(Corriere dello Sport – A.Maglie) - Sarà un caso, ma un caso che fa riflettere: gli ultimi sei allenatori della Roma sono andati via consegnando una lettera di dimissioni. Insomma, divorzi consensuali, alcuni astiosi, altri annunciati, altri ancora assolutamente imprevisti, veri e propri «fulmini a ciel sereno», come avrebbe detto un noto presidente federale del passato.
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Tecnico Roma, ancora dimissioni
(Corriere dello Sport – A.Maglie) – Sarà un caso, ma un caso che fa riflettere: gli ultimi sei allenatori della Roma sono andati via consegnando una lettera di dimissioni. Insomma, divorzi consensuali, alcuni astiosi, altri annunciati,...
Claudio Ranieri è solo l’ultimo di una lista aperta da Fabio Capello. Gli estremi di un’éra che abbraccia un arco temporale di sette anni; estremi anche per le modalità dell’addio: Ranieri ha salutato signorilmente, con parole che sottolineano il rapporto d’amore tra lui e il club in cui è nato come calciatore; Capello andò via quasi nottetempo, inseguito dall’astio di una tifoseria che non aveva accettato il modo (improvviso) e soprattutto l’approdo (la Juventus). «MAI BIANCONERO» -Lo diceva senza tentennamenti, l’attuale ct dell’Inghilterra. Eppure quando Antonio Giraudo e Luciano Moggi bussarono a casa sua, trovarono la porta spalancata. La Roma attraversava un momento complicato dal punto di vista finanziario, bisognava razionalizzare le spese, soprattutto contenerle. La Juventus, invece, metteva a disposizione un portafoglio gonfio. Era una sera di maggio, di fine maggio. Presentò la lettera di dimissioni e andò via consegnando alla Roma un problemadi non facile soluzione: la sua sostituzione. Un problema così complesso che la Roma non riuscì a risolverlo nel migliore dei modi finendo per imbarcarsi in una stagione avara di soddisfazioni e ricchissima di allenatori. Cominciò Cesare Prandelli. Aveva fatto bene a Parma, giocava un calcio bello, organizzato, allegro. Ma erano giorni terribili per l’attuale ct azzurro: la malattia della moglie, la scelta obbligata tra la famiglia e la professione. Cesare scelse la famiglia, probabilmente anche convinto da alcune difficoltà di rapporto con Cassano, inquieto Genio barese. Consegnò la lettera prima ancora del fischio d’avvio della stagione. ATTERRA VOELLER -Il coro si alzava tutte le volte che compariva sul terreno di gioco:«Vola, tedesco, vola, la curva si innamora». E lui, il tedesco con moglie romana, l’aereo lo prese per atterrare di nuovo nella Capitale. Rudi Voeller, straordinario centravanti, campione mondiale a Italia ‘90. Uno che nel cuore dei tifosi lasciava sempre un’impronta. Ancora da scoprire, come allenatore, anche se nel Mondiale del 2002 qualche qualità si era intravista: con una nazionale tedesca non esaltante (certo non paragonabile a quella di dodici anni prima) arrivò alla finale del torneo nippo-coreano. Vice-campione del mondo, alle spalle del Brasile di Ronaldo. Ma a Roma la fortuna non fu dalla sua parte: quattro partite di campionato e lettera di dimissioni. Tornò in Germania, deluso, ma senza rancori. Più rancoroso, invece, sarebbe stato l’addio dell’uomo che lo sostituì, Luigi Del Neri. Qualche mese prima lo aveva chiamato il Porto: nemmeno il tempo di concludere la preparazione e la sua parentesi portoghese era già finita. Quando approdò a Roma, la gente aveva ancora negli occhi il calcio spettacolare del suo Chievo. Regalò poco spettacoloe molte delusioni. L’ANTI-INTER -Incombeva Calciopoli, scomparve la Juve e salì sul tetto d’Italia l’Inter. E la Roma era lì, unica antagonista. Prima con Spalletti, poi con Ranieri. Era bellissima, la squadra di Spalletti: giocava come non si era mai visto in Italia, una squadra europea, con un modulo «importato» dalla Spagna. Poi, all’inizio della scorsa stagione, qualcosa si ruppe. Due partite e nuova lettera. Il resto è storia di oggi: la rimonta clamorosa di Ranieri, le grandi attese di agosto, le altrettanto grandi delusioni di febbraio. Ultima lettera, ultimi ringraziamenti: per tutti, perché la classe non è acqua, nemmeno nei momenti in cui sarebbe più facile urlare la propria rabbia.
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