la spinta dell’ivoriano sta facendo fatica. Gervinho non segna dalla prima giornata contro la Fiorentina e sono ormai 9 le partite che ha giocato senza andare a bersaglio, e con la maglia della Roma questo non era mai successo. Una flessione inattesa, per certi versi, ricordando il suo fenomenale rendimento nella passata stagione. Ma, chissà, forse era troppo presuntuoso pretendere un bis così scintillante. Sta di fatto che Gervinho ha cominciato a conoscere i primi mugugni e anche le prime sostituzioni, come accaduto martedì scorso a Mosca. E se Garcia contro il Cska non gli ha fatto terminare la partita, vuol dire che stava giocando veramente male.

ALLE RADICI DEL MALE -  Già, sta giocando male. Ma in che senso, realmente? Gervinho ha abituato i tifosi della Roma alla massima imprevedibilità: pallone al piede, insomma, lui ha dimostrato di essere capace di tutto e del suo contrario. Giocate da Pallone d’Oro e errori da Pippero d’Oro. Assist e gol; palloni storpiati e sbagli da dilettante: eccolo, Gervais. Prendere o lasciare. Il Gervinho attuale, invece, è stabilmente il manifesto della prevedibilità. Tutto o quasi scontato, tutto o quasi scontatamente toppato. Un problema atletico? Un problema di concentrazione? Chissà. Basta poco, però, per tornare all’antico; basta una scintilla, talvolta. Magari una giocata old style; magari anche soltanto un gol, bello o brutto fa niente. Il calcio non è una scienza esatta: non basta dire o fare questo o quello per avere una risposta certa, garantita. Il calcio ti sorprende, ti smentisce ogni singolo secondo dei novanta minuti e passa di una partita. E, allora, forse non è il momento di cercare o ipotizzare soluzioni che non siano legate al caso. Al fato. Perché nessuno va in campo per far male, per sbagliare. E se è vero che Gervinho gioca in maniera infantile, probabilmente non è opportuno, non è conveniente contaminare la sua semplicità elementare di fare calcio. Meglio aspettarlo senza riempirgli la testa di chiacchiere o nozioni inutili, pesanti.

AMARCORD -  Nella passata stagione, Gervinho a Milano contro l’Inter sfoderò la sua prima grande prestazione da romanista: da solo fece impazzire la squadra allora di Walter Mazzarri, assist a Totti e rigore procurato. Da quel momento in poi, l’ivoriano cominciò a essere il cartone animato più amato dai tifosi della Roma. Oggi l’indice di gradimento nei suoi confronti è ancora alto, però la gente romanista si aspetta che Gervinho torni in fretta a fare il Gervinho. Riuscirci nell’ultima notte di novembre contro l’Inter, avversario falsamente facile, farebbe comodo a lui, ai tifosi e soprattutto alla Roma, attesa in dicembre da impegni determinanti per la sua stagione, anche (o soprattutto) in campo europeo.