(Corriere dello Sport - L.Cascioli) Fare l'allenatore in Italia è difficile. Quando poi non esiste alle sue spalle una società, diventa addirittura impossibile. E così, in un Paese in cui non si dimette mai nessuno, la panchina della Roma è da anni la più dimissionata d'Europa.
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Montella ha mostrato la giusta serenità
(Corriere dello Sport – L.Cascioli) Fare l’allenatore in Italia è difficile. Quando poi non esiste alle sue spalle una società, diventa addirittura impossibile. E così, in un Paese in cui non si dimette mai nessuno, la...
Da Capello a Prandelli, da Del Neri a Voeller, da Spalletti a Ranieri sono scappati via tutti da soli. La vera faccia della crisi è questa. Montella, ultimo arrivato, non ha neppure il tempo di infilarsi la tuta, non dico di meditare le scelte, di fare un provino, azzardare un modulo. Il calcio c'entra poco con quello che è chiamato a fare. Si tratta di cavare la castagna dal fuoco e Vincenzo infila risoluto la mano nel braciere, novello Muzio Scevola. Ma solo con il coraggio non si vincono le partite. Montella, in poche ore, riesce a disegnare la squadra in campo con lo stesso profilo del vecchio schema geometrico, rimettendo in scena Pizarro, rimasto per troppo tempo sull'Aventino, dopo aver rotto con Ranieri, rottura resa palese dal suo repentino recupero. Pizarro possiede una tortuosa, ma sicura padronanza della manovra e vi accoppia un vivo senso dei tempi di gioco: tutte risorse della vecchia scuola di calcio sudamericana. Non è un giocatore spettacolare. Anzi è forse il più noioso tra i grandi giocatori e il più grande tra i giocatori ripetitivi, ma a questa Roma, finché non cambierà giocatori e modulo, risulta indispensabile. Il cileno, commette a volte l'imperdonabile errore di farsi strappare la palla in pressing dagli avversari, ma la sua prevedibilità consente anche ai compagni di sapere in anticipo dove va a finire la palla e alla squadra di riguadagnare la posizione, e annullare le distanze tra i reparti.
Nessuno può dire di Montella, dopo appena 74' di panchina, se in lui si nasconde o meno uno stratega. Ma se la prima impressione può servire a rendere in qualche modo l'idea, diremo che la dignitosa serenità con la quale ha seguito le fasi più emozionanti della partita e la sua compostezza in occasione del gol di De Rossi, sono gli ingredienti giusti per curare una squadra che gioca da più di un mese sull'orlo di una crisi di nervi. Anche Ranieri ci era parso sempre molto composto, ma negli ultimi tempi sembrava tirato, come macerato dai dubbi. La serenità di Montella è invece quella degli innocenti. Anche nell'essere tifosi della Roma Ranieri e Montella sono diversi. Ranieri è un testaccino cocciuto e spavaldo, che viene dalla vecchia guardia del tifo. Montella è un cittadino onorario di Trigoria: ha conquistato uno scudetto, ha segnato caterve di gol e ha vinto uno storico derby da solo, mandando ai pazzi un campione come Nesta. Se è vero che la personalità dei campioni non si perde nel tempo, è bello poterla riconoscere anche quando i protagonisti devono fare poco per ricordarcela.La vittoria della Roma non è stata esemplare, nel senso positivo che ci sarebbe piaciuto dare a questi preziosi tre punti, ma il risultato chiede quel rispetto che si deve alle partite ben congegnate e tenacemente combattute. Guardarsi dagli atteggiamenti eccessivi e dalle raffinatezze: sembra questa la morale del successo di Bologna. Si è giocato di più sulle fasce, la difesa si è collocata più alta e non ha avuto quegli sciagurati cali di concentrazione che l'avevano ridotta ormai a colabrodo. Ma Riise è ancora un personaggio da 'Chi l'ha visto?' e la bella forma di Borriello è un bene da ritrovare.
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