(Corriere dello Sport-F.M.Splendore) Mamma mia questo Torneo di Viareggio. C’è sempre da soffrire...
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Alberto De Rossi: “Con Luis Enrique i miei ragazzi ci credono di più”
(Corriere dello Sport-F.M.Splendore) Mamma mia questo Torneo di Viareggio. C’è sempre da soffrire…
«E’ così, qualche responsabilità sarà indubbiamente nostra. Ma non abbiamo neanche fortuna. Siamo fermi alla finale fatta nel 2007 e persa con il Genoa: ora dobbiamo tirar fuori quel che abbiamo, la qualificazione è ancora possibile. Poi bisogna anche dare una visione d’insieme al lavoro: siamo dentro un’altra annata importante,dopo averne chiusa una da campioni d’Italia e con la Coppa Italia e la Supercoppa sfumate per un niente».
La squadra è prima in campionato, imbattuta, con la miglior difesa e un attacco a 2 gol dalla Lazio ma con una partita in meno. Sono grandi numeri di un nuovo ciclo. «Abbiamo dato vita ad un ricambio importante. C’è tanta Roma in giro, di quel gruppo: Mladen nella B romena, Diemè nella C1 francese, Montini e Frascatore a Benevento, Antei a Grosseto, Florenzi a Crotone. Aggiungiamo Caprari che è andato in un grande gruppo di lavoro come quello del Pescara. Più i ragazzi saliti con Luis Enrique. E due anni fa Stoian, Pettinari, Crescenzi...». Ecco, Luis Enrique. Si parla tanto del Barcellona, della cantera. Che rapporto ha con lei? «Intanto vorrei dire una cosa che può servire a sfatare forse un mito. Il rapporto con Luis Enrique e con il suo staff è stretto, diretto. Ma non ci siamo mai sentiti parlare di cantera o di Barcellona. Hanno cominciato da subito a vedere come lavoravamo e ci hanno detto di andare avanti così, esprimendoci soddisfazione. Io ho uno scambio continuo, in particolare con uno dei suoi assistenti, Robert Moreno». Questo scambio costante è una novità rispetto al passato?
«Fatto con questa intensità sicuramente sì. E anche con questa risposta continua che arriva nei fatti: non solo nell’attenzione verso il nostro lavoro. Ma anche nelle riunioni che io e il mio collaboratore diretto Alessandro Toti sosteniamo. E poi con le convocazioni ai ragazzi. Il discorso ovviamente parte da lontano, dal vertice. Franco Baldini e Walter Sabatini sono stati molto chiari con me nel darci un indirizzo: quello di una grandissima attenzione da parte della società per il nostro lavoro. Con il direttore sportivo, il confronto e lo scambio sono quotidiani».
Da tecnico: cosa desta interesse nel lavoro di Luis Enrique? «Le esercitazioni sul campo sono molto interessanti, come i ritmi. Beh, non sarò io a svelarvi dettagli... Mi piace dire che in questo allenatore colpiscono la genuinità e la spontaneità che mette anche nei rapporti professionali. E c’è un fatto inequivocabile, distintivo: la facilità con cui valuta i giovani e dà loro delle opportunità importanti, ha creato un entusiasmo contagioso: nei calciatori e anche in noi. I ragazzi sanno che se fanno bene c’è un tecnico in prima squadra che non si crea mezzo problema a gettarli nella mischia. E noi abbiamo un inevitabileriscontro del lavoro di costruzione che portiamo avanti».
Una cosa: torniamo all’uscita di scena di Ranieri e all’arrivo di Montella sulla panchina della Roma. Si parlò anche di lei. La verità: un rimpianto, anche una volta sola? «La verità: no. Ma deve farmi spiegare perché odierei apparire presuntuoso. Il mio lavoro è questo: amo fare l’istruttore, costruire, la mia adrenalina è l’esordio di un ragazzo. In prima squadra è tutto troppo legato al risultato del campo. Non mi prende, che devo farci? Io ormai mi vedo a costruire il futuro». Della Roma «Beh, direi di sì. Sono diciotto anni...». Cosa è la Roma per Alberto De Rossi? «Casa, famiglia. A me succede questo: parto da Ostia e lascio una casa e una famiglia, la macchina va da sola e arriva a Trigoria, in un’altra casa e in un’altra famiglia. La Roma per me è il cuore, la passione, il tifo».
La Roma per Alberto De Rossi assomiglia moltissimo alla Roma per Daniele De Rossi. «Le parole di Daniele le hanno ascoltate tutti, sono andate anche in video. Io dico che noi abbiamo scelto e viviamo la famiglia Roma senza nemmeno sfiorarci, qui. Deve essere così. Lavoriamo per la stessa società, ma uno staccato dall’altro. E ognuno di noi ha fatto il suo percorso indipendentemente dall’altro. Ma la passione, il cuore, il tifo, ci accomunano, quello sì». Diciotto anni, ragazzi persi e scommesse vinte. Una: Cerci. Lei l’ha lanciato sotto età, ci dice che gli succede? «Ci siamo sentiti a Natale per gli auguri, non lo vedo da un po’. Per parlare di una situazione dovrei conoscerla a fondo. Dico solo di rivedere la carriera di questo ragazzo e le volte che è caduto, per infortuni, e si è sempre rialzato. Questo vuol dire che dentro di lui c’è stoffa. E che il suo percorso in ascesa continuerà». I volti dei ragazzi di oggi: Nico Lopez. «Ha avuto un percorso precoce, ha esordito in A nel suo Paese. E’ chiaro che è molto giovane, la sua maturazione va completata. E’ molto interessante, ha doti tecniche spiccatissime, non bisogna fare l’errore di dargli troppe responsabilità». Ferrante. «Ragazzo molto interessante, prima punta che si muove negli spazi. Ha fatto esperienza in Prima Divisione e questo si vede nel bagaglio che ha nei movimenti e nella copertura della palla. Ed è un ‘95!».
Tallo è migliorato tanto. Migliorerà ancora? «Deve migliorare ancora. E’ stata una grande intuizione di Sabatini quella di prenderlo.All’Inter si era perso tra un infortunio e l’altro. Da noi abbiamo lavorato sulla sua vena realizzativa. E continueremo a lavorare».
E i due esordi in A, Viviani e Piscitella? «Viviani è un ragazzo straordinario, il primo anno ha avuto meno spazio, ha atteso e attraverso il lavoro ha attirato l’attenzione dello staff di prima squadra. In due anni ha ottenuto risultati eccezionali. Per Piscitella la cosa più bella è ripensare a un anno e mezzo fa, quando la sua enorme capacità nell’uno contro uno era fine a se stessa: salta l’uomo con grande facilità, avergli fatto capire quanto era importante mettere quel talento al servizio della squadra spero lo abbia aiutato». Lo ha aiutato sì. Avanti il prossimo.
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