rassegna stampa

Bruno Conti: “Quando Eto'o venne a Roma…”

(Corriere dello Sport – G.D’Ubaldo) – Per la Roma è stato tutto. Uno dei protagonisti dello scudetto vinto nel 1982-83 con l’ingegner Dino Viola, Nils Liedholm in panchina, un gruppo di grandi campioni e uomini in campo; il...

Redazione

(Corriere dello Sport - G.D'Ubaldo) -Per la Roma è stato tutto. Uno dei protagonisti dello scudetto vinto nel 1982-83 con l’ingegner Dino Viola, Nils Liedholm in panchina, un gruppo di grandi campioni e uomini in campo; il campione del mondo; lo scopritore di talenti.

Il direttore tecnico per cinque anni difficili e fantastici. Forse irripetibili. Bruno Conti oggi compie 57 anni. Dal giugno scorso è tornato ad occuparsi soltanto del settore giovanile. Allo stadio a vedere la Roma non va più, il suo posto su quella panchina vicino alla curva Sud è rimasto vuoto. (...)

L'ultimo è Piscitella, strappato a Milan e Inter, si è già affacciato in serie A con Luis Enrique, ennesimo prodotto di un settore giovanile che ha sempre proposto giocatori importanti e interessanti. Cinquantasette anni tutti d'un fiato. Bruno Conti, come ci si sente a 57 anni? «Molto bene, sono in forma, in questi giorni sono a Cagliari e mi godo i miei nipotini. Sono felice».

Oggi come vive?«Gli anni non mi pesano. Faccio un lavoro che mi piace. Sono il responsabile del settore giovanile, che mi continua a dare grandi soddisfazioni. In quasi venti anni ho ottenuto risultati importanti».

Anche Piscitella, che ha già esordito in serie A, è una sua scoperta?«Certo. Quando i nuovi dirigenti sono arrivati, mi hanno fatto i complimenti. Lo scorso anno abbiamo vinto il titolo italiano con tutti ragazzi cresciuti nel vivaio, tranne Dieme e Mladen. Quest’anno si sono aggiunti Nego, Tallo, Lopez e Ferrante. Piscitella lo abbiamo scoperto in uno dei tanti provini a Napoli, da quando ha 15 anni vive nel nostro pensionato. Lo volevano anche l’Inter e il Milan. Nel calcio da soli non si può fare niente, devo riconoscere il grandissimo lavoro che svolgono i nostri osservatori. Con le difficiltà economiche che avevamo siamo riusciti sempre a prendere i ragazzi di talento grazie alla qualità dei rapporti. I dirigenti degli altri club ci fanno i complimenti. In questi 18 anni il vivaio ha tirato fuori tanti ragazzi. L’ultimo arrivato in prima squadra è Ricci. Sono due gemelli, ci furono segnalati dal papà di Roberto Muzzi, che cura il settore giovanile del Morena. Cominciai nel ‘93, sono sempre andato in giro per i campi dei dilettanti, i rapporti umani sono stati più utili dei soldi». (...)

In questi anni c’è stato il rimpianto per non essere riusciti a prendere un giocatore?«Più di uno. Siamo stati vicini a Drogba. E ad Eto’o, che è stato anche a casa di Pradè. Per Mutu avevamo chiuso con la Fiorentina, che poi ci ripensò. Avevamo grandi rapporti e spesso riuscivamo a far fronte alle difficoltà economiche».

Si sente completamente ripagato dal rapporto con la Roma? «In pieno. Da calciatore devi dimostrare la tua bravura sul campo, ma anche da dirigente contano i fatti. Devono essere gli altri a giudicare il mio operato. Negli anni passati non avevamo un budget per il vivaio. E i risultati sono sempre arrivati. Mi fa piacere che i nuovi dirigenti abbiano apprezzato il mio lavoro e abbiano dato la loro disponibilità per sostenerci. Abbiamo tre campi nuovi per il settore giovanile. Fenucci ci è venuto incontro. E' stata creata una struttura importante. Anche Sabatini segue il nostro lavoro».

Il suo rapporto con i tifosi. «Ora è meno diretto. Ma da parte mia non è cambiato niente. Nel calcio c'è chi dimentica, ma non può essere cancellato quello che ho fatto per la Roma. Quando venivano a contestare a Trigoria io e Totti ci abbiamo messo sempre la faccia. Se qualcuno ha dimenticato, io no. Non dimentico il giorno del mio addio al calcio, la festa scudetto, non dimentico nulla. Ma capisco che nel calcio che cambia così in fretta a volte qualcuno può dimenticare. Per esempio ci si è dimenticati di quello che ha fatto la famiglia Sensi. Io sono grato a Rosella. Quando mi chiese di guidare la prima squadra mi disse che avrebbe rivisto il trattamento economico. Gli risposi che non era il caso di parlare di soldi. Quei mesi furono terribili, non dormivo la notte. I tic che mi porto dietro da una vita aumentarono in modo spaventoso. Dopo una sconfitta a Parma mi ritrovai nello spogliatoio a piangere. Ho avuto paura. Qualche settimana dopo la vittoria di Bergamo ci tolse dai guai, grazie a un gol di Cassano. Ci abbracciammo piangendo, con Pradè, Rosella Sensi». (...)

C'è un nuovo Bruno Conti che si affaccia nel mondo del calcio. Ce lo racconta?«Ho cinque nipoti stupendi che mi fanno uscire di testa. Bruno è il figlio di Daniele. Per la nostra famiglia è Brunetto. Quando nacque, in clinica, Daniele mi disse che gli aveva messo il nome mio. Pensavo a uno scherzo. Ha nove anni, gioca negli Esordienti del Cagliari. E' mancino anche lui, il destro lo usa solo per camminare come il nonno. Ha anche i miei stessi tic. E qualche finta, il colpo di tacco. Gli piace giocare dietro le punte, ma si muove per tutto il campo e ha una bella botta. Quando vado a Cagliari lo vado a vedere agli allenamenti, mi metto in un angoletto senza farmi riconoscere. E' tifoso della Roma e del Cagliari, ma quando si affrontano è tutto per il padre. Il fratello Manuel ha sette anni e gioca anche lui. E' un martello, mena come Daniele. Anche lui promette bene»