(La Repubblica-A.Aquaro/M.Pinci) I giallorossi a stelle e strisce. Questa mattina l’avventura nata più di ottant’anni fa a Campo Testaccio si concluderà con la firma del deal, il contratto, di Boston,
rassegna stampa roma
Roma cambia la sua storia, marchio Usa per Totti & C.
(La Repubblica-A.Aquaro/M.Pinci) I giallorossi a stelle e strisce. Questa mattina l’avventura nata più di ottant’anni fa a Campo Testaccio si concluderà con la firma del deal, il contratto, di Boston,
con cui la cordata americana capitanata dall’imprenditore Thomas DiBenedetto si aggiudicherà il 60 percento della società quotata alla Borsa di Milano. Gli emissari di Unicredit, la banca che rappresenterà il restante 40 per cento, sono al lavoro da ore per limare gli ultimi dettagli di un trattativa complicata — osservano intorno al tavolo — dalla necessità di far combaciare l’incontro tra «due paesi, due giurisprudenze, due fiscalità diverse». Anche da due interessi diversi? Che cosa ha spinto il sessantenne imprenditore italoamericano, la famiglia originaria di Siano, Salerno, con partecipazioni che vanno dall’immobiliare allo sport, a lanciarsi in quest’affare?
Il portavoce italiano della cordata Usa, Tullio Camiglieri, assicura che DiBenedetto «porterà la Roma fuori dal Grande Raccordo Anulare». Non che le highways di Boston siano meno trafficate. Ma riconoscendo che «nel calcio italiano non ci sono fonti di guadagno certe negli anni», Camiglieri ricorda che «il futuro passerà dalla costruzione degli stadi e dalla valorizzazione del marchio Roma del mondo». È proprio questo uno dei punti delicatamente affrontati nelle ultime ore. Il merchandising negli Usa più che un’arte è un business. E pensate un po’ che cosa potrà significare vendere il marchio «Roma» agli americani. Da Unicredit assicurano che anche questo è nero su bianco nel megacontratto che oggi verrà firmato probabilmente in campo neutro — non quindi nel quartiere generale di DiBenedetto — e che verrà poi formalizzato definitivamente a Roma. Il messaggio è chiaro: la Roma è una ricchezza italiana e italiana dev’essere la festa del primo grande club nazionale venduto all’estero. Il resto è speculazione: la società con sede nel Delaware (è lo stato Usa in cui si domiciliano tutte le grandi company per via degli incentivi fiscali) e i piani di sviluppo ancora da definire.
L’assicurazione di Unicredit si chiama James Pallotta. Il finanziere è il più noto della cordata raccolta intorno a DiBenedetto. E oltre a essere ricchissimo (il New York Times l’ha definito «una leggenda dell’industria degli hedge fund») ha anche dimostrato di avere fiuto sportivo investendo nei Boston Celtics. Proprio i colloqui tra Pallotta e Paolo Fiorentino, il chief operating manager del colosso bancario, hanno occupato ieri buona parte della trattativa, spianando la strada alla firma di oggi. Certo resta l’incognita dell’ultimo momento. L’annuncio della firma dovrebbe arrivare a Borsa in Italia già chiusa e radio-prudenza sostiene che si potrebbe slittare anche a domani. Ma gli italiani sono già tutti prenotati sui voli di ritorno di stasera: è il richiamo del Grande Raccordo Anulare.
, con cui la cordata americana capitanata dall’imprenditore Thomas DiBenedetto si aggiudicherà il 60 percento della società quotata alla Borsa di Milano. Gli emissari di Unicredit, la banca che rappresenterà il restante 40 per cento, sono al lavoro da ore per limare gli ultimi dettagli di un trattativa complicata — osservano intorno al tavolo — dalla necessità di far combaciare l’incontro tra «due paesi, due giurisprudenze, due fiscalità diverse». Anche da due interessi diversi? Che cosa ha spinto il sessantenne imprenditore italoamericano, la famiglia originaria di Siano, Salerno, con partecipazioni che vanno dall’immobiliare allo sport, a lanciarsi in quest’affare?
Il portavoce italiano della cordata Usa, Tullio Camiglieri, assicura che DiBenedetto «porterà la Roma fuori dal Grande Raccordo Anulare». Non che le highways di Boston siano meno trafficate. Ma riconoscendo che «nel calcio italiano non ci sono fonti di guadagno certe negli anni», Camiglieri ricorda che «il futuro passerà dalla costruzione degli stadi e dalla valorizzazione del marchio Roma del mondo». È proprio questo uno dei punti delicatamente affrontati nelle ultime ore. Il merchandising negli Usa più che un’arte è un business. E pensate un po’ che cosa potrà significare vendere il marchio «Roma» agli americani. Da Unicredit assicurano che anche questo è nero su bianco nel megacontratto che oggi verrà firmato probabilmente in campo neutro — non quindi nel quartiere generale di DiBenedetto — e che verrà poi formalizzato definitivamente a Roma. Il messaggio è chiaro: la Roma è una ricchezza italiana e italiana dev’essere la festa del primo grande club nazionale venduto all’estero. Il resto è speculazione: la società con sede nel Delaware (è lo stato Usa in cui si domiciliano tutte le grandi company per via degli incentivi fiscali) e i piani di sviluppo ancora da definire.
L’assicurazione di Unicredit si chiama James Pallotta. Il finanziere è il più noto della cordata raccolta intorno a DiBenedetto. E oltre a essere ricchissimo (il New York Times l’ha definito «una leggenda dell’industria degli hedge fund») ha anche dimostrato di avere fiuto sportivo investendo nei Boston Celtics. Proprio i colloqui tra Pallotta e Paolo Fiorentino, il chief operating manager del colosso bancario, hanno occupato ieri buona parte della trattativa, spianando la strada alla firma di oggi. Certo resta l’incognita dell’ultimo momento. L’annuncio della firma dovrebbe arrivare a Borsa in Italia già chiusa e radio-prudenza sostiene che si potrebbe slittare anche a domani. Ma gli italiani sono già tutti prenotati sui voli di ritorno di stasera: è il richiamo del Grande Raccordo Anulare.
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