rassegna stampa roma

Roma, quattro amici Aabar

(Il Manifesto – H. S. Paragnani) – Nelle aule delle scuole elementari, da decenni gira una barzelletta che inizia sempre allo stesso modo. «Ci sono due arabi, un americano, un francese e un italiano… ». Lo svolgimento varia poco:...

Redazione

(Il Manifesto - H. S. Paragnani) - Nelle aule delle scuole elementari, da decenni gira una barzelletta che inizia sempre allo stesso modo. «Ci sono due arabi, un americano, un francese e un italiano… ». Lo svolgimento varia poco: di solito i cinque personaggi sono tutti alle prese con la medesima situazione e la affrontano secondo i più retrivi stereotipi nazionali. Immancabilmente, l’italiano, svantaggiato ma dotato di furbizia, ha la meglio.

Si augurano tutt’altro finale i tifosi della Roma, in fibrillazione per l’arrivo delle offerte vincolanti d’acquisto giunte sul tavolo dell’advisor Rothschild lunedì. Si tratta proprio di due proposte arabe, una francese (definita «pittoresca»), una americana e una italiana.

Ad aver scatenato la fantasia dei romanisti è soprattutto quella del potente fondo arabo Aabar che ha presentato l’offerta tramite la società lussemburghese Claraz, i cui riferimenti giuridici la vogliono legata, certo non casualmente, a uomini Rothschild. Nei forum e nelle radio giallorosse che martellano l’etere 24 ore al giorno, la proposta del fondo abudabino ha immediatamente eclissato quella, ampiamente attesa, della cordata bostoniana legata a Thomas R. DiBenedetto, che fino a quelmomento aveva monopolizzato i sogni di gloria capitolini.

I conduttori radiofonici si sono prestati volentieri a questo gioco tanto che era facile trovare musica arabeggiante al posto di Antonello Venditti, mentre le bacheche e gli avatar in giro per la rete si sono abbelliti di turbanti, kefiah e barbe lunghe. Difficile smorzare tanto entusiasmo, trovandosi di fronte un’entità economica dai fondi praticamente illimitati, che avendo da poco dismesso una quota della Ferrari, sta cercando un altro investimento di prestigio.

Lo scetticismo degli analisti riguardo l’esistenza stessa di un interesse del fondo per l’AS Roma è stato spazzato via quando al fotofinish Aabar ha fatto pervenire la sua offerta vincolante, che indiscrezioni vogliono come la più alta. Non solo, la proposta d’acquisto non prevede alcun aiuto da parte di Unicredit o una partecipazione nell’azionariato giallorosso dell’istituto di credito presieduto da Ghizzoni.

Gli arabi vogliono tutto e vogliono gestirlo da soli, a differenza di quanto farebbe la cordata a stelle e strisce che aveva convinto la banca a restare, per un certo periodo, come partner finanziario. Solo in pochissimi addetti ai lavori, evidentemente bene informati, davano Aabar in attesa di sferrare l’assalto decisivo, mentre ai semplici tifosi non restava che curiosare sulla bacheca Facebook di Khaled Al Qubaisi, cugino del presidente di Aabar, Khadem Abdulla Al Qubaisi, pilota automobilistico assalito lo scorso novembre dalla curiosità dei media sportivi quando era a Vallelunga per una gara.

Se nel circuito romano Khaled non s’era lasciato sfuggire nulla più di un «no comment», il pilota aveva lasciato tutti di stucco alla fine di dicembre pubblicando su Facebook una foto in maglia giallorossa (con una vecchia Diadora, almeno ufficiale) in compagnia di sua figlia accompagnato dalla didascalia «Indossando il mio regalo di Natale». E se è strano pensare ad un musulmano che parla di regali diNatale vuol dire che ilmondo arabo non è poi così lontano da noi. Lo ha ricordato con orgoglio anche Hussein Yasin, giornalista di Al Jazeera, ai microfoni di Radio- IES a proposito del possibile acquisto della Roma da parte di Aabar: «Nel mondo arabo, soprattutto nei paesi del golfo, non esistono problemi riguardo alle differenze di religione. Il mondo arabo non è così lontano come sembra: la più importante squadra tunisina si chiama Speranza, tradotto in italiano, ed ha volontariamente preso i colori della Roma. Addirittura la loro curva si chiama Curva Sud».

