rassegna stampa roma

La doppia morale di Lotirchio

(Il Romanista-L.Pelosi) Non parla a caso, Claudio Lotito. Non può essere un caso se cita Tangentopoli e tintinnio di manette. La prima volta che ha sentito un tintinnar di manette, infatti, era proprio il 1992, l’anno in cui scoppiò lo...

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(Il Romanista-L.Pelosi) Non parla a caso, Claudio Lotito. Non può essere un caso se cita Tangentopoli e tintinnio di manette. La prima volta che ha sentito un tintinnar di manette, infatti, era proprio il 1992, l’anno in cui scoppiò lo scandalo che travolse la Prima Repubblica.

Il 14 novembre, quasi 9 mesi dopo l’arresto di Mario Chiesa, le manette tintinnarono per lui, arrestato per una vicenda di appalti miliardari. Già, Tangentopoli. Scandalo che, un anno dopo, mandò nel carcere di Opera Sergio Cragnotti, che arrivò direttamente dal Brasile. Si trovava lì per acquistare giocatori, dicevano i tifosi della Lazio. Perché temeva il peggio, sostenevano magistrati e avvocati. Cragnotti patteggiò poi la pena, qualche anno dopo le manette tintinnarono nuovamente per il crac Cirio. C’è chi truffa gli azionisti Parmalat e chi, forse, quelli della Lazio, magari con un bel patto parasociale con il genero Roberto Mezzaroma per evitare l’Opa. La Covisoc indaga. È un’abitudine, in casa Lazio, ente morale coinvolto praticamente in tutti gli scandali del calcio italiano.

La prima volta, nel 1980, le manette tintinnarono sulla porta degli spogliatoi dell’Olimpico. I carabinieri aspettano che Lazio-Pescara finisca, poi arrestano Cacciatori, Giordano, Manfredonia e Wilson per essersi venduti la sconfitta della loro squadra contro il Milan (ed averci pure scommesso sopra). Lunghe squalifiche, condonate per la vittoria del Mondiale nel 1982. Assoluzione in sede penale, ma solo perché il reato di frode sportiva fu introdotto nel 1989. Quindi niente processo, nel 1986, per Claudio Vinazzani, un altro che si è venduto la Lazio, condannata pure a 9 punti di penalizzazione da scontare nella loro sede naturale: il campionato di serie B. Ancora oggi, quando parlando dell’anno “del meno nove”, si commuovono e si abbracciano. Forse perché, per una volta, il tintinnio fu solo quello dei soldi del totonero.

Tintinnavano monete lanciate in campo e molto altro, invece, il 7 novembre 1973, quando l’Olimpico fu messo a soqquadro per un rigore assegnato all’Ipswich Town e un gol annullato a Garlaschelli che fece infuriare pure i giocatori della Lazio (forse quella partita non se l’erano venduta). L’Uefa squalificò, multò, e così l’anno dopo la formazione biancoceleste divenne l’unica italiana ad aver vinto lo scudetto senza però partecipare alla Coppa dei Campioni. D’altronde, come si diceva? Certe emozioni c’è chi le vive e chi le sogna.E chi ha portato il calcioscommesse a Roma spesso sogna, o comunque non ha un grande senso della realtà. In tempi recenti, s’è lamentato per l’arbitraggio di Udinese-Roma, dimenticandosi che se invece avesse vinto l’Udinese a quest’ora la Lazio sarebbe quinta e non quarta. Poi ha sostenuto che una squadra che termina una partita in 9 contro 10, che all’ultimo secondo sta 2-2 con l’ultima in classifica, e a cui viene negato un rigore netto (e concesso uno che non c’è? Sì, ma sbagliato) è stata favorita dall’arbitro. Eppure dovrebbero saperlo che si può vincere anche in inferiorità numerica, come ad esempio ha fatto l’Inter contro la Lazio. Oh nooo.

Gli scandali sono altri, suvvia. Il doping, ad esempio. Ugo Longo, che è stato successore del tintinnante Cragnotti e predecessore del tintinnante Lotito, quando era capo della procura antidoping Figc, nell’agosto del 1998 annunciò il risultato della sua inchiesta: «Il doping nel calcio non esiste». Chiedetelo a Stam e Fernando Couto... L’ultimo grande scandalo è stata Calciopoli e, guarda un po’, ancora una volta era coinvolta la Lazio, salvata dalla retrocessione a causa di una sentenza di primo grado scritta male. Ma le telefonate c’erano, non proprio da ente morale, e continuarono, provando ad «ammorbidire» il Lecce. O rispondendo a Cesare Previti, che si lamentava del fatto che il figlio fosse tenuto in panchina dall’allora tecnico degli Allievi Franco Nanni. «Ma me l’hanno imposto in nome della lazialità, sai, tutte ’ste cazzate» rispose il presidente, che della lazialità se ne frega da sempre. Come quando sorrideva felice al gol di Totti al derby nel 1999, lo trovate facilmente su youtube. «Ci abbracciavamo ai gol della Roma» ha ricordato Francesco Storace, colui che favorì la sua ascesa al club biancoceleste quando era governatore della regione che dà il nome alla squadra (ma perché, poi? A Milano c’è forse una squadra che si chiama Lombardia?). Un’ascesa non semplice, c’era da far fronte a più di 100 milioni di debito con l’erario.

Caricare i debiti sugli altri, in effetti, è un marchio di fabbrica. Ci provò anche il generale Vaccaro nel 1927, ponendola come condizione per entrare nell’As Roma. Italo Foschi disse no, per fortuna. Niente paura, gli oltre 100 milioni sono stati rateizzati, perché «non avremmo potuto rinunciare a tutto il debito che questa società aveva col fisco» dichiarò Berlusconi, e «per motivi di ordine pubblico». Forse gli stessi che convinsero Collina, pochi giorni dopo la manifestazione a Via Allegri nel 2000, ad aspettare 86 minuti pur di far riprendere Perugia-Juventus? Chissà, forse la spiegazione era ancora più semplice, dato che pochi anni dopo Collina ammise di essere stato un tifoso della Lazio. Da designatore, ha mandato Antonio Damato, tifoso dell’Inter, ad arbitrare Roma-Sampdoria dello scorso anno. Se ci fosse stata la task-force, che cosa avrebbe detto dei due rigori negati alla Roma quel giorno? E se ci fosse stata nel 2007-2008, che cosa avrebbe detto degli "aiutini" (13 partite decise da errori arbitrali favorevoli all’Inter)? In attesa di saperlo, e in attesa di sapere quale dei rigori concessi quest’anno alla Roma (a parte quello su Borriello a Bari, comunque sbagliato) non ci fosse, le manette continuano a tintinnare. Magari aspettando il ritorno di Giorgio Chinaglia dagli Stati Uniti. Così, giusto per mettere a questa storia un po’ di Pepe.