La Roma di Coppa, come quella del campionato, lascia un quesito di fondo curioso e anche un po’ inquietante. Non si capisce quale sia la squadra a cui dobbiamo fare riferimento, quella più vicina alla realtà delle cose. E’ la Roma dei risultati o la Roma del gioco, inteso in senso largo, dall’atteggiamento in partita, alle scelte dell’allenatore, all’interpretazione tattica dei vari momenti della gara.
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Roma, solo i risultati di Champions
la Roma ha una doppia faccia: la prima gioca bene a pallone e fa male all'avversario, la seconda fa un possesso palla sterile, lenta e tutta a difesa del risultato.
Come riporta l'edizione odierna del Corriere dello Sport, sui risultati oggi nessuno può dire niente, o quasi niente. In campionato ha 3 punti in meno della Juve capolista, è in piena corsa per lo scudetto e se lo scontro diretto di Torino fosse finito come era giusto che finisse, sarebbero almeno alla pari. I risultati della Champions necessitano di una interpretazione un po’ più approfondita, però se il giorno del sorteggio abbiamo detto tutti, ma proprio tutti, che la Roma era finita in un girone terribile dobbiamo ribadirlo anche adesso.
E’ la Roma del gioco che va discussa, anche dimenticando lo splendore di un anno fa, quando non c’era la Coppa a togliere la continuità del rendimento. Ma una squadra che si sente forte dentro non sta lì a difendersi da un avversario che, fra l’altro, non è per niente minaccioso. Se finisce in quel vortice, è perché smarrisce il senso di sé. Era successo anche a Bergamo: per 45’, tutti dietro a difendere un gol di vantaggio, con una pessima gestione della palla e ingiustificabili lentezze e leggerezze.
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