(Il Romanista - D.Giannini) «Un gesto d’istinto». Jeremy Menez definisce così la meravigliosa finta con cui ha messo a sedere Agazzi per poi andare amettere dentro il gol del definitivo 3-0 contro il Cagliari. Una rete che ha fatto impazzire non solo Roma, ma anche tutta la Francia.
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Menez: «Il mio gol? Istinto»
(Il Romanista – D.Giannini) «Un gesto d’istinto». Jeremy Menez definisce così la meravigliosa finta con cui ha messo a sedere Agazzi per poi andare amettere dentro il gol del definitivo 3-0 contro il Cagliari. Una rete che ha fatto...
Che domenica paragonava la sua prodezza a quella di Ronaldo nella finale di Coppa Uefa del 1998 (anche in quel caso era il 3-0, ma ai danni della Lazio). Ad unire i due gesti c’è una città, Parigi, che ispirò il Fenomeno in quella serata eche ha ispirato Jerry da bambino portandolo ad essere il talento straordinario che è oggi. E dire che quella danza sul pallone non è stata frutto di una scelta razionale, ma è stata dettata dal puro istinto, non ne sminuisce affatto la bellezza. Anzi, l’accresce. Perché la tecnica la puoi insegnare, la tattica pure, il genio invece no. O ce l’hai oppure oppure te ne fai una ragione. E Menez ce ne ha da vendere. Eppure descrive il gol come una cosa rara. Per il gesto? No, quello è roba facile per lui,quanto per il fatto di potersi trovare a tu per tu con il portiere: «Vucinic mi ha lanciato in profondità – ha detto Jeremy a France Football raccontando l’azione -. Ho saltato un difensore e poi mi sono liberato del portiere con un gioco di gambe prima di spingere il pallone in fondo alla rete. E’ la primavolta che faccio un gol del genere. E’ raro che mi trovi da solo davanti al portiere». E il paragone con Ronaldo? «Questo confronto è divertente», dice Jeremy che però, con modestia,tiene a precisare le differenze tra le due prodezze. «Il suo gol è arrivato dopo un triplo gioco di gambe, io ne ho fatto uno solo. E’ un gesto che mi è venuto d’istinto. E’ venuto così». Ma non è un caso che certe cose gli riescano, è piuttosto il segno di uno stato di grazia che sta attraverando. E lui nonnega di essere in un momento felice: «E’ da un po’ che sto bene e questo si vede sul terreno di gioco». Gli chiedono se si sarebbe concesso una finezza del genere se il risultato fosse stato ancora in bilico o, peggio, se fosse stato ancora sullo 0-0.«Non lo so» dice inizialmente lui. Poi però aggiunge: «Penso che questo gesto non sia dovuto al risultato. Piuttosto è dovuto alla fiducia che ho in questo momento. Mi sento bene». E si vede.
E’ sotto gli occhi di tutti di come il francese sia costantemente in grado di cambiare qualsiasi partita. Spesso l’ha fatto e non è un caso che la Roma sia risalita in classifica trovando anche (scivolone di Genova escluso), una certa continuità di risultati. E ora sembra poter arrivare il bello, perché la lotta scudetto sta per entrare nel vivo: «Siamo qui – afferma sicuro Menez -. Noi combatteremo fino alla fine. Non dobbiamo perdere punti stupidamente in casa e andare a cercare di farne fuori. Quest’anno in campionato la classifica è corta, quindi sarà un grande spettacolo fino alla fine della stagione». Una stagione che a breve potrebbe regalargli la soddisfazione di un ritorno in nazionale, dalla quale manca dalla sconfitta di settembre contro la Bielorussia. «Non so se questo gol segnato possa cambiare le cose. Certo, che spero che possa convincere Blanc. Quello che è certo è che sto bene. Ma nonè un pensiero fisso, staremo a vedere». Non dovrà aspettare molto Jeremy per sapere che effetto ha fatto quella finta su Blanc, perché dietro l’angolo c’è l’amichevole col Brasile del 9 febbraio. Si giocherà a casa sua, a Parigi allo Stade de Fance. A pochi chilometri dal Parco dei Principi dove Ronaldo fece quel triplo gioco di gambe. Quasi come quello di Menez: «un gesto d’istinto», un gesto da fenomeno
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