Forzaroma.info
I migliori video scelti dal nostro canale

rassegna stampa

Aldair: “Io vecchio e lui bimbo, ma già leader vero”

Aldair: “Io vecchio e lui bimbo, ma già leader vero”

L'ex difensore della Roma: "

Redazione

Tra le tante date speciali da evidenziare sul calendario di Francesco Totti c'è anche il 31 ottobre del 1998. Il flash back lo fa tornare all'Olimpico, per Roma-Udinese finita 4 a 0: Francesco diventa capitano, incoronazione festeggiata con una doppietta (gran gol al volo di sinistro e rigore piazzato). Fu Aldair a promuoverlo e a mettergli la fascia al braccio. Per sempre (quasi 17 anni). Non è quella per la prima volta: il 17 ottobre dello stesso anno, gara casalinga contro la Fiorentina, la provò stringendo la mano a Batistuta.

"Sarò allo stadio e mi emozionerò, commuovendomi, insieme con i tifosi giallorossi. Perché, come loro, l'ho visto crescere. E siamo diventati amici" dice l'ex difensore della Roma, 51 anni e anche lui campione del mondo, intervistato da Ugo Trani per Il Messaggero.

Perché decise improvvisamente di rinunciare al ruolo di capitano?

"In quel momento avevo qualche discussione aperta con la società. E non era giusto, magari indirettamente, coinvolgere i miei compagni. In campo, da capitano, non si può essere nervosi o con la testa da un'altra parte. In più non ero proprio abituato. Non mi trovavo a mio agio, essendo straniero".

Come mai è stato scelto Totti che, nell'ottobre del 1998, aveva appena 22 anni?

"Semplice. In quel momento era la soluzione migliore per la nostra squadra. Giovane, nato a Roma e tifoso giallorosso. L'ideale per essere capitano. Anche perché ai miei occhi è sempre stato un giocatore importante. Ero certo che avrebbe fatto una gran carriera. E, a quanto pare, non mi sbagliavo. Francesco è nato campione".

Quando ha deciso, si è confrontato con Zeman e con gli altri compagni?

"No, ho fatto di testa mia. L'ho scelto io, dicendo all'allenatore e ai compagni che era la soluzione giusta".

Quali consigli ha dato al nuovo capitano?

"Gli dicevo di stare calmo e cercavo di aiutarlo. Il capitano deve far star bene gli altri, mettere tutti d'accordo e garantire serenità alla squadra. Non è solo indossare la fascia al braccio".

La Roma dell'ultimo scudetto ha avuto diversi leader: da Cafu a Samuel, da Emerson a Batistuta, da Tommasi ad...Aldair. Totti, tra tanti campioni, è riuscito a mostrare subito la sua personalità?

"Francesco ha portato, fin da ragazzino, sulle sue spalle il peso del grande calciatore. Ma, vivendo quotidianamente a contatto con i big di quel gruppo, è cresciuto in fretta come calciatore e come uomo. Ha acquistato esperienza e soprattutto carisma. Ma il suo carattere è rimasto lo stesso. Non l'ho mai visto discutere con i compagni. Si è sempre fatto capire. E, se doveva affrontare qualche argomento delicato o comunque importante, magari preferiva non farlo in pubblico. Ti chiamava, parlando a quattr'occhi".

Gli ha mai consigliato di smettere prima?

"Pensavo che a trentacinque anni avrebbe lasciato. Più o meno facciamo tutti così. È l'età giusta. Solo i portieri sono propensi a fare qualche anno in più, riuscendo ad arrivare ai quaranta. Francesco, invece, ha preferito non fermarsi".

E' questo il momento giusto per dire addio?

"La carriera, se non hai infortuni seri nella fase finale, non ha mai una fine scritta. Dipende da come stati e da come ti senti. Uno di solito finisce prima. Come ho fatto pure io. Ma c'è pure chi va avanti. Penso a Junior che ha giocato fino a 42 anni con il Flamengo. Anch'io ho provato a ricominciare all'età di Francesco: a quarantuno anni mi chiamò Agostini per giocare a San Marino. Mi ha subito convinto e io ho accettato con entusiasmo. Ho provato, ma non c'è l'ho fatta. Non ero più allenato e mi sono fatto male".