Le parole che interessano di più i tifosi giallorossi sono però quelle relative almodus operandi del fondo emiratino: «Vengono per vincere subito, immediatamente, già nella prossima stagione. E non è un caso che abbiano scelto la Roma, che è una squadra con cui si può vincere davvero in poco tempo». Vincere, esattamente quello che manca ad un team che troppo spesso ha raccolto elogi per la qualità del gioco espresso a fronte di pochi trofei messi in bacheca. Vincere quest’anno, malgrado la massiccia campagna di rafforzamento delle milanesi durante il mercato di riparazione, sarà l’arduo compito che attende Claudio Ranieri, tecnico testaccino che sembra avere un conto aperto con il karma, avendo già vissuto l’esperienza di consegnare una squadra ad una nuova proprietà ricca quando era al Chelsea.

Proprio il sodalizio londinese è stato evocato da Ranieri nella conferenza stampa di ieri. Da tifoso anche lui augura alla Roma «una proprietà ricca. Ben vengano capitali stranieri». Faceva eco alle dichiarazioni dell’ex mister giallorosso Fabio Capello, che augurava l’ingresso della managerialità americana nel calcio italiano. C’è da dire che i Bostoniani non si sono affatto arresi, forti del pre-accordo raggiunto con i vertici di Unicredit. Julian Movsesian, uno dei componenti della cordata americana di DiBenedetto, ha affermato che per loro «sarebbe un onore acquistare il club, sarebbe un trophy asset». Anche la soluzione a stelle e strisce non è affatto sgradita ai fan capitolini.

L’unica preoccupazione dei sostenitori giallorossi si chiama Giampaolo Angelucci, accreditato dell’offerta vincolante più bassa ma con sbandierati agganci con la politica romana e nazionale. Pubblicamente sia Renata Polverini che il Sindaco Alemanno, fiutata l’aria contraria della tifoseria, non perdono occasione per ribadire la loro neutralità circa la scelta della banca, minacciata dai tifosi di spostare in massa conti correnti e mutui dagli sportelli di Unicredit qualora venisse scelto un imprenditore non nuovo a problemi giudiziari.

Neanche a farlo apposta, è arrivata dalla Puglia la notizia che il Presidente della Tosinvest è accusato di aver girato una tangente da 500mila euro all’allora Governatore Raffele Fitto. Un’ulteriore tegola per Angelucci che si aggiunge alle cliniche sequestrare in novembre. La Roma rischierebbe di essere solo un ombrello mediatico di straordinaria efficacia di fronte ai ripetuti guai con la giustizia del suo presidente. E se Rosella Sensi è riuscita, anche grazie a quel ruolo, a salvare l’Italpetroli dal fallimento a fronte di 480 milioni di debiti con gli istituti di credito, non è peregrina l’idea che qualcun altro abbia pensato di cautelarsi nella stessa maniera

C’è da dire che il lavoro svolto dall’advisor Rothschild è stato fin qui esemplare. La banca di investimento di Daffinà è riuscita a interessare al dossier Roma entità internazionali di assoluto rilievo, portando almeno due offerte vincolanti vicine al valore richiesto da Unicredit. Proprio domani, in una riunione plenaria (presenti Antonio Muto per Unicredit, il professor Zimatore e Rosella Sensi) si vaglieranno le offerte nel dettaglio.

Starà all’Istituto di Piazza Cordusio, per ora impermeabile a sollecitazioni «politiche», facilitare l’ingresso nel provinciale e decadente calcio italiano di arabi o americani, resistendo alla tentazione di raccontare una volta di più quella vecchia barzelletta che non fa più ridere nessuno. I tifosi preferiscono quella, tutta nuova, raccontata ieri in radio da Hussein Yasin: «Da noi si dice che prima Aabar deve sedersi al tavolo con Totti, poi si pensa a tutto il resto». Anche questa non fa ridere, ma almeno fa sognare.