rassegna stampa roma

Montella, svolta in tre mosse

(Corriere dello Sport – P.Torri) Mago Montella. Settantadue ore per rigenerare la Roma. Intendiamoci, non è che nel recupero di Bologna abbia fatto vedere chissà quali effetti speciali, però è tornata a sembrare una squadra, soprattutto...

Redazione

(Corriere dello Sport - P.Torri)Mago Montella. Settantadue ore per rigenerare la Roma. Intendiamoci, non è che nel recupero di Bologna abbia fatto vedere chissà quali effetti speciali, però è tornata a sembrare una squadra, soprattutto è tornata a fare le cose normali.

Quelle attraverso le quali Luciano Spalletti, quando arrivò, rimise in piedi uno spogliatoio e un gruppo reduci dal fallimento della stagione precedente che aveva visto alternarsi sulla panchina cinque allenatori. Settandue ore, da Genova a Bologna, in cui però l’aeroplanino ha capito che c’era bisogno di lavorare con concetti chiari e sintetici, su tre aspetti: psicologico, tattico e tecnico. Il nuovo allenatore giallorosso, forte anche del consenso quasi unanime che lo ha sempre avuto nel cuore, ha così cercato di ridare autostima al gruppo e ai singoli, ha ripristinato il modulo che, con tutti a disposizione, rimane il migliore per questa Roma, ha scelto i piedi buoni per ridare senso a una squadra che troppe volte, in questa stagione, aveva dato l’impressione di non esserlo. Il primo risultato gli ha dato ragione. Ora ci saranno, minimo, altre quindici partite (dodici di campionato, due di coppa Italia, una di Champions League) per confermare quello che di buono si è visto a Bologna Quindici partite (speriamo di più) in cui tutti saranno sotto esame. Montella compreso.Perché hai visto mai...

Ha scelto il 4-2-3-1 lo schema che il gruppo conosce a memoria Montella è partito da un presup­posto facile facile: il gruppo sostanzial­mente è quello di uno, due, cinque anni fa, quello che ha vinto due coppe Italia e una Supercoppa, sfiorando pure due scu­detti, persi, soprattutto il primo, per mo­tivi non solo di campo. Vero, però, che questa Roma ha qualche alternativa in più in alcuni ruoli, e la cosa non può che essere un vantaggio, ma questa è ancora la Roma di Spalletti, De Rossi, Pizarro, Perrotta e Taddei in mezzo al campo, Do­ni, Mexes, Juan e Cassetti nel reparto di­fensivo, Totti e Vucinic in quello offensi­vo. Con questi giocatori, i risultati hanno dimostrato in maniera incontrovertibile che uno si può inventare qualsiasi tipo di modulo, ma quello in cui si possono sfrut­tare al meglio le qualità dei singoli e del gruppo, rimane il quattro-due-tre-uno, ti­rato fuori dal cilindro spallettiano in una notte genovese in cui fu inventato Totti centravanti anche perché proprio Mon­tella non era disponibile. E l’aeroplanino non ha fatto altro che tornare a quel mo­dulo, sapendo che la squadra non avreb­be avuto problemi a rimetterlo in pratica pur con qualche uomo diverso (Borriello per Totti, Riise per Tonetto, Burdisso per Juan, Simplicio al posto dell’infortunato Perrotta). La differenza è soprattutto nel­le alternative che qualche anno fa non c’erano e ora sì. E, pure, nella presenza di un centravanti con caratteristiche di­verse come Borriello, un finalizzatore che può garantire anche il gioco aereo.Con l’ex milanista in campo, ci sarà biso­gno di apportare qualche modifica allo schema base, cioè, per esempio, andare di più sul fondo e crossare. Ma su questo ci sarà tempo per lavorare.

La chiarezza dei ruoli con serenità e dialogo Poi il rispetto delle scelte Montella lo aveva detto con chiarezza nel corso della conferenza stampa di presentazione, la Roma ha un blocco che le impedisce di rendere co­me può. Non ci voleva Einstein per sup­porlo, la partita precedente a Marassi lo aveva dimostrato in maniera certa. Del resto gli ultimi tre- quattro mesi a Trigoria avevano visto susseguirsi una serie di problemi di rapporti che, nono­stante le smentite di facciata, avevano incrinato convinzioni, saldezza del gruppo, obiettivi. Montella ha subito cercato di affrontare il problema, usan­do parole e chiarezza. Facilitato, questo è un dato di fatto, dalla conoscenza per­sonale con molti dei suoi giocatori che, qualche anno fa, sono stati suoi compa­gni di squadra, alcuni per molto tempo come Francesco Totti. Crediamo di non sostenere un assurdo, dicendo di non aver mai visto in panchina così sereno il capitano romanista, situazione che ha sempre gradito poco (e che ha pure fre­quentato molto poco). Altro esempio è quello di David Pizarro. In tribuna a Marassi, in campo a Bologna. Lo stesso Montella non ha nascosto di aver spinto molto perché il cileno giocasse, un at­teggiamento che ha riconquistato alla causa un giocatore piuttosto importan­te. Ha parlato con tutti, partendo dai portieri. Ha scelto Doni, la cosa non ha fatto piacere a Julio Sergio, ma quando c’è chiarezza almeno non ci sono conse­guenze determinate da doppi o tripli giochi. Perché la cosa che meno gradi­scono i giocatori, è quella di sentirsi di­re in faccia una cosa e poi scoprirne un’altra nella realtà di tutti i giorni e di tutte le partite.

Subito dentro i migliori per puntare sul fraseggio stretto con palla a terra Chi ha seguito la squadra dei Giovanissimi Nazionali che fino a do­menica scorsa è stata di Vincenzo Montella, nei giorni scorsi aveva fatto notare come la filosofia di gioco aves­se due punti base: gioco offensivo, in campo i piedi buoni. Per ora l’aeropla­nino, dopo la promozione in prima squadra, ha puntato soprattutto sul se­condo aspetto, i piedi buoni, sapendo come il particolare momento psicologi­co dei giocatori, sconsigliasse un atteg­giamento troppo sfacciato in campo. La scelta di Pizarro, voluto a tutti i co­sti in campo, è chiarissima su come l’allenatore intenda far giocare la sua squadra. La premessa è: chi sono i più bravi con il pallone tra i piedi? Una vol­ta che si è dato la risposta, è partito da questi giocatori, puntando sul posses­so palla, il fraseggio stretto, palla a ter­ra, il movimento senza palla, la fase di transizione, la disponibilità a sacrifi­carsi per il gruppo, cercando di sfrut­tare soprattutto le qualità tecniche dei giocatori che ha a disposizione. E que­sta è stata la prima Roma di Vincenzo Montella a Bologna, una squadra uni­ta, capace di gestire il pallone che un po’ tutti gli interpreti in campo sapeva­no come trattare, in grado di concede­re poco e niente agli avversari, garan­tendo nello stesso tempo un sufficien­te numero di palle- gol. E’ chiaro che una rondine non fa Primavera (il Bolo­gna peraltro aveva molti assenti e ha giocato troppo sotto ritmo per poter sperare di mettere in imbarazzo i pal­leggiatori giallorossi), ma se il buon­giorno si vede dal mattino, mago Mon­tella non poteva cominciare meglio.