(Il Romanista - F.Bovaio) - Valter Sabatini Roma la conosce bene. Qui ha già vissuto tre vite professionali precedenti a quella che sembra debba cominciare a vivere di nuovo con l’arrivo degli americani in giallorosso.
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Il ds che fu calciatore romanista, “per un dribbling in più”
(Il Romanista – F.Bovaio) – Valter Sabatini Roma la conosce bene. Qui ha già vissuto tre vite professionali precedenti a quella che sembra debba cominciare a vivere di nuovo con l’arrivo degli americani in giallorosso.
Per lui sarebbe un remake, ma in altra veste, dato che della Roma è stato già un calciatore nella stagione 1976-77. E sarebbe curioso chiedergli se oggi il direttore sportivo Valter Sabatini acquisterebbe il calciatore Valter Sabatini per la sua squadra. Ci ripromettiamo di farlo alla prima occasione, visto che quando giocava non era certo uno di quelli facili da gestire. Il carattere, d’altronde, non gli ha mai fatto difetto, come sanno bene anche alla Lazio, dove lavorò nel settore giovanile con Cragnotti e poi per la prima squadra con Lotito. Perugino, nato il 2 maggio del 1955, arrivò per la prima volta a Roma in veste professionale nell’estate del 1976, fortemente voluto da Gaetano Anzalone e Nils Liedholm, all’ultimo anno del suo primo ciclo sulla panchina della Roma. Nella prima metà degli Anni 70 Sabatini si era messo in luce nella squadra della sua città, il Perugia, che stava vivendo un buon momento di notorietà grazie a mister Castagner ed era da tutti considerato come uno dei migliori talenti emergenti del calcio italiano, tanto che per averlo Anzalone dovette ingaggiare un vero e proprio braccio di ferro con la Juventus. La spuntò anche perché aiutato dal neo direttore sportivo giallorosso, un tale Luciano Moggi che sul mercato dimostrò subito di sapersi muovere. Di ruolo Sabatini faceva il centrocampista esterno e poiché amava più la fase di costruzione che i ripiegamenti difensivi intorno a lui nacque subito un equivoco: ala o attaccante? La classe non gli mancava, anzi a volte indugiava troppo nel voler saltare gli avversari anche quando non serviva e per questo qualcuno lo soprannominò "per un dribbling in più". Con i suoi piedi vellutati incantò i tifosi già nel ritiro estivo e dopo le 25 partite in due anni giocate con il Perugia e la parentesi non proprio felice di Varese aveva voglia di sfondare nella Roma. «Sono tre anni che aspetto di giocare un campionato intero - disse appena arrivato nella Capitale - e anche se qui alla Roma non è facile farsi largo non posso aspettare all’infinito. Per il ruolo di tornante c’è Bruno Conti e ci sarebbe anche Pellegrini. Non vorrei finire in terza fila. Ma posso giocare anche da centrocampista. Insomma, pur di scendere in campo mi adatto». Lette quelle dichiarazioni c o s ì v e l l e i t a r i e Liedholm gli chiese subito pazienza e qualcuno disse che il nostro non la prese benissimo, anzi. Fatto sta, però, che il campo dette esito negativo, perché alla fine di quella tribolatissima stagione sua personale e della stessa Roma, falcidiata dagli infortuni (tra i quali il peggiore fu quello capitato a Francesco Rocca) Sabatini si ritrovò con appena 14 presenze tra campionato (10) e Coppa Italia (4) senza alcun gol all’attivo e con molta panchina sulle spalle. Il suo problema principale, come scritto, fu soprattutto il ruolo, ma anche il fatto di essere il tipico giocoliere del pallone amato dalle folle per i suoi numeri ma meno dagli allenatori, sempre attenti agli equilibri tattici. Così si ritrovò tra i rincalzi già nelle quattro partite del girone 6 che bastarono alla Roma per essere eliminata dalla Coppa Italia, giocando senza infamia e senza lode la mezzora finale nella prima contro il Rimini (che in porta aveva un certo Tancredi), da titolare la seconda contro l’Avellino e la solita ultima mezzora nelle successive due contro Brescia e Bologna. Poi iniziò il campionato, con Liedholm che lo mandò in campo nell’ultimo quarto d’ora di Genoa-Roma 2- 2 della prima giornata e di Roma-Verona 0-0 della quarta. Due spezzoni di partita che gli valsero un bel 7 in pagella dal Corriere dello Sport, il 6,5 da Il Tempo e il 6 da Il Messaggero nel secondo match. A quel punto sembrava che la sua carriera in giallorosso potesse decollare, invece niente. Un altro quarto d’ora finale nel derby perso 1-0 contro la Lazio senza voto; la prima da titolare nel deludente 2-2 casalingo contro la sua ex squadra, il Perugia, chiusa con un brutto 5,35 di media in pagella e il secondo tempo di Inter-Roma 3-0 in cui, sempre di media, prese 5,25. Da quel giorno nel girone di andata non giocò più, complici anche le non perfette condizioni fisiche che ne frenarono gli slanci. Si rivide nel ritorno ancora contro il Perugia, sul campo del quale entrò ad inizio ripresa al posto di Prati e la Roma perse malamente per 3- 0. Quindi giocò altri due secondi tempi: in Roma-Inter 2-3 nella quale prese il posto di Pellegrini (voto 5,41) e in Juventus-Roma 1-0 in cui subentrò a Conti (voto 5,5). Infine gli ultimi tre minuti di Roma-Bologna 1-0 dell’ultima giornata per salutare quel pubblico giallorosso, suo per un solo anno, peraltro decisamente tribolato. Un motivo in più per far bene nella sua nuova avventura professionale nella Roma, dove potrebbe ritrovarsi di nuovo a lavorare fianco a fianco con Bruno Conti, proprio come in quella stagione 1976-77 per la quale, finalmente, la sorte gli offre la possibilità di tornare a lavorare per la Roma.
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