rassegna stampa

La Roma ci ricasca. L’Olimpico è tabù

(Corriere dello Sport – P.Torri) – Poteva e doveva essere una festa romanista. Sembrava tutto andare alla perfezione, gol di Totti, numero 216 in campionato, agganciato al quarto posto  all time Altafini, gol nella notte del suo...

Redazione

(Corriere dello Sport - P.Torri) - Poteva e doveva essere una festa romanista. Sembrava tutto andare alla perfezione, gol di Totti, numero 216 in campionato, agganciato al quarto posto  all time Altafini, gol nella notte del suo trentaseiesimo compleanno (auguri), una serie di occasioni sprecate, Sampdoria in dieci all’alba della ripresa, superiorità in tutto. E invece quando in campo c’è una squadra zemaniana neppure il più serafico dei tifosi può stare tranquillo. Un errore di Stekelenburg nella ripresa ha rimesso in gioco i genovesi.Errore che abbinato a un nuovo, preoccupante, calo fisico dei giallorossi, alla fine ha consentito a Ferrara di uscire a braccia alzate da un Olimpico fischiante e che non vede una vittoria dei suoi prodi in casa dall’undici aprile scorso (Roma-Udinese 3-1).

LA TATTICA - C’era una volta il quattro-tre-tre. Può sembrare strano dirlo quando in campo c’è una squadra boema con accento romano. Eppure Roma e Samp che si sono schierate in campo con il modulo a specchio, costringeranno i docenti di Coverciano ad aggiungere perlomeno un capitolo al libro di testo griffato Zeman. Perché Zdenek può pure alzare le spalle se i dogmi non vengono rispettati avendo la possibilità di mettere in campo un ragazzo di trentasei anni che continua a dipingere calcio. E perché, soprattutto, i numeri di Ferrara sono un optional buono per le dichiarazioni della vigilia. Ovvero sempre almeno nove uomini sotto palla, il maratoneta Pozzi (almeno fino a quando è stato in campo) in volontario olocausto nelle praterie dove faceva una fatica del diavolo a trovare uno vicino che indossasse la sua stessa maglia, obiettivo primario non far giocare gli avversari piuttosto che pensare a giocare in proprio. Il risultato è stato, tolti i dieci minuti iniziali, un crescente dominio della Roma che, peraltro, alle previste assenze di Osvaldo e Pjanic, inizialmente ha preferito aggiungere anche quella di De Rossi tenuto in panchina magari pensando che sabato prossimo si andrà a Torino dalla Vecchia Signora per la madre di tutte le partite. Al punto che il solo gol di Totti, alla fine del primo tempo ai tifosi giallorossi, non poteva non lasciare un che di amaro in bocca per il tanto creato e il poco raccolto. (...)

METAMORFOSI - Sembrava che la situazione non potesse cambiare all’inizio della ripresa quando, un minuto non era ancora passato, Maresca si è fatto espellere per somma di ammonizioni dall’arbitro Mazzoleni la prima sacrosanta per un fallo di mano volontario, la seconda per un fallo su Lamela. E invece, dopo un’altra manciata di occasioni fallite dai giallorossi per colpevole leggerezza, ci ha pensato Stekelenburg a rimettere in partita la Doria: un tiro-cross di Berardi dava ragione al ct olandese Van Gaal, l’orange non tratteneva il pallone, Munari non ci credeva ma ringraziava ribattendo in rete. E qui è cominciata un’altra partita. Con la Roma, in evidente calo dinamico come era successo con il Bologna, che provava a rimettere la testa avanti e la rinata Samp capace di ripartenze che aumentavano a dismisura la tachicardia del pubblico romanista. Incredibile, se non si fosse già vista, la metamorfosi della squadra zemaniana, incapace di dare brillantezza alla sua manovra, facilitando il compito di una Samp che con un uomo in meno aveva trovato il migliore degli alibi alla filosofia con cui era scesa in campo, rischiando pure in almeno due ripartenze di ripresentarsi in solitudine davanti all’orange impaurito. (...)