(Il Messaggero - A.Angeloni) - Delio Rossi era il figlio di Zeman, Luis Enrique di Guardiola.
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Luis contro Delio il derby diverso
(Il Messaggero – A.Angeloni) – Delio Rossi era il figlio di Zeman, Luis Enrique di Guardiola.
Il primo si è redento e ha lasciato l’oltranzismo tattico, il secondo non promette di farlo, anche se molti sperano lo faccia (almeno in Italia e ora che allena la Roma). Delio ha allenato la Lazio e ha sperato in estate nella chiamata della Roma, perché scelto da Sabatini (ha lavorato con lui nella Lazio e nel Palermo), poi Baldini ha virato su Luis, che di Rossi non ha il passato laziale e insegue utopie e rivoluzioni. Delio, il giorno della presentazione a Firenze, ha scambiato Dio con Gesù, «che ci ha messo sette giorni per costruire il mondo», ha detto; Luis ha stregato Baldini e con lui quasi tutto il sistema calcio giallorosso citando Coelho.
Anche le citazioni hanno il loro perché. Fiorentina-Roma è la strana sfida tra questi due signori, che amano il calcio offensivo e che per certi versi sono due facce della stessa Roma (Baldini-Sabatini). Siamo davanti a due professori della tattica, due insegnanti di calcio, due allenatori con idee. Il primo, esperto, il secondo alle prime armi, alla prima in una squadra di A. Luis Enrique ha il duro compito di togliere a Delio Rossi l’etichetta di anti-romanista: il suo passato laziale e quel tuffo nella Fontana del Gianicolo dopo un derby (dicembre 2006) non è stato digerito dai giallorossi e in più ci sono alcune sfide contro la Roma andate a suo favore. Rossi è la bestia nera dei giallorossi, Luis non ha bestie da combattere. La cosa particolare è che uno poteva essere al posto dell’altro e Rossi ha aspettato molto, qualcuno lo ha fatto passare per gufo, poi ha scelto Firenze. E ora stanno per vivere il loro derby diverso.
Cosa hanno in comune? La gestione di squadre che vivono momenti complicati in piazze difficili, esigenti. Poi, due casi di calciatori punti, Osvaldo per i giallorossi, Cerci per i viola, anche se ufficialmente l’ex ala romanista s’è fatto male. Altro caso in comune: un capitano, o uno dei capitani, a scadenza di contratto, Montolivo per Rossi, De Rossi per Luis Enrique. Con la differenza che il primo ha scelto di andare via, il secondo no, non ancora almeno, tuttavia non ha nemmeno deciso di restare a Roma. Luis è reduce da una amara sconfitta a Udine, Rossi da quella nella sua Palermo. Entrambi si giocano tanto. Per una ovvia questione di tempi, rischia più lo spagnolo: il riminese è appena arrivato a Firenze e nemmeno uno come Zamparini lo esonererebbe dopo tre partite. Di sicuro Delio avrà qualcosa in più da dare visto che affronterà la squadra che lo ha sedotto e abbandonato la scorsa estate e Firenze è «nemica» della Roma se non come la Lazio, quasi. Luis è alle prese con il rebus in attacco. Totti si scalda e a Firenze ha pure segnato una doppietta lo scorso anno, ma non è detto che giochi.
C’è Borriello pronto a sostituire Osvaldo, messo in punizione per l’ormai celebre manata di Udine a Lamela. Complicato capire da chi sarà composto il tridente d’attacco: Totti più Bojan e Lamela, Totti più Borriello e Bojan, oppure Lamela più Totti e Bojan. Pjanic dovrebbe tornare nel ruolo di centrocampista insieme con De Rossi e Gago, anche se Daniele in questa settimana è stato provato (seppur brevemente) nel ruolo di centrale difensivo. In difesa, a destra c’è un buco, Rosi assente, Cicinho quasi mai preso in considerazione e Cassetti (che Luis considera più un centrale) acciaccato (problemi a un tendine). Dovrebbe giocare lì ancora Taddei (o Perrotta), con a sinistra José Angel (o Taddei), in mezzo Heinze e Juan. Oppure la sorpresa De Rossi. A proposito di difensori: la Roma, un centrale, dovrà prenderlo a gennaio. Gastaldello (anche se convince poco), Breno (vedi Gastaldello), Bartra del Barça, più circola da qualche ora Corluka del Tottenham, tanto per ricordare qualche nome, poi c’è Montoya, che fa il terzino. Per giugno più o meno bloccato Markovic, che però è un centrocampista offensivo. Per ora solo nomi, ma qualcosa si muove.
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