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Incontro segreto nella saletta vip. Poi gli ultras sbloccano la partita

(Il Quotidiano Nazionale  –  P. Franci) – «Non potete giocare. Non dovete giocare».

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(Il Quotidiano Nazionale  -  P. Franci) – «Non potete giocare. Non dovete giocare». Il messaggio dei capi ultras napoletani è fin troppo chiaro nei frenetici minuti di tensione che paralizzano la finale di Coppa Italia. In Curva Nord le notizie arrivano frammentarie e distorte. Si teme che Ciro Esposito, il tifoso napoletano ferito e in condizioni gravissime, sia morto. Gennaro «’a carogna» Di Tommaso, seduto sulla recinzione dello stadio, un trono di ferro e vetro, detta le condizioni a Marek Hamsik, unico ambasciatore ammesso: «Per lasciarvi giocare, le condizioni sono due. Primo: notizie certe sui tifosi feriti. Secondo: vogliamo parlare con i capi della tifoserie viola. Dobbiamo incontrarli».

Il messaggio, arriva ai responsabili delle forze dell’ordine. C’è da decidere in fretta, la posta è l’ordine pubblico all’interno dell’Olimpico e si deve giocare a ogni costo: cosa succederebbe in caso di sospensione, con il deflusso dei tifosi? Mentre si sparge la voce che la partita forse non si giocherà, un manipolo di agenti della Digos in borghese, una decina abbondante, si reca in curva Nord per accompagnare in gran segreto Gennaro ‘a carogna e qualcuno dei suoi fedelissimi dove si svolgerà l’improvvisato vertice con i viola, presenti gli incaricati per l’ordine pubblico. Il luogo è una sorta di sacrario dei vip’: il salone d’ingresso dell’area autorità, nel quale sono appena sfilati, tra gli altri, il presidente del Consiglio Renzi, quello del Coni Malagò, della Figc Abete e il solito stuolo di star e starlette. Ci sono i tavoli con le prelibatezze culinarie, le bibite, i camerieri.

DALL’ALTRA parte dello stadio, identica scena. Alcuni agenti della Digos parlano con i capi della tifoseria viola e li accompagnano, nascosti, nella sala più ambita dell’Olimpico. Sono le 21,15. La pressione da parte delle autorità per raggiungere un accordo aumenta in modo esponenziale. L’incontro dura pochi minuti, c’è anche un attimo di tensione all’interno della rappresentanza degli ultras napoletani. Gli uomini della Digos, rassicurano Gennaro e i suoi sulle condizioni di Ciro Esposito: «E grave, ma la notizia che sta circolando sulla sua morte è falsa», probabilmente anche con l’aiuto dei tanti giornali online che, secondo per secondo, raccontano gli sviluppi della sparatoria. Si chiarisce, anche, che non si è trattato di agguato dei romanisti, né di tifosi infiltrati in cerca di vendetta. Gennaro, poi, chiede e ottiene la solidarietà dai tifosi viola: niente tifo, né striscioni e neanche le coreografie annunciate, è l’accordo. Si gioca.

CON IL PASSARE del tempo, si viene a sapere, però, che la pistola che ha sparato era nelle mani di un ex capo ultras romanista. C’è chi medita vendetta tra i napoletani, cani sciolti perlopiù. Le idee inquietanti sono buttate là, durante e immediatamente dopo la finale: «Restiamo a Roma e domani vendichiamoci», dice Michele e c’è chi, come Pasquale, pensa che sia il caso di «andare a Catania per fare i conti», là dove sono attesi i tifosi della Roma. E non è un caso che un treno che doveva trasportare un centinaio di supporter romanisti in Sicilia, con una fermata prevista a Napoli, sia arrivato a Catania vuoto. Dal Viminale, intanto trapela l’amarezza per la serata nera: «La Coppa Italia è stata per anni il nostro fiore all’occhiello e adesso…», si osserva, ripensando al Roma-Lazio dell’anno scorso chiuso senza incidenti. E a rischio, ora, c’è anche la Supercoppa in programma il 24 agosto, secondo quanto ipotizzato dalla Lega di Serie A, da disputarsi proprio all’Olimpico. Il monito del presidente della Figc Giancarlo ,Abete è suonato forte e chiaro: «E una partita unica e un evento calcisticamente affascinante, ma carico di incroci pericolosi: il 24 agosto avremmo a Roma i tifosi di Napoli e Juve. Una situazione su cui riflettere»