rassegna stampa

Un maestro o un equivoco?

(Corriere dello Sport – G.Dotto) – E’ cominciata così, con l’acqua impastata di rabbia e fiele. Umori neri. Conte sotto vetro in tribuna e Zeman in panchina, un lupu, anzi una lupa, a fiutare l’ostilità quasi...

Redazione

(Corriere dello Sport - G.Dotto) - E' cominciata così, con l'acqua impastata di rabbia e fiele. Umori neri. Conte sotto vetro in tribuna e Zeman in panchina, un lupu, anzi una lupa, a fiutare l'ostilità quasi fisica dello stadio. Finisce, ma era finita dopo venti minuti e forse già negli spogliatoi, nella malinconia più disperante, dove pesavano i quattro gol, le due traverse, ma soprattutto l'impotenza di una squadra troppo, ma troppo somigliante a quella dell'incubo asturiano. E uno Zeman mummificato in panchina, mentre i suoi nemici imperversavano e ballavano truci sui suoi resti. Soprattutto il vecchio dubbio molesto che il suo calcio sia un'utopia forse spendibile in territori meno sofisticati, da affidare a giovani votati al massacro, ma che a certi livelli ha bisogno di altro. DI altra scaltrezza, di altra flessibilità. La Roma di ieri è un dinosauro che di moderno aveva solo l'Ipad nelle borse dei giocatori. 

La vera squadra zemaniana aveva strisce bianconere. Un paradosso che stordisce, uccide. La beffa peggiore. Aggressivi e primi su ogni palla. Balzaretti lascia baracca e burattini a nome di tutti noi con febbre alta. De Rossi mediano non nè corpo nè anima. Con Luis Enrique era tutto. Con Zeman è una funzione, forse una finzione, nemmeno così vitale, che si ostina a spedire palle morte in zone morte. Taddei basso, anzi nano, a destra è un debito permanente, non sa difendere, non sa attaccare, la mollezza di chi non sa perchè è lì invece che a casa ad ascoltare una samba di Toquinho.

Questa volta non c'è bisogno di aspettare il secondo tempo per deprimersi. I cambi sono un modesto palliativo dentro una partita già scritta. La sofferenza atroce? Sentire quel pollastro piacione di Mauro pontifiocare che la Roma è "un'accozzaglia di giocatori". Se hanno orgoglio nelle mutande, Totti De Rossi e compagni devono ripartire da qui. E se Zeman si manifesterà come l'ennesimo abbaglio collettivo di tutti noi, di questa tifoseria che il troppo amore porta a sragionare, allora si passi subito ad altro. Zeman dimostri ora o mai più di non essere un feroce equivoco, di avere il controllo della squadra, altrimenti sia il primo a chiamarsi fuori con un nobile harakiriUn altro anno di accanimento terapeutico alla Luis Enrique, questo no, non lo possiamo sopportare.