rassegna stampa

“Amerete Jesus”

"Se sbaglio provo a recuperare il prima possibile per riprovare a fare bene. Non mi nascondo mai dietro a nulla"

Redazione

«Se c'è bisogno io posso anche fare il terzino sinistro. Per aiutare la squadra ci vuole sempre un sacrificio in più. E nella difesa a tre mi sono sempre trovato bene» dice Juan Jesus intervistato da Gianluca Lengua per Il Messaggero.

«Milano, sponda Inter, è una piazza in cui è difficile giocare. La Roma è una grande squadra con una grande piazza, anche i tifosi sono più caldi e quindi sicuramente non dovremo sbagliare mai. Quello che chiede il tifoso è solo impegno quindi questo non mancherà e con l'impegno le vittorie arriveranno. Il problema è che i tifosi pensano che i giocatori siano delle macchine che non sbagliano mai, ma noi siamo fatti di pelle ed ossa e quindi sbaglieremo sempre. All'Inter sono cresciuto come uomo e calciatore. Adesso nella Roma è l'ora di fare la storia, abbiamo un grande gruppo e possiamo fare tante cose belle».

Dopo la Juve la squadra che più la preoccupa qual è?

«Il Napoli perché Sarri ha lavorato benissimo, ha fatto un gran lavoro riuscendo a tirare fuori il meglio dai suoi».

Quale aspetto l'ha colpita di più di Spalletti?

«É un professore. Mancini è più pratico, Spalletti invece ti fa studiare e ti insegna con calma le cose».

Con Higuain la Juventus è davvero imbattibile?

«Il calcio è undici contro undici. Ho vinto con l'Inter 3 a 1 contro la Juventus che aveva una squadra fortissima e noi avevamo una squadra normale con Cambiasso, Milito e l'allenatore era Stramaccioni. In partita conta chi ha più carattere e chi non ha paura».

A lei è mai venuta paura in campo?

«È il mio lavoro, io se sbaglio provo a recuperare il prima possibile per riprovare a fare bene. Non mi nascondo mai dietro a nulla. Se non riuscissi a fare questo cambierei lavoro».

Riesce a trasferire questa sicurezza ai compagni?

«Ogni tanto, ma dipende anche dal carattere dell'altro calciatore perché ho visto tante volte a Milano che appena sbagli la gente fischia e magari un giocatore più debole andava subito giù e non riusciva più a fare un passaggio rischioso. Tante volte ho messo la faccia per proteggere i compagni. Io e la mia squadra siamo una cosa sola io corro per loro e loro corrono per me».

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