rassegna stampa roma

Presto, che è già Tardini!

(Il Romanista – T.Cagnucci) – A Parma c’era la neve quel giorno di un anno bisestile: 29 febbraio 2004, Roma si svegliò presto con la notizia della fuga di Kerimov dall’Italia: la politica aveva spedito la finanza per cacciarlo via.

Redazione

(Il Romanista - T.Cagnucci) - A Parma c’era la neve quel giorno di un anno bisestile: 29 febbraio 2004, Roma si svegliò presto con la notizia della fuga di Kerimov dall’Italia: la politica aveva spedito la finanza per cacciarlo via.

Metodi putiniani: il rischio era troppo alto per i mafiosi del pallone italiano: una Roma straniera, una Roma troppo forte che non avrebbe ossequiato e rispettato equilibri e poco sante alleanze, non era accettabile. Non è che sia cambiato molto, anche se nel frattempo è cambiato il mondo, e la conquista del west è stata fatta all’incontrario. Chi è romanista il ricordo di quella mattina se lo ricorda bene.

La notizia la disse per prima un’emittente Mediaset cercando di nascondere il ghigno. I romanisti a Parma quel giorno erano tanti, era un periodo grande ma l’ultimo: il mese dopo si sarebbe siglato il famoso piano di risanamento, quello che alla banca dava la possibilità di esercitare quell’infinito 2%. Era una Roma che sognava e meritava lo scudetto – seconda a poco dal Milan dopo averlo avuto dietro anche 6 punti più una partita da giocare in casa il giorno della Befana – era la Roma che aveva aggiunto Chivu a quella che di fatto rimaneva l’impalcatura della squadra scudetto. Era la più forte Roma di Capello (4-0 e a casa alla Juve, 4-0 a Bologna, 5-0 al Brescia, 6-0 al Siena, pallonetti e schioppi qua e là). Quel pomeriggio – così sempre in sintonia con la pancia della città – la Roma andò persino in svantaggio (Gilardino) prima di vincere 4mila a 1. Con Cassano che tirava palloni in porta e palle di neve a compagni e tifosi, e lo stesso facevano i tifosi che cantavano e che vincevano perché erano tanti come la Roma. Sono sempre stati la Roma. Proprio a Parma, lì nella trasferta in cui i russi se ne sono andati via, Thomas DiBenedetto vive la sua prima trasferta da proprietario della Roma. Qualcosa a metà fra Freud e Vico, corsi e ricorsi e lapsus della storia. Soprattutto quando sono grandi, con le cose che contano ti ritrovi sempre a fare i conti. Questo vale per gli altri, per chi ha paura di una grande Roma.

Ai romanisti che oggi andranno al Tardini potrebbe bastare intonare una canzone di Dalla: «I russi, i russi, gli americani...», si chiama Futura e sembra il nome di questa Roma. D’altronde Parma è sempre stato un crocevia del suo e del nostro destino. Parma è soprattutto un altro febbraio, quello del 2001, giorno 4: al Tardini c’erano più romanisti che parmigiani. Non c’era confronto. Nemmeno in campo. Eppure il Parma vinceva 1- 0 (Di Vaio) e un quarto d’ora – più o meno – dalla fine quella Roma leonessa e rossa stava sotto. Un paio di lanci, di un paio di difensori, un piede soltanto, quello di Batistuta e chi c’era e anche chi non c’era si ricorderà di quella muraglia umana che franò su quel pugno di giocatori della Roma affossati felici là sotto. L’unione più scomposta e spontanea che ci sia mai stata in trasferta. Molti dissero – e tutti dissero giustamente - che lo scudetto quella Roma lo vinse lì. Lì dove con Zeman impazzimmo di gioia 2-0 (con la prima Lazio senza Signori che contemporaneamente perdeva in casa contro l’Udinese) o dove provammo la paura dopo un’inutile maglietta dedicata da Cassano a Totti. Dove abbiamo visto segnare Osio e Melli, Gautieri e Paulo Sergio, e dove persino Dal Moro è sembrato un giocatore, oggi ci ritroviamo. Ma stavolta gli americani non se ne sono andati via. E restano pure se dovesse nevicare